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Università, protesta anche sui tetti. A Roma occupate cinque facoltà

Bloccata la stazione di Torino. Gelmini: Niente di nuovo

24/11/2010
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Il Messaggero

di ALESSANDRA MIGLIOZZI

ROMA La protesta sale sui tetti dell’università, con i ricercatori e gli studenti accampati in cima agli edifici per cercare di bloccare la riforma del ministro Mariastella Gelmini. È successo ieri a Roma, ma anche a Torino e Salerno. Facoltà in mobilitazione diverse, ma stesse ragioni: dire no al ddl del governo che mette mano alla governance degli atenei, al reclutamento dei professori e dei ricercatori, all’efficienza del sistema accademico. Per gli universitari, dai docenti agli studenti, questa «non è la riforma di cui ha bisogno il paese». Perché «ai precari non vengono offerte garanzie sul loro futuro, per i nuovi ricercatori sono previsti solo contratti a termine senza certezze di assunzione per i meritevoli». E sui concorsi, che da anni rappresentano il vero neo dell’università italiana, «non si prospettano soluzioni vere: tutto è ancora in mano agli atenei che faranno le prove locali e sceglieranno i soliti raccomandati».
Così mentre la maggioranza accelera sulla legge in Parlamento, l’università reagisce e finisce nel caos, fra lezioni bloccate e facoltà occupate. Il governo vuole chiudere domani a Montecitorio per riuscire a mandare il testo al Senato il 9 dicembre, prima del voto di fiducia al governo. Chi contesta il ddl si prepara a far salire la voce della protesta. Il banco di prova sarà stamattina: davanti alla Camera dei deputati sono attesi i rappresentanti di una ventina di sigle fra sindacati e associazioni universitarie. Ci saranno anche gli studenti universitari e i liceali. La piazza sarà invasa da striscioni e manifestanti. Il sit-in chiederà a gran voce il ritiro della riforma. Ma la protesta dilagherà anche negli atenei, dove già sono cominciate le occupazioni. Alla Sapienza di Roma da ieri sono occupate Ingegneria, Scienze politiche, Medicina (il dipartimento di Igiene), Fisica, Filosofia. Ad Architettura, invece, nella centralissima e antica sede di Fontanella Borghese, i ricercatori sono saliti sul tetto e hanno piantato delle tende dove hanno passato la notte. «Intendiamo rimanerci ad oltranza- dicono- finché non verrà accantonata l’approvazione della riforma Gelmini. Siamo costretti difatti ad arroccarci su un edificio di un sapere ancora pubblico per difenderlo dagli attacchi di un Governo che vuole privatizzare l’intero sistema universitario».
Proteste sui tetti anche a Torino, dove gli studenti hanno occupato anche i binari della stazione ferroviaria di Porta Nuova. A Palermo è stata occupata la facoltà di Lettere, a Pavia il rettorato. A Firenze è occupato l’intero polo scientifico. A Pisa è sospesa l’attività didattica. Non sono da meno i liceali: in decine di scuole italiane sono in corso occupazioni e autogestioni. A Roma sono occupati diversi istituti, altri hanno appena concluso la protesta. Gli studenti capitolini ieri hanno anche assediato piazza Montecitorio chiedendo «più sicurezza nelle aule». «Di scuola non si può morire» hanno scritto a chiare lettere su un mega striscione davanti al quale hanno bruciato un fantoccio del ministro Gelmini. Il tutto mentre al megafono scorrevano le storie di aule con i muri crepati, i soffitti pieni di infiltrazioni, di scuole dove si studia nei prefabbricati. «Dateci strutture sicure», hanno chiesto i ragazzi in piazza. Oggi si replica con il sit-in degli universitari. La Flc Cgil che chiede un atto di «responsabilità» al governo: il ritiro del ddl Gelmini. E preannuncia «disastri» nel caso in cui la legge passi in via definitiva: «avrà effetti devastanti sul sistema universitario», accusa il sindacato. Il Pd chiede al ministro di ascoltare la piazza. Mentre i ricercatori sono tornati a ribadire la loro indisponibilità ad insegnare. Se la riforma passa si teme il caos negli atenei. Sono partiti anche appelli al presidente della Repubblica per fermare la legge. Ma la maggioranza va avanti. Per il ministro le proteste non sono «niente di nuovo». Si tira dritto per incassare il sì al ddl prima che la fiducia al governo possa metterlo a rischio.


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