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Università, la sfida fra il sovranista Valditara e il pauperista Fioramonti

L’ex relatore della legge Gelmini che flirta con l’ultra destra americana di Bannon contro il teorico della decrescita felice che prometteva tolleranza zero sui concorsi universitari ma non ha speso una parola sul caso del concorso per Conte alla Sapienza

27/09/2018
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Corriere della sera

Gianna Fregonara e Orsola Riva

Da quando è ministro, Marco Bussetti non ha fatto mistero di trovarsi come il topo nel formaggio a gestire in prima persona i problemi degli uffici scolastici regionali, dei concorsi e delle graduatorie degli insegnanti in genere ma di volersi dotare di un braccio destro per quanto riguarda il sistema universitario. In più, nella spartizione dei posti con l’alleato di governo, i Cinque Stelle gli hanno imposto come sottosegretario quello che Luigi Di Maio considera un pezzo da novanta: Lorenzo Fioramonti, laurea in filosofia a Tor Vergata e specializzazione in Scienze Politiche a Siena, autoproclamatosi cervello in fuga ed economista sul campo (insegna Economia Politica all’università di Pretoria, in Sudafrica) tanto da figurare nella prima lista grillina dei papabili per il ministero dello Sviluppo Economico. Il suo motto non fa difetto di autostima: «Non ho mai studiato economia? Che importa! Anche Ciampi era un letterato».

La partita complicata di Bussetti

Con il modo felpato e il sorriso d’ordinanza, l’ex prof di ginnastica ed ex provveditore agli Studi di Milano Bussetti ha lasciato correre, ma intanto ha tergiversato sulle deleghe ai sottosegretari nonostante Fioramonti rivendicasse la competenza ad occuparsi degli Atenei secondo il principio corporativo («essendo un professore, avrò la delega all’Università»). E non ci ha pensato due volte quando dai piani alti della Lega gli è arrivata l’indicazione di ripescare una vecchia conoscenza come l’ex senatore Giuseppe Valditara, leghista ante litteram (contribuì alla scrittura della Costituzione Federale di Gianfranco Miglio negli anni ‘90), poi seconda fila di An con Gianfranco Fini, rifluito nella destra sovranista. Partita complessa, quella della nomina di Valditara a direttore del dipartimento, che è andata avanti fra alti e bassi, fino al compromesso finale: Fioramonti, dopo aver aspettato per tutta l’estate, il 13 settembre ha incassato la nomina a vice ministro e Bussetti il via libera a Valditara come suo braccio destro per l’Università. E oggi può finalmente dire: «Per l’Università parlate con Valditara».

Le malelingue al Miur già immaginano che l’inevitabile competizione tra i due sfoci in uno scontro sotterraneo durissimo, una specie di Superman contro Batman o, per restare nell’ambito dei blockbuster adolescenziali, Godzilla versus King Kong. Con Valditara nei panni del mostro post atomico giapponese e Fioramonti in quello del re della foresta africana. Ma forse non sarà così. Entrambi si stanno dando da fare. Fioramonti ha inviato a Palazzo Chigi il suo segretario particolare, la ex iena Dino Giarrusso, come osservatore «in vista della finanziaria per quanto riguarda l’istruzione», almeno così dichiarava qualche giorno fa a Radio Radicale. Mentre Valditara sta rimboccandosi le maniche per riprendere i contatti con il mondo accademico che non ha certo dimenticato il suo attivo contributo, come relatore al Senato, alla riforma Gelmini del 2010: tagli fino a un miliardo l’anno, blocco del turnover e precarizzazione dei ricercatori con conseguente perdita di 10 mila posti e, per il combinato disposto dell’aumento delle rette universitarie a fronte dell’esiguità dei fondi per il diritto allo studio, perdita di oltre 70 mila matricole.

Università a rischio tagli

Apparentemente i due non potrebbero essere più distanti. Milanese, 57 anni, professore di diritto romano a Torino, Valditara è direttore scientifico della rivista Logos, vicina alle posizioni della Lega, ha scritto un saggio inequivocabilmente in linea con la dottrina Salvini (Il sovranismo come speranza per la democrazia) in cui se la prende con il bersaglio prediletto del viktatoreOrbán: George Soros, oltre che un pamphlet dal titolo a dir poco provocatorio: L’impero romano distrutto dagli immigrati (Ma come? - chiederebbe un bimbo di quinta elementare dopo aver letto il manuale di storia - Non erano stati i barbari invasori?). Romano 41 anni, Fioramonti ha conquistato Di Maio e i Cinque Stelle con un volume il cui titolo non sfigurerebbe in uno spettacolo di Beppe Grillo: Presi per il Pil, un libro che lo ha reso subito un autore culto per i sostenitori della decrescita felice. Ma in fondo si potrebbe dire che Valditara la decrescita l’ha già trasformata in legge, proprio per il sistema universitario, nella sua precedente vita politica a fianco di Tremonti e Gelmini. Difficile che voglia replicare. E lo stesso Bussetti tutto vorrebbe fare tranne che altri tagli a scuola e università. Vedremo se saprà resistere alle limature su detrazioni ed esenzioni dalle rette universitarie, di cui si comincia a parlare in vista della legge di bilancio e di aver la forza per trattare altri fondi per recuperare rispetto ai tagli gelminiani. Altrimenti non si sa come Fioramonti potrà onorare il suo impegno a richiamare in patria i talenti italiani.

Fioramonti moralista a corrente alternata

Finora, per la verità, il vice ministro imposto dai grillini ha preferito occuparsi di rettori e professori già in cattedra. E’ vero che ha dovuto fare marcia indietro sulla nomina di Giarrusso a controllore dei concorsi universitari (escluso quello per il premier Conte su cui la coppia Fioramonti-Giarrusso non ha sentito il bisogno di esprimere un giudizio, mentre alla Sapienza è calato il silenzio), ma intanto il messaggio è passato: la ex iena in ogni intervista ricorda di avere i cassetti (dell’email) pieni di segnalazioni, nessuno si senta escluso. Castigatore del malcostume universitario, quanto a trasparenza però Fioramonti non è efficiente quanto vorrebbe far credere: i link con i dati anche patrimoniali suoi e della sua famiglia, che come richiesto dalla legge devono essere pubblicati sul sito del ministero insieme al suo curriculum, si perdono portando « a pagine non disponibili». Negli ultimi mesi era stato attaccato sui social (in particolare da un blog vicino alla massoneria ripreso dal Giornale) per via del suo profilo biografico poco in sintonia con l’immagine dell’economista eretico propagandata in campagna elettorale dai Cinquestelle. Nemico del Pil? Sì, ma non delle banche: il rettore dell’università di Pretoria, Wiseman Nkhulu, è chairman della Fondazione Rothschild e lui stesso ha partecipato a degli incontri della Fondazione Rockefeller. C’è perfino chi ha storto il naso per il fatto che il suo libro sul Pil porta la prefazione di Enrico Giovannini, ex presidente Istat e prima ministro del Lavoro di Enrico Letta.

Curioso invece che nessuno finora invece abbia sollevato un sopracciglio sul nome scelto da Valditara per la prefazione al suo libro sul sovranismo: Thomas D. Williams, ex legionario di Cristo (ha lasciato la tonaca nel 2012 dopo aver avuto un figlio dalla figlia dell’ambasciatrice Usa in Vaticano Mary Ann Glendon), oggi corrispondente da Roma per Breitbart, il sito della destra alt right diretto fino a gennaio di quest’anno dall’ex consulente di Trump Steve Bannon, attualmente in stretto contatto con Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ogni giorno, dal suo account twitter, Williams lancia e rilancia accuse nemmeno troppo velate al pontificato di Francesco per presunte opacità sullo scandalo pedofili. Buffo che a farlo sia un signore che in passato ha difeso a spada tratta il leader della sua congregazione Marcial Maciel Degollado accusato e in seguito riconosciuto colpevole di ripetuti abusi su minori. A maggio scorso a presentare il libro di Valditara a Milano in un convegno organizzato da Breitbart Italia e Logos, insieme a Williams c’erano pure l’ex ministro dell’Economia Tremonti (primo suggeritore dei tagli imposti dalla Gelmini all’università) e il prossimo presidente della Rai Marcello Foa, che ha anche firmato la postfazione al saggio.


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