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ValoreScuola-MILANO VALE BENE IL CAOS-di Enrico Panini

MILANO VALE BENE IL CAOS Ci scuseranno i nostri lettori se, diversamente dal nostro costume, in questo articolo che precede la pausa estiva leggeremo i comportamenti del Ministro Moratti ...

25/07/2005
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MILANO VALE BENE IL CAOS

Ci scuseranno i nostri lettori se, diversamente dal nostro costume, in questo articolo che precede la pausa estiva leggeremo i comportamenti del Ministro Moratti in una chiave puramente politica. Non che manchi il merito, anzi è al solito perfino troppo abbondante! Registriamo però un preoccupante salto di qualità nella concezione proprietaria con la quale sono state affrontate in questi anni questioni delicate ed importanti come quelle legate all'istruzione pubblica..
In tutti questi anni il Ministro Moratti ha ampiamente dimostrato di non amare né il confronto né il contraddittorio.
Rarefatti gli incontri con i sindacati, mediamente 2 o 3 all'anno e sempre quando c'è da cogliere l'occasione per mandare un messaggio tranquillizzante al Paese. Allora, ad esempio, si incontrano i Sindacati prima che venga reso noto il Disegno di Legge sulla Finanziaria e si coglie l'occasione per rendere noto l'impegno del Governo ad investire sulla scuola, sull'università e la ricerca. Poi, quando i fatti vanno in tutt'altra direzione, bisogna lanciare un appello su "Chi l'ha visto" perché non trovano riscontro né le richieste né le sollecitazioni e non c'è più modo di incontrare il Ministro.
La stessa cosa vale per quanto riguarda il contraddittorio. Il Ministro non lo ama e lo rifugge in ogni occasione fino a legare la propria presenza televisiva, dicono i ben informati, ad un'ossessionante gestione degli spazi e degli interlocutori (ivi compresi quelli da non invitare mai).
Da molte settimane assistiamo ad una esagerata esplosione di questo comportamento.
Il Ministro sembra rinchiuso nel Ministero di Viale Trastevere: non riceve e non sente nessuno. Né le organizzazioni sindacali, né le regioni, né il CNPI. Non ascolta le obiezioni e vuole andare avanti con i suoi provvedimenti ad ogni costo. Dichiara ormai su tutto ed il rapporto fra i numeri forniti e la realtà è sempre più precario, spesso un "filino". Una linea perfino meno attenta di quella che portò alla emanazione del precedente Decreto sulla primaria.
In un primo tempo pensavamo che ciò fosse solo il risultato del tentativo di passare alla storia come grande riformatrice. Desiderio legittimo, s'intende, peccato che la storia esprimerà poi il giudizio (e quello è sovente senza appello) e peccato che gli umani, nel frattempo, paghino il risultato pessimo delle ambizioni personali.
Non riuscivamo a spiegare altrimenti una tecnica che può risultare suicida politicamente per la maggioranza che solo pochi mesi fa ha duramente pagato alle regionali la linea politica scelta sulla scuola.
Poi abbiamo pensato che la ragione di tali comportamenti esasperati fosse da ricercare nell'intento di condizionare pesantemente la prossima legislatura. Infatti tutti i più recenti provvedimenti e quelli per i quali si spinge in queste settimane per una rapida approvazione, non sortiranno alcun effetto in questa legislatura e scaricheranno ogni effetto sulla prossima legislatura. Ciò consentirebbe di poter gestire questa situazione speculando su una rendita di posizione fra la grandiosità del disegno approvato ed i limiti introdotti nella realizzazione effettuata da altri.
In realtà, oltre a tutto questo la ragione è da ricercare nella candidatura del Ministro a sindaco di Milano.
Infatti, questa scelta impone un governo dei tempi molto rigido: il 17 ottobre scade la delega per la decretazione attuativa della Legge 53. Teoricamente il governo, considerato che i tempi non ci sono per approvare il Decreto sulla secondaria, potrebbe rifissare un nuovo termine. Sarebbe una mossa politicamente utile anche per acquisire consenso. Ma ciò non è possibile perché il Ministro ha l'urgenza di cominciare la propria campagna elettorale e a Milano la sua candidatura ha bisogno di molta rincorsa per pensare di affermarsi.
A Milano il Ministro ha bisogno di presentarsi potendo dire che lei, meglio di Giovanni Gentile, ha riformato tutto. Ecco allora che sul Disegno di Legge delega sullo stato giuridico dei docenti dell'università si procede a passo di corsa. Non è d'accordo nessuno: sindacati, CRUI, organi democratici, associazioni, ecc. Il testo è stato scassato alla Camera fra articoli bocciati ed emendamenti dell'opposizione accolti (per fortuna). La protesta è vivacissima, addirittura il Ministro Siniscalco ha espresso la sua contrarietà, molte norme non hanno un finanziamento ma il provvedimento corre veloce.
Lo stesso ragionamento vale per la scuola superiore. Un incontro come avvio di quella che è stata definita dal Ministro come la volontà di un grande ascolto e poi& basta: non ci sono più state riunioni, si sono susseguiti oltre una decina di testi e non è accaduto nulla. Come se si trattasse di un affare di famiglia. Le regioni, durante un recente e tempestoso incontro, hanno chiesto al Ministro di ritirare il Decreto sulla secondaria, di bloccare la sperimentazione attuativa perché c'è, oltretutto, una competenza regionale, e hanno dichiarato che non intendono farsi costringere in una semplice consultazione. Il Ministro non ha gradito ed ha dichiarato che andrà avanti.
Moratti è assolutamente disinteressata a che cosa potrà accadere, non è affar suo. Non ha mai gradito la scuola pubblica, preferisce gli annunci ai fatti che cambiano. A maggior ragione non interessa questa volta: un problema di altri. L'importante è potersi presentare alla campagna elettorale per l'elezione del sindaco a Milano come quella che ha riformato la scuola e l'università nel nostro Paese.
La nostra opposizione raddoppia. Ci opponiamo perché il merito dei provvedimenti che abbiamo ricordato è pessimo e siamo in tanti a dirlo. Poi, ci opponiamo perché pensare di abbandonare al caos, indifferente alle conseguenze, settori di così primaria importanza per rincorrere altre scadenze rappresenta un atto di gravissima irresponsabilità nei confronti degli studenti, dei lavoratori, del Paese.


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