Università, iter più veloce per gli aspiranti medici
Entro i trent’anni già in corsia: ridotta la specializzazione
Giovani medici in corsia, con in tasca il primo contratto di lavoro (a termine), entro i trent’anni. È la rivoluzione proposta dai ministri della Salute e dell’Università, Ferruccio Fazio e Mariastella Gelmini. Resta il numero chiuso per accedere ai corsi per aspiranti camici bianchi, ma il governo vuole accorciare i tempi per l’accesso alla professione. Ora chi ha un iter di studi senza intoppi prima dei 32-33 anni non mette in tasca la specializzazione. Ci vogliono dagli 11 ai 13 anni per tutto il percorso. Con la riforma Fazio-Gelmini ce ne vorranno tre di meno. Sarà infatti ridotta di un anno la durata delle specializzazioni: i corsi del ramo chirurgico passeranno da 6 a 5 anni, quelli del ramo medico da 5 a 4, o anche 3 anni per alcuni ambiti. L’abilitazione sarà contestuale alla laurea. Il dottorato si potrà fare mentre ci si specializza. E il percorso di specializzazione sarà diviso in due parti: per due-tre anni si farà una formazione più teorica, poi ci sarà una parte di lavoro con contratto a termine nel Servizio sanitario nazionale. Una sorta di 3+2. Che, però, fa tremare la comunità medica: si teme che i giovani in formazione possano essere usati per coprire vuoti di organico e carenze di personale a scapito della qualità. Il ministro Fazio rassicura e sottolinea: «Con il nuovo sistema si entrerà prima nel mondo del lavoro e si libereranno contratti di specializzazione che passeranno dagli attuali 5mila a 11mila per effetto delle riforme».
Oggi si diventa chirurghi a 32-33 anni. Solo dopo si cerca il primo vero lavoro. Con la riforma a 28 anni ci sarà il primo contratto, rigorosamente a termine, però. A 30 lo studente avrà la specializzazione in tasca se il percorso di studi è stato regolare. Per la laurea resta l’obbligo dei sei anni di studio, ma il tirocinio di valutazione di tre mesi previsto dopo l’acquisizione del titolo sarà inglobato nel percorso universitario. E i ministri puntano a rendere la laurea in medicina abilitante: non ci vorrà un successivo esame di stato per entrare nell’ordine dei medici. «Su questo punto bisognerà sentire l’Europa», dice Gelmini. Il provvedimento sulle scuole di specializzazione è pronto e sarà portato in Conferenza Stato-Regioni. Per il 3+2 arriverà un emendamento al disegno di legge sulla sperimentazione clinica. I medici della Fp Cgil dicono bene la riduzione dei tempi di studio, ma, spiega il segretario Massimo Cozza, la specializzazione non diventi sfruttamento dei giovani per coprire i vuoti di organico. La pensa così anche la Federspecializzandi. Dalla Federazione degli ordini dei medici arriva l’ok, ma con dubbi sui due anni di contratto di lavoro: «Va considerata prioritariamente la situazione dei precari esistenti (oltre 8mila, ndr)», dice il presidente Amedeo Bianco. Perplessità condivisa dal preside di Medicina della Cattolica di Roma, Rocco Bellantone, che chiede riflessioni più approfondite, boccia la laurea abilitante, ma promuove la riduzione dei tempi. Il governo ieri ha dato anche il via libera al regolamento per l’abilitazione nazionale dei docenti universitari: in autunno potranno partire le procedure.