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Università, solo poche donne al vertice della carriera da prof

I gradini più alti della docenza negli atenei italiani vedono appena il 22% di presenza femminile. In Europa, peggio del nostro Paese solo la Svizzera e la Grecia

08/03/2017
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la Repubblica

Salvo Intravaia

Parità di genere ancora parecchio lontana tra i prof universitari, dove gli uomini tengono saldamente lo scettro in mano. Se nelle aule scolastiche le insegnanti sono di gran lunga predominanti rispetto ai loro colleghi uomini e da qualche parte, soprattutto all'elementare e alla materna, si ipotizzano le 'quote azzurre', all'università il semplice equilibrio di genere è ancora un obiettivo tutto da conquistare per le donne.

Al top della carriera solo il 22% delle donne. Gli ultimi dati estratti dal database del ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca lasciano spazio a poche speculazioni: nelle aule universitarie ci sono pochissime donne in cattedra. Al 31 dicembre 2016, tra i professori ordinari, massimo livello di carriera universitaria, le donne rappresentano soltanto il 22 per cento del totale. Sembra quindi che in Italia le donne non riescano ad andare oltre un certo livello di carriera accademica.

Le cose vanno leggermente meglio se si passa al gradino successivo, quello dei professori associati. Tra questi, le donne arrivano a conquistare più poltrone, ma sono sempre poche: una su tre, visto che le quote rosa rappresentano il 37 per cento del totale.

Passi indietro tra i ricercatori. Negli atenei italiani, quindi, la docenza è nelle mani degli uomini. Scendendo ancora nella gerarchia accademica, passando ai ricercatori, la parità di genere è un obiettivo raggiungibile: 48 donne e 52 uomini. Tra i ricercatori di ruolo, nell'arco dell'ultimo decennio, le donne hanno conquistato quasi otto punti di rappresentanza. Ma con i nuovi ricercatori a tempo determinato usciti dalle ultime riforme del settore (la Gelmini in testa) si torna indietro di diversi lustri. Perché tra queste figure la percentuale di donne torna ad essere ampiamente minoritaria rispetto al cosiddetto sesso forte: 43 ricercatrici contro 57 ricercatori. Meno di quelli a tempo indeterminato.

Peggio dell'Italia solo Svizzera e Grecia. Numeri che hanno poche spiegazioni se non quella di un percorso ad ostacoli per le donne in ambito universitario. All'estero, le cose vanno diversamente. Tra i docenti universitari, solo la Finlandia ha raggiunto l'equilibrio perfetto tra i sessi: 50 e 50. Ma in diversi Paesi – Norvegia, Regno Unito, Portogallo e Svezia – la parità è a portata di mano, perché le donne in cattedra oscillano tra il 44 e il 45 per cento. L'Italia, con il suo sistema universitario quasi impermeabile alla presenza femminile ai livelli

più alti, è al terzultimo posto, seguita soltanto da Svizzera e Grecia. Considerando infatti tutti le figure – ordinari, associati e ricercatori – le donne si fermano al 37 per cento. Ancora troppo poche per un Paese che ambisce ad un posto di rilievo in ambito europeo.


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