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Universitari in piazza contro la legge di stabilità

Manifestazioni degli studenti in occasione della Giornata internazionale per il diritto allo studio: "Atenei soffocati da mancanza di finanziamenti e dal blocco delle assunzioni

15/11/2013
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la Repubblica

Salvo Intravaia

STUDENTI in piazza il 15 novembre, per difendere il diritto allo studio. Quasi tutte le organizzazioni studentesche  -  Unione degli universitari, Rete degli studenti medi, Link-Coordinamenio universitario  -  scenderanno in piazza per la giornata internazionale per il diritto allo studio e contro la legge di stabilità, questa volta tutta italiana. In più, gli studenti degli atenei meridionali chiedono al ministro Maria Chiara Carrozza di intervenire per evitare la "morte" degli atenei del Sud Italia. "La legge di stabilità presentata dal governo  -  scrivono Udu e Rete degli studenti medi  -  non realizza la svolta di cui il Paese necessita per uscire dalla recessione e tornare a crescere, per questo scenderemo in piazza il 15 novembre accanto ai lavoratori chiedendo una reale inversione di marcia per scuola, università e lavoro".
 
"L'università e il Diritto allo Studio, infatti, sono da anni oggetto di tagli continui, mentre altri paesi europei  -  continuano gli studenti  -  investono in istruzione e ricerca, proprio in un momento di crisi economica, in Italia il diritto allo studio sta scomparendo e le università sono soffocate dalla mancanza di finanziamenti e dai blocchi alle assunzioni". "I 150 milioni in più, previsti per il finanziamento ordinario degli atenei  -  aggiunge Gianluca Scuccimarra, dell'Udu  -  non rappresentano neppure la metà di quanto tagliato da Profumo l'anno scorso e probabilmente l'estensione del blocco del turn-over fino al 2018 produrrà risparmi di spesa superiori a questo incremento del finanziamento".
 
"In questa legge di stabilità non si investe in alcun modo investito nella scuola", continua Daniele Lanni, portavoce della Rete degli studenti medi. "Abbiamo denunciato quanto il decreto-Istruzione fosse insufficiente, e ci aspettavamo, proprio a partire da questa legge di stabilità un investimento forte sulla scuola. Perché investire nell'Istruzione significa dare un futuro al Paese". Una richiesta che arriva anche da oltreconfine. E venerdì prossimo le unioni degli Universitari di Austria (ÖH), Belgio (FEF), Francia (UNEF), Germania, (FZS), Italia (UDU) e Svizzera (VSS-UNES-USU) si uniranno per chiedere ai rispettivi governi di rimettere al centro della loro azione politica "una istruzione di alta qualità" che considerano "un fondamentale diritto umano, un bene pubblico e una pubblica responsabilità".
 
E chiedono "che l'istruzione superiore sia considerata un bene pubblico e una responsabilità della società", che la stessa "sia aperta a tutti" e che "non sia minacciata dalle misure di austerità". In più, gli studenti chiedono che "la mobilità sia accessibile a tutti gli studenti che ne vogliano usufruire". Richieste che si intrecciano con quelle degli studenti universitari meridionali che si rivolgono al ministro carrozza perché eviti che il divario tra atenei del nord e del sud del paese si accentui attraverso il decreto dei punti organico e l'assegnazione delle risorse in base al merito. Il primo, stabilisce che la quota di assunzione  -  pari al venti per cento dei pensionati  -  viene distribuita in base al merito. In questo modo gli atenei delle regioni settentrionali riusciranno ad assumere anche metà dei corrispondenti pensionati.
 
Mentre nelle università meridionali le nuove assunzioni saranno col contagocce. "Se non viene assunto del personale qualificato, le nostre biblioteche, le aule studio e lettura, saranno chiuse nonostante gli spazi a nostra disposizione per poter studiare siano già risicati (per non dire insufficienti!)", spiega gli studenti delle università di Campobasso, Bari, Foggia, Napoli, Salerno e Cosenza. Perché il decreto sui punti-organico riguarda tutti: anche i bibliotecari e il personale amministrativo. "Se dovessimo anche considerare la loro diminuzione, o la riduzione degli orari di fruibilità, ne sarebbe ulteriormente penalizzata la nostra preparazione", aggiungono.

Ma non solo. "Se non vengono assunti nuovi docenti, mentre altri vanno in pensione, le nostre lezioni non potranno svolgersi. Se vanno in pensione dei docenti di alcuni specifici settori scientifico-disciplinare, il nostro piano di studio cambia". "Vorremmo  -  concludono  -  che qualcuno, in primis la Ministra Carrozza, rispondesse a due semplici interrogativi. Che ne sarà dei già martoriati  territori da cui proveniamo senza quegli ascensori sociali rappresentati dalle università? Se non all'interno della formazione universitaria, dove dovremmo poter confrontare, conoscere, lo sviluppo delle nostre discipline?".


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