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Università, il darwinismo renziano che uccide gli atenei del Sud

Pre­pa­ria­moci dun­que tutti quanti a un’adeguata resi­stenza alla “buona uni­ver­sità” che si pro­spetta per il dopo estate

14/08/2015
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il manifesto

Manfredi Alberti

L’estate è anche il tempo in cui migliaia di stu­denti neo­di­plo­mati sono chia­mati a fare una delle scelte più impor­tanti e deli­cate della loro vita, cioè indi­vi­duare il corso di lau­rea al quale iscri­versi. In Ita­lia lo sce­na­rio gene­rale in cui le nuove leve di gio­vani sono costrette a muo­versi è dei più foschi, con tassi di disoc­cu­pa­zione gio­va­nile da capo­giro e un mer­cato del lavoro asfit­tico che tende ad accen­tuare le dif­fe­renze di classe già esistenti.

Non è un caso dun­que se da diversi anni si assi­ste a un calo delle imma­tri­co­la­zioni uni­ver­si­ta­rie. Chi ha la pos­si­bi­lità di soste­nere il peso eco­no­mico di un’istruzione sem­pre più costosa, deve riu­scire prima di tutto a orien­tarsi nella scelta del per­corso di studi, sele­zio­nando al con­tempo la città dove intra­pren­derlo. Per riu­scire in una simile impresa è meglio fidarsi soprat­tutto dell’intuito, del buon senso e di qual­che con­si­glio mirato, pren­dendo con il dovuto spi­rito cri­tico i dati che cir­co­lano in que­ste set­ti­mane sulla qua­lità dei diversi ate­nei italiani.

Le clas­si­fi­che di que­sto genere, come quella pub­bli­cata dal Cen­sis o quella da poco uscita sul Sole 24 Ore, lasciano come al solito molte per­ples­sità sul loro signi­fi­cato e sulla loro uti­lità. Non si tratta benin­teso di un pro­blema di veri­di­cità dei dati. Come diceva un grande sto­rico polacco, «è assai raro che gli sta­ti­stici fal­si­fi­chino le cifre; tut­ta­via, attuando rag­grup­pa­menti arbi­trari, essi pos­sono, se vogliono, dimo­strare tesi anche oppo­ste con gli stessi dati».

Spesso i pun­teggi com­ples­sivi asse­gnati ai sin­goli ate­nei o alle sin­gole scuole non hanno nulla a che fare con l’effettiva qua­lità della didat­tica, l’aspetto che più di tutti dovrebbe inte­res­sare i futuri stu­denti. A volte que­ste stime fini­scono per con­si­de­rare vir­tuosi gli ate­nei in grado di attrarre più finan­zia­menti pri­vati, non neces­sa­ria­mente su ricer­che di qua­lità, o quelli dove vi sono più iscri­zioni, le quali magari pos­sono sem­pli­ce­mente deri­vare da una minore dif­fi­coltà degli esami. Come sono com­pi­late dun­que que­ste sta­ti­sti­che? Quali cri­teri entrano nella valu­ta­zione degli ate­nei? Non sem­pre è chiaro. Su roars​.it, il sito web che si occupa di ana­liz­zare in modo cri­tico il mondo della ricerca scien­ti­fica e le que­stioni acca­de­mi­che, si pos­sono leg­gere inte­res­santi valu­ta­zioni al riguardo.

Di que­sti tempi c’è poi un ulte­riore ele­mento per pren­dere le giu­ste distanze dalle gra­dua­to­rie sulle uni­ver­sità. L’idea di poter dare un pun­teg­gio a ogni ate­neo e di subor­di­nare a que­sta valu­ta­zione il valore del titolo di stu­dio colà con­se­guito è stata alla base di un emen­da­mento appro­vato dal governo nell’ambito della riforma della pub­blica ammi­ni­stra­zione, poi for­tu­na­ta­mente can­cel­lato nel pas­sag­gio del ddl Madia al Senato. L’aberrante stra­te­gia a cui que­sto emen­da­mento rispon­deva è del tutto coe­rente con il nuovo rifor­mi­smo destrorso di marca ren­ziana. Quest’ultimo pre­vede di appli­care una sorta di logica “dar­wi­niana” al sistema uni­ver­si­ta­rio, in cui solo gli ate­nei con­si­de­rati vir­tuosi sareb­bero degni di soprav­vi­vere, men­tre tutti gli altri sareb­bero desti­nati a essere sem­pre meno get­to­nati, e quindi di fatto a soccombere.

L’idea di poter clas­si­fi­care gli ate­nei ita­liani sulla base di cri­teri sem­pli­ci­stici, arbi­trari e spesso oscuri è dun­que almeno in parte stru­men­tale a que­sto dise­gno. Invece di inve­stire sull’università, col­mando le distanze even­tual­mente esi­stenti fra i diversi ate­nei, si pre­fe­ri­sce mar­care la dif­fe­renza fra ate­nei di serie A e di serie B, accen­tuando le diver­genze già esi­stenti e favo­rendo una svolta in senso cen­si­ta­rio del sistema di for­ma­zione, sul modello sta­tu­ni­tense. Que­sta stra­te­gia, se por­tata a com­pi­mento, avrebbe come logica con­se­guenza un ulte­riore aggra­va­mento della con­di­zione del sud Ita­lia, dove ine­vi­ta­bil­mente, per ragioni di carat­tere sto­rico, si con­cen­trano le situa­zioni ogget­ti­va­mente meno vir­tuose. Pre­pa­ria­moci dun­que tutti quanti a un’adeguata resi­stenza alla “buona uni­ver­sità” che si pro­spetta per il dopo estate: dato lo scem­pio a cui abbiamo sin qui assi­stito sulla scuola, si trat­terà con ogni pro­ba­bi­lità del sequel di un pes­simo film già visto.


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