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Università, la crisi Covid pesa sui laureati: occupazione a meno 9%

Il tasso nei primi mesi del 2020. Il ministro Manfredi alla presentazione del Rapporto AlmaLaurea: "Abbiamo fatto qualcosa di importante nel decreto Rilancio, ma non è sufficiente". E annuncia a breve 20 milioni per dare pc e connessioni agli studenti

12/06/2020
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Nell'emergenza coronavirus, "tutte le università hanno lavorato con grande passione, garantendo la continuità della formazione". A sottolinearlo è il ministro dell'università Gaetano Manfredi aprendo la conferenza di AlmaLaurea per la presentazione del Rapporto 2020 sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati. Il ministro ha insistito sulla necessità di un'università inclusiva: "Più diritto allo studio, opportunità di lavoro qualificate e stipendi più alti" per i laureati. "Perderemo i nostri ragazzi se non saremo in grado di offrire loro lavori qualificati" la sua analisi. E il pensiero va alla fuga dei giovani medici all'estero. Rispetto alle risorse, Manfredi riconosce: "Abbiamo fatto qualcosa di importante nel decreto Rilancio, ma non è sufficente".

Nel decreto Rilancio è stato stanziato un miliardo e 400 milioni per l'università e la ricerca, "ma se vogliamo aumentare gli studenti che vanno all'università ci vuole un intervento sul diritto allo studio più robusto". Manfredi ricorda l'intervento per alzare il tetto della no-tax area, i 40 milioni in più per le borse di studio, "mentre occorreranno investimenti ulteriori per la residenzialità degli studenti e risorse stabili". E annuncia i 20 milioni - "arriveranno agli atenei nei prossimi giorni" - per i device: computer e connessioni per gli studenti.

Incalza Ivano Dionigi, presidente di AlmaLaurea: "Le risorse per il diritto allo studio sono sempre stati il cruccio per tutti i rettori. Qui si tratta di rispettare la Costituzione". Il latinista ricorda la ripresa delle immatricolazioni, dopo la grande crisi. "Se noi perdiamo anche solo una matricola rispetto allo scorso anno hanno perso i giovani, abbiamo perso tutti. Quando ero rettore nel 2014 e 2015 proposi in modo provocatorio - il premier era Renzi -  di rendere obbligatoria e gratuita la laurea triennale. Il problema del diritto allo studio è strutturale". Altri nodi, il Sud - che cede alle università del Nord un diplomato su 4 - e le donne: "Il loro svantaggio atavico si è consolidato in questa fase - ricorda Dionigi - chi ha sofferto di più continuano ad essere le donne, le studentesse".

Un punto critico, messo in luce dalla direttrice di AlmaLaurea Marina Timoteo, riguarda il disorientamento dei 19enni rispetto alla scelta del corso di laurea: il 17,4% si iscrive senza una precisa motivazione, "non fa una scelta per motivi culturali e nemmeno professionalizzanti". Nel 2006 questa scelta non motivata riguardava solo il 5,8% degli studenti. "È un dato allarmante che mette in luce la carenza di un efficace orientamento".

I laureati e la crisi occupazionale Covid

Una rilevazione fatta da marzo a giugno (dati parziali su 46mila interviste) mostra abbastanza chiaramente come siano in particolare i neolaureati (intervistati a un anno dal titolo) ad aver accusato il colpo legato alle conseguenze dell'epidemia. Nei primi mesi del 2020 il tasso di occupazione a un anno dal conseguimento del titolo è pari al 65% tra i laureati di primo livello . Rispetto alla rilevazione del 2019, il calo è evidente: meno 9 punti.


Più nel dettaglio, tra i laureati di primo livello il tasso di occupazione risulta pari al 69,1% per gli uomini e al 62,4% per le donne (nel 2019 il tasso di occupazione a un anno era, rispettivamente, pari a 77,2% e a 72,2%). Anche in termini territoriali si evidenzia una generale contrazione del tasso di occupazione, cui si affianca un tendenziale incremento dei differenziali territoriali (l'analisi è realizzata sulla base della residenza del laureato), quanto meno per i laureati di primo livello. Tra questi ultimi, infatti, i primi dati del 2020 rilevano un tasso di occupazione del 71,4% tra i laureati residenti al Nord e del 56,5% tra quelli residenti al Sud (nel 2019 erano, rispettivamente, 80,6% e 64,8%).

Un campanello della crisi è rilevato da AlmaLaurea anche rispetto ai curricula dei laureati ceduti alle imprese: quasi 87mila a gennaio 2019, oltre centomila nello stesso mese quest'anno. Poi il calo delle richieste: meno 17% a febbraio, meno 45% a marzo e meno 56% ad aprile.

Gli studenti: studio ed esami in lockdown

Il 74,5% degli studenti dichiara che ha seguito la maggior parte delle lezioni. "A differenza della scuola, le università erano più preparate e in corsa si sono attrezzate" spiega Dionigi. Sono state sospese o cancellate solo il 2% delle lezioni. Di qui l'invito di Dionigi, che è anche quello di molti professori universitari (in 870 hanno scritto l'appello sulla riapertura delle università): "Provare il più possibile a riprendere la didattica in presenza - osserva - Qui non si tratta solo di informare e di coltivare le competenze, ma di formare e trasmettere conoscenze. Per formare impiegati e tecnici bastano informazioni e competenze, per formare cittadini e governanti servono anche formazione e conoscenza".

Il 17,7% non è invece riuscito a seguire le lezioni per difficoltà di tipo tecnico, tra cui la mancanza di connessione o problemi con il pc; il 5,7% non è riuscito a seguire per motivi personali. In generale, secondo il rapporto, il 40,1% degli studenti di secondo livello è riuscito a sostenere tutti gli esami che aveva in programma di affrontare, mentre una quota molto simile, pari al 36,5%, ha sostenuto solo una parte. I restanti (21,8%) non sono riusciti a sostenere alcun esame (nel 13,6% dei casi per cause indipendenti dalla propria volontà, tra cui sospensione o cancellazione di sessioni di esame; nell'8,2% dei casi per motivi personali).

Oltre la metà degli studenti di secondo livello (50,9%) ritiene che l'emergenza vissuta in questo periodo non avrà alcun effetto negativo sul proprio percorso universitario. La restante quota ritiene, invece, che vi saranno inevitabilmente ripercussioni in termini di preparazione o di ritardo nel conseguimento del titolo.

Migliora tasso occupazione dal 2014

Nel 2019 il tasso di occupazione dei laureati è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,1% tra i laureati di primo livello e al 71,7% tra i laureati di secondo livello, con valori in aumento rispetto al passato. Il confronto con le precedenti rilevazioni, infatti, evidenzia un tendenziale miglioramento del tasso di occupazione che, rispetto al 2014 (anno che ha rappresentato il punto di svolta), risulta aumentato di 8,4 punti percentuali per i laureati di primo livello e di 6,5 punti per i laureati di secondo livello. Si tratta di segnali positivi - si legge nel Rapporto - che, tuttavia, non sono ancora in grado di colmare la significativa contrazione del tasso di occupazione osservabile tra il 2008 e il 2014 (-16,3 punti percentuali per i primi; -15,1 punti per i secondi).

La retribuzione mensile netta a un anno dal titolo è nel 2019, in media, pari a 1.210 euro per i laureati di primo livello e a 1.285 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all'indagine del 2014 le retribuzioni reali (ovvero che tengono conto del mutato potere d'acquisto) a un anno dal conseguimento del titolo figurano in aumento: +16,7% per i laureati di primo livello, +18,4% per quelli di secondo livello. L'aumento rilevato, tuttavia, non è ancora in grado di colmare la significativa perdita retributiva registrata nel periodo più difficile della crisi economica che ha colpito i neolaureati, ovvero tra il 2008 e il 2014 (-28,7% per il primo livello, -21,2% per il secondo livello).

Lo scorso anno, ad un anno dal conseguimento del titolo, la forma contrattuale più diffusa è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda oltre un terzo degli occupati.

Profilo laureati: diminuisce l'età alla laurea

L'età media alla laurea per i laureati del 2019 è pari a 25,8 anni: 24,6 anni per i laureati di primo livello, 27,1 per i magistrali a ciclo unico e 27,3 anni per i laureati magistrali biennali. Un dato che tiene conto anche del ritardo nell'iscrizione al percorso universitario (si tratta del ritardo rispetto alle età "canoniche" dei 19 anni, per la laurea di primo livello e per quella a ciclo unico, e di 22 anni, per la magistrale biennale), che tra i laureati del 2019 in media è pari a 1,4 anni.

L'età alla laurea è diminuita in misura apprezzabile rispetto alla situazione pre-riforma e continua a diminuire negli ultimi anni: l'età media era infatti 27,1 anni nel 2009, di oltre anno più elevata rispetto alla situazione attuale. La regolarità negli studi, che misura la capacità di concludere il corso di laurea nei tempi previsti dagli ordinamenti, ha registrato negli ultimi anni un forte miglioramento. Se nel 2009 concludeva gli studi in corso il 39,2% dei laureati, nel 2019 la percentuale raggiunge il 55,7%, in particolare il 61,0% tra i magistrali biennali, il 56,1% tra i laureati di primo livello e il 43,5% tra i magistrali a ciclo unico. Inoltre, se dieci anni fa a terminare gli studi con quattro o più anni fuori corso erano 15,8 laureati su cento, oggi si sono quasi dimezzati (8,1%).

Il Rapporto registra differenze rilevanti con riferimento alla ripartizione geografica dell'ateneo: a parità di condizioni, rispetto a chi si laurea al Nord, chi ottiene il titolo al Centro impiega il 12,5% in più e chi si laurea al Sud o nelle Isole il 19,8% in più. Il voto medio di laurea è sostanzialmente immutato negli ultimi anni (103,1 su 110 nel 2019, stesso valore osservato nel 2009): 100,1 per i laureati di primo livello, 105,3 per i magistrali a ciclo unico e 107,9 per i magistrali biennali. Fra i laureati magistrali biennali la votazione finale è molto elevata, in particolare per un effetto di tipo incrementale rispetto alla performance ottenuta alla conclusione del percorso di primo livello (nel 2019 l'incremento medio del voto di laurea alla magistrale rispetto alla laurea di primo livello è di 7,7 punti su 110).


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