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Valutazione, si cambia pagina

Un convegno nazionale organizzato da FLC e Proteo

30/10/2013
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ScuolaOggi

Dario Missaglia

La scorsa settimana si è volta a Roma presso il CNR un Convegno Nazionale organizzato dalla FLC e da Proteo sul tema della valutazione, soprattutto riferita alle Istituzioni scolastiche e all’Univesità e Ricerca e ai sistemi previsti al riguardo. Vi hanno partecipato anche non poche Associazioni professionali e le altre organizzazioni sindacali confederali della Scuola. Ed è intervenuta con un discorso aperto e promettente anche la Ministra Carrozza. Trovo decisamente importante questa nuova pagina che il sindacato ha aperto sul versante della valutazione nei settori della istruzione e della università e ricerca. Se questa scelta verrà coerentemente sviluppata, diffusa nei territori e nei gruppi dirigenti, il sindacato potrà finalmente rendere fruibile una solida cultura della valutazione. E’ un passo importante per sottrarre il tema della valutazione alle diverse derive ( tecnicistica, settoriale e corporativa ) che pure continueranno ad incrociare l’iniziativa del sindacato e a produrre conflitti che vanno messi nel conto. Ma bisogna scegliere. E giustamente la CGIL pone il richiamo alla Costituzione come degli obiettivi e delle finalità che il sistema di istruzione pubblico deve perseguire. Quel richiamo ci aiuta a capire la contraddizione con la quale dobbiamo misurarci: siamo infatti sempre più eguali nel diritto e sempre più diseguali nei processi sociali. ( da ultimo “ ricchezza e diseguaglianza” Banca d’Italia,2012). Questa è la situazione dentro la quale siamo immersi dopo il dispiegarsi, e non certo il concludersi, della più grave crisi economico-sociale del dopoguerra .La meritocrazia è la vernice etica rassicurante che tende a rendere ragionevole questa situazione; è lo strumento che viene utilizzato per spiegare , in tutta Europa, la riduzione delle risorse per l’istruzione e la formazione. E’ infine la “cultura” che molto spesso ispira le politiche di valutazione del sistema come ha documentato con attenzione e passione critica Martha Nussbaum. Tutto ciò mentre siamo in realtà il Paese delle professioni ereditarie, della selezione di classe, della svalutazione sistematica, da almeno un ventennio, di tutto ciò che è cultura e istruzione.Uno scenario drammatico al quale abbiamo finito un po’ tutti per assuefarci, dentro un devastante processo di omologazione politica e culturale. Come sorprendersi se poi anche l’indagine Ocse-Pia ci relega nelle ultime posizioni? IN questo contesto, chi è in difficoltà , non è l’esito di una contraddizione sociale: è una “persona con problemi”: E così, mentre stendiamo un velo di silenzio su ciò che si nasconde sotto le politiche l’integrazione degli alunni disabili ( tante risposte sbagliate ad esigenze giuste), appaiono i BES. Il disagio sociale diventa una malattia; si cercherà per il singolo la terapia giusta,rassicurante come tutti i farmaci. E così avanza la frammentazione sociale. Credo che questo quadro illumini drammaticamente la crisi delle poltiche riformatrici. Una crisi aggravata dalla delega alla politica a risolvere i problemi; dalla convinzione che la conquista del Governo sia la chiave per avviare mutamenti profondi. E così quel che resta sullo sfondo è proprio quel mondo del lavoro salariato o subordinato che ha subito modificazioni impressionanti dei suoi caratteri costitutivi non solo per effetto della crisi economica ma anche per la trasformazione profonda del modello fordista del lavoro e del welfare che su quel modello si era realizzato. Dentro questo abbandono del territorio del lavoro, abbiamo perso il contatto anche con il lavoro pubblico. Non abbiamo fino in fondo sostenuto l’autonomia come la vera riforma della pubblica amministrazione. Riforma che non attiene solo alla dimensione istituzionale e giuridica ma che è in primo luogo , riforma culturale. Il nucleo duro da estirpare nella pubblica amministrazione è il suo girare intorno a se stessa, il duplicare norme e procedure come finalità del proprio lavoro, è l’indifferenza,anzi l’ostilità, verso chi vuole fare, provare a cambiare. Non ci sono le tracce di una convincente battaglia su questo fronte anzi, è visibile la ritualizzazione dell’autonomia ( guardate con tristezza la fine dei Pof) e il ritorno al proceduralismo fine a se stesso. Dentro questo quadro, che cosa è successo al lavoro dei docenti, dei dirigenti, degli ata? Antonio Valentino, in uno dei suoi ultimi contributi, torna ad indagare l’ambiente di lavoro/scuola e le relazioni di chi vi opera. Che cosa è successo nelle scuole in questi ultimi anni? Dietro l’ apparente immutabilità, dietro l’apparente egualitarismo, cosa si muove nelle relazioni materiali tra le persone? Inevitabilmente anche nella scuola sono avanzati processi di ripiegamento, di involuzione, di frammentazione. Io ho persino l’impressione che in molte scuole siamo tornati ai presidi, non ai dirigenti scolastici; torna il richiamo e il fascino dell’autorità, del potere di ruolo, non la diffusione di una leadership democratica. Insomma anche nella scuola è morta quella che Trentin chiamava la civiltà manageriale e che nella scuola ha visto punte avanzate e sinceramente aperte al cambiamento ( il lavoro di Piero Romei, per tutti). Eppure, malgrado questo, restano e persino prendono forma nuove esperienze di collaborazione, di lavoro cooperativo ( sono i “patriot” di Valentino). Ecco, dobbiamo indagare, abbiamo bisogno di un approccio sperimentale e non illuministico ai problemi e al processi reali nella scuola. E’ mutato il volto antropologico e sociale del territorio/scuola: come ricalibriamo tempi, contenuti, modi di insegnare; come ridefinire i profili professionali di chi lavora nella scuola? Sarebbe possibile trovare gli strumenti e le risorse per consentire alle scuole che lo volessero di sperimentare modelli organizzativi ,tempi e contenuti, per tentare di rispondere alle domande del territorio? Leggere il lavoro, i suoi caratteri, l’organizzazione scolastica e i suoi esiti, aprirà anche le porte alla valutazione del lavoro nella scuola e ai conflitti che questo porta con sé. Negli anni 60 non abbiamo avuto solo la rivolta etica di Don Milani contro la selezione di classe. Freinet e Bruno Ciari, scrivevano con lucida chiarezza che l’organizzazione della scuola e della didattica è la variabile che abbiamo in mano per realizzare una scuola in cui tutti i bambini e i giovani possano apprendere. La valutazione diventa il processo attraverso il quale controlliamo il lavoro e i suoi esiti. Per questo i lavoratori e il sindacato sono i primi ad essere interessati a questa battaglia. - See more at: https://www.scuolaoggimagazine.org/argomenti/valutazioni/valutazione-si-cambia-pagina#sthash.irOVzlwB.dpuf


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