Vacciniamo a tappeto per riaprire la scuola in sicurezza e con maggiore continuità
Parla Laura Galimberti, Assessora all'Educazione e Istruzione del Comune di Milano: «La chiusura improvvisa di questa settimana è stato un brutto segnale»
Chiara Pelizzoni - Famiglia Cristiana
Giovedì 4 marzo all'improvviso la Lombardia è diventata zona arancione rinforzata e tutte le scuole di ogni ordine e grado – fuorché i nidi – sono state chiuse. I ragazzi dalla primaria riprendevano le lezioni in Dad e anche i bambini dell'infanzia si sono ritrovati a casa con i genitori. Una situazione faticosissima, sia per chi lavora in smart working sia per chi ha dovuto dal pomeriggio alla sera trovare soluzioni. Ne parliamo con Laura Galimberti, Assessora all'Educazione e Istruzione del Comune di Milano che gestisce 300 scuole in città e 30mila bambini 0-6 anni.
Cosa ne pensa di questa chiusura improvvisa?
«Che è complicata per tutti; per i genitori è una tragedia. Questa settimana che si è appena conclusa è stato dato un brutto messaggio: chiudere le scuole prima di altre attività. Poi certo l'intento era chiaro, ridurre la curva dei contagi; ma è stato penalizzante per i bimbi in primis e le famiglie».
Il comune ha avuto voce in capitolo?
«Siamo stati sorpresi anche noi; è stata una decisione improvvisa della Regione comunicata anche al Comune poco prima che alla stampa. Ovviamente siamo stati tutti un po' spiazzati e presi in contropiede. Anche da un punto di vista organizzativo non è stata banale, per esempio, la comunicazione alle famiglie. Giovedì la decisione e il venerdì le scuole erano già chiuse; fino a domenica non si è avuta la certezza dei bambini che potevano essere in presenza e quelli no».
Come vi siete mossi?
«Da subito abbiamo comunicato alle famiglie dei bimbi con disabilità e bisogni speciali che potevano essere accolti. Sono state le “eventuali altre categorie” che hanno creato aspettative; ma era solo una nota nelle faq della Regione e non una norma di legge che espressa in maniera così generica sarebbe stata foriera di discriminazione tra i bambini. Ogni dirigente avrebbe deciso chi prendere e chi no! Questo avrebbe posto un problema di diritto alla scuola che non può essere deciso a livello di singola autonomia scolastica. Abbiamo sollecitato e atteso un chiarimento del Governo che poi è arrivato».
Nel frattempo...
«Non posso che ringraziare gli uffici e le responsabili dei servizi che in un weekend hanno permesso di organizzare un sistema che accogliesse i bimbi con disabilità e bisogni speciali seppur in una modalità che non è quella condivisa dall'inizio dell'anno. Non è così che si integrano questi bambini, ma in emergenza è l'unica scelta possibile per mantenere almeno un legame».
Perché di questo parla il Ministero rispetto ai bambini all'infanzia?
«Sì parla di legami educativi per tenere un filo con i propri educatori e compagni commisurato ovviamente all'età. Quindi momenti di collegamento brevi, asincroni, misurati che di certo non sostituiscono la scuola né la babysitter».
Da lunedì la Lombardia sarà rossa. Saranno a casa anche i bambini dei nidi...
«Aggiungendo difficoltà supplementare alle famiglie. Ma su questo c'è poco da fare. È in arancione rinforzato che ho trovato fosse grave far pagare alla scuola il prezzo più alto. Non ci sono stati altri mondi penalizzati così tanto. Poi certo, i numeri lasciano presagire un peggioramento tale che non si può che alzare le mani. Ma tutti insieme, scuole e attività».
Che azioni avete messo in campo?
«Il padlet nel frattempo ha fatto dei passi avanti; nel 2020 abbiamo fatto la prima sperimentazione. In questi mesi è continuato il percorso con le educatrici. Quando dico che ci porteremo qualcosa di buono da questa pandemia mi riferisco anche a questo: cominciare a far lavorare i servizi all'infanzia con il digitale sarà importante; il che è diverso dallo stare davanti allo schermo. Il 17 marzo ci sarà la digital week e abbiamo previsto un dibattito proprio sui bimbi dell'infanzia e il digitale. Digitale e outdor education sono le cose che spero ci porteremo nel futuro. Sull'educazione all'aperto stiamo avviando percorsi di formazione specifici con gli educatori. Terza cosa è l'attenzione costante all'igiene dei luoghi e alla salute. Quest'anno abbiamo stanziato 6 milioni all'igiene dei luoghi e per il personale che se ne occupa. Questo ha permesso di ridurre i contagi, insieme ovviamente alle bolle in cui dovevano stare educatori e bambini; è attenzione quella all'igiene a cui ci siamo abituati».
Che riscontro avete sul benessere dei bambini in questa strana modalità di scuole di quest'anno?
«Di grande tranquillità, quella con cui hanno vissuto nelle bolle o gli ingressi scaglionati; i bambini erano assolutamente sereni. E gli educatori ben contenti di essere in una bolla di normalità con i dispositivi. Sereni e sicuri. Serenità ed entusiasmo di bambini ed educatori che hanno trasmesso anche alle famiglie».
Adesso ci aspetta il miglio più difficile. Quello in cui rimetterci a distanza che – si sa – all'infanzia non funziona.
«Per i bimbi normo dotati sarà un ultimo – speriamo – sforzo. Come lo è per i bimbi con bisogni speciali. Un'educatrice, però, qualche giorno fa mi ha scritto: “La luce che ho visto negli occhi della mamma di uno dei bimbi più difficili che ho quando è venuto a prenderlo ripaga degli sforzi che abbiamo fatto”. Diciamo che l'attenzione che abbiamo avuto durante l'anno al singolo ha ripagato degli sforzi fatti. Ora ci tocca quest'ultima fatica perché – si sa - l'educazione dei piccoli è in presenza. Ma è una possibilità che va sfruttata. Sono strumenti, quelli digitali, da portarsi anche nel futuro. Ci siamo buttati in piscina senza saper nuotare; adesso abbiamo una competenza in più che sarà utile nel rapporto con le famiglie per esempio per la storia educativa dei bambini nel passaggio dal nido all'infanzia o dall'infanzia alla primaria».
Quando torneremo a scuola?
«Fino a Pasqua no di certo. Conto che la chiusura duri il tempo del decreto perché forse siamo riusciti a prendere in tempo la terza ondata. È necessario, però, nel frattempo vaccinare a tappeto per riaprire in sicurezza e con maggior continuità. Sarebbe grave tenere i bambini in casa troppo a lungo. Rischiamo coi piccoli, ma soprattutto coi giovani di far fatica a recuperarli. Questo è un tema che ho veramente a cuore. Dobbiamo fare il possibile per permettere loro di recuperare la socialità in presenza che è uno dei compiti fondamentali della scuola».