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Università, il rettore di Bologna: "Riformare le carriere e il reclutamento dei docenti, la nostra proposta"

Intervista a Francesco Ubertini: "La prima cosa da cambiare è il percorso dei ricercatori. Età media troppo alta dei professori e carriere troppo statiche: bisogna allinearsi all'Europa". Intanto l'ateneo ha deciso le date per il voto che sarà online: 22-23 giugno

01/05/2021
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la Repubblica

Ilaria Venturi

Non ci sta il rettore Francesco Ubertini a definire l’università malata. Tira fuori i numeri, "perché da ingegnere parto da lì". E rilancia sulla riforma dell’accesso alla docenza che lui stesso ha portato avanti alla Crui, la Conferenza dei rettori e che è stata presentata alla ministra Maria Cristina Messa: "Non mi sottraggo alla discussione in atto e dico che l’attuale sistema di reclutamento va riformato. Troppe carriere costruite nello stesso ateneo e un’età media troppo alta del corpo docente. Dobbiamo uniformarci all’Europa e adeguarci al ritmo con cui va avanti il mondo".

Rettore, partiamo dai numeri dell'Alma Mater, visto che l’ateneo è tra quelli che hanno ricevuto pià segnalazioni di irregolarità dall’Osservatorio indipendente dei concorsi.
"Nel 2019 e 2020 abbiamo bandito 717 concorsi. Abbiamo avuto 20 ricorsi, il 2,8%, e l’esito di questi è stato favorevole per 3 ricorrenti. Ho misurato il problema e mi sembra che almeno negli ultimi due anni non ci sia. In generale il nostro sistema universitario, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo così difficile a causa della pandemia, ha tenuto e ha dimostrato di essere di qualità tale da indurmi a dire che non c’è patologia. Il contenzioso è praticamente nullo".

Il confine è sottile: vengono banditi concorsi da ricercatore dove i requisiti corrispondono a chi deve vincere.
"Nel mio ateneo no. E quando sono arrivate segnalazioni abbiamo agito, talvolta in autotutela, chiedendo di rifare i bandi o di cambiare le commissioni".

Ma poi ha vinto chi doveva vincere
"Io contesto la fine di questo ragionamento: ha vinto chi doveva vincere a norma di legge. Se la commissione lavora bene vuole dire che ha vinto il migliore, non c’è altro esito. Noi monitoriamo l’attività didattica e scientifica anche dei neoassunti, e ho tutti dati in crescita su questo".

L’Osservatorio vi ha contestato il regolamento interno sui concorsi che avete approvato nel 2019: è vero che favorisce i candidati interni?
"Abbiamo introdotto la prova didattica, uguale per tutti i candidati, perché per me è giusto valutare anche l’insegnamento, e recepito le direttive dell’allora ministra Fedeli e dell’Anac modificando in meglio la composizione delle commissioni. Tutti i concorsi di prima fascia li ho aperti a candidati esterni, ho fatto 100 chiamate di docenti dall’estero. Non mi si può accusare di provincialismo. Ma un punto è vero".

Quale?
"La carriera dei docenti è troppo statica e la bassa mobilità è un problema enorme per il Paese. Le università si sviluppano e fanno attività a livello internazionale, l’Alma Mater non lavora a Bologna, in Emilia-Romagna, in Italia. Io guardo all’Europa".

Cosa prevede la riforma presentata alla ministra Messa?
"Un percorso unico da ricercartore che porti alla docenza, ma prima. Per partecipare al bando per un posto devo aver fatto il dottorato da non oltre 6 anni. E devo aver conseguito il dottorato o il post-doc in un altro ateneo. Una norma forte che ti obbliga al trasferimento e che va accompagnata da incentivi per evitare divari di genere e sostenere chi è in condizioni economiche disagiate. Rimane un solo canale per diventare ricercatore. Nei sistemi europei si dice tenure track, un’attesa al ruolo che abbiamo fissato da 3 a 7 anni. Significa che, nella migliore delle ipotesi, se finisci il dottorato a 29 anni puoi diventare professore associato a 32 o, se vai più lento, a 41 anni. Ora l’età media dei ricercatori è 41 anni. Altro passo è assumere, perché abbiamo bisogno di più docenti in rapporto agli studenti. Questo sgonfierebbe l’attuale precariato storico".

E sui concorsi da professore non ritiene necessaria nessuna modifica?
"Io sarei favorevole a una rosa di tre vincitori fra i quali scegliere. E modificherei gli ambiti disciplinari. Ora se ho bisogno di un chirurgo dei trapianti devo fare un concorso per un chirurgo in generale. Oppure, al contrario, posso bandire su ambiti talmente ristretti che penalizzano chi opera a livello multidisciplinare e rischiano di essere percepiti troppo a misura di un solo candidato".


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