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Università, primo passo verso la riduzione delle tasse: il governo favorevole alla legge

Il governo d'accordo con il ddl del grillino Vacca. Se si approvasse rapidamente, per le famiglie un risparmio fino al 20%.

09/05/2014
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la Repubblica

Fra qualche settimana  -  dopo il bonus di 80 euro in busta paga  -  per le famiglie italiane potrebbe arrivare un'altra gradita sorpresa: il taglio delle tasse universitarie. L'altro ieri, in commissione Cultura alla Camera, il governo  -  attraverso il sottosegretario all'istruzione Angela D'Onghia  -  ha dato parere favorevole al disegno di legge del grillino Gianluca Vacca che vincola gli atenei italiani ad abbassare la pressione fiscale nei confronti degli iscritti. Ora la palla passa all'Economia che deve trovare le coperture. E se il provvedimento venisse trasformato in legge rapidamente già dal prossimo settembre 35 università italiane sarebbero costrette a tagliare i contributi versati dalle famiglie, anche del 20 per cento. Ecco perché.

Nel 2012, visto la stato di estrema sofferenza in cui versavano gli atenei statali dopo i tagli della Gelmini, il governo Monti modificò i criteri per il calcolo della tassazione universitaria. Fino a quel momento, gli atenei non potevano imporre alla totalità degli studenti tasse superiori al 20 per cento di quanto ricevevano dallo stato come Fondo di finanziamento ordinario. Per consentire ai rettori e ai senati accademici di aumentare le tasse e avere un po' di ossigeno vennero cambiate le basi di calcolo di quel 20 per cento che andava conteggiato sulle sole tasse versate dagli studenti in corso  -  quelle pagate dai fuori corso, che sono la maggior parte, non rientravano più nel computo  -  e sulla base di tutti i finanziamenti ricevuti dallo stato e non più sulla base del Ffo.

Il risultato fu quello che nell'arco di un paio d'anni, in diversi atenei, le tasse schizzarono in alto. Il disegno di legge Vacca prevede il ritorno indietro di due anni. Secondo quanto è stato calcolato dall'Unione degli universitari, il passo indietro porterebbe l'università di Bergamo al un tasso di pressione fiscale del 44,61 per cento. E per rientrare nel tetto prefissato dalla legge, l'ateneo lombardo dovrebbe ridurre del 24 per cento le tasse complessive. Stesso discorso per l'università Carlo Bò di Urbino e la Cà Foscari di Venezia che andrebbero al 33,9 per cento. E per altri 33 atenei che pubblici che sforerebbero in vario modo il tetto del 20 per cento. Per l'Udu, il maltolto rispetto alle norme ante spending review è di 240 milioni di euro. Esattamente la cifra che il governo dovrebbe racimolare consentire agli atenei di non sforare il parametro fissato dalla legge.

"Abbiamo sostenuto la proposta di legge fin dalla sua presentazione  -  dichiara Alberto Campailla, portavoce di Link  -  Coordinamento universitario  -  poiché riteniamo che il ripristino del rapporto del 20 per cento sia necessario per evitare aumenti delle tasse per studenti in corso e fuori corso". Ma il governo non si è limitato a fornire il parere favorevole al alla proposta Vacca. "Il sottosegretario D'Onghia ha dato il benestare anche all'introduzione di una No Tax Area per gli studenti con redditi Isee inferiori a 20mila euro". "Il comma -  conclude Campailla  -  che prevedeva penalizzazioni per gli atenei che sforano il rapporto del 20 per cento, è stato invece eliminato dalla proposta


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