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Università, il commissario Laziodisu Ursino: "Diritto allo studio deve essere ripensato"

Il problema è la dispersione alta, solo il 15% degli studenti arriva alla fine del corso triennale", afferma il vicepresidente nazionale Andisu. "Il modello 'branda e minestra' non funziona più, dobbiamo diventare Agenzie della conoscenza"

01/07/2015
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la Repubblica

Cinzia Gubbini

L'anno 2015-2016 è è quello in cui verrà sperimentato il nuovo Isee. Anche nel Lazio, dove studia il maggior numero di universitari (circa 250 mila), una proiezione dell'Ente per il diritto allo studio Laziodisu dice che la platea degli aventi diritto a borse in denaro e posti letto (una boccata di ossigeno per chi deve pagarsi gli studi e magari è anche fuori sede)
rischia di restringersi. Per questo Ente e Regione hanno deciso di alzare la soglia di accesso, anche se di poco. Ne parliamo con il commissario di Laziodisu e vicepresidente nazionale di Andisu, Carmelo Ursino, chiamato due anni fa dal presidente della Regione Luca Zingaretti a metter a posto i conti dell'Ente. Ursino  -  con un passato da amministratore della Società Capitale Lavoro  -  vuole però fare molto di più: "Con il modello branda e minestra non andiamo da nessuna parte  -  dice  -  il diritto allo studio in Italia deve essere ripensato, allargato e reso sostenibile".

Partiamo dalle vostre proiezioni sui benefici del nuovo bando. In quanti rischiano di essere esclusi?
Abbiamo calcolato che includendo l'importo della borsa di studio nei redditi, come prevede il calcolo del nuovo Isee, non avrebbero diritto al beneficio circa 500 persone, ovvero il 3%. Poche. Ma in ogni caso abbiamo deciso di alzare la soglia di accesso. Il nuovo bando prevederà non più 18.195 euro di Isee ma 19.498. Siamo in buona compagnia: la Toscana alza il limite a 20 mila e la puglia a 19 mila. Stiamo studiando gli ultimi ritocchi.

Voi prevedete il 3% di esclusi, mentre la Toscana ne prevede il 14%. Sicuri che i calcoli siano giusti? Perché avete calcolato solo il reddito derivato dalle borse di studio e non il nuovo peso attribuito alle seconde case o alle pensioni di invalidità ? La vostra potrebbe sembrare una previsione fin troppo ottimistica...
Lavoriamo in stretto raccordo con la Toscana, da sempre all'avanguardia nel declinare inclusivamente il diritto allo studio. I dati toscani che a noi risultano sono, per quanto riguarda l'Isee, l'esclusione del 2% degli studenti mentre la stima sul patrimoniale (ISPE) è di circa il 7%. Dati che per quanto riguarda l'Isee non si discostano molto dai nostri, mentre sul patrimoniale si tratta di una stima fatta in un lavoro congiunto con l'Irpet ( istituto di ricerca regionale che purtroppo noi nel Lazio non abbiamo). Ad ogni modo la nostra base di calcolo è certa mentre conoscere le situazioni patrimoniali non dichiarate di ogni singolo studente mi sembra un'operazione che può essere realizzata con grande dispendio di energie e solo in termini di proiezione.

In ogni caso resta il problema storico: su 250 mila studenti nel Lazio solo 17 mila erano idonei lo scorso anno. I numeri delle altre Regioni non sono molto diversi. Perché il diritto allo studio riguarda così poche persone?
Sono d'accordo sul fatto che bisognerebbe fare di più. Vorremo avere più soldi a disposizione e permettere a un maggior numero di studenti di avere una borsa di studio e un posto letto. Il problema, però, è che i soldi non ci sono: il welfare si sta restringendo, non è una novità.

Quindi?
Quindi l'unica strada è cercare altre strade. Nel Lazio ci abbiamo provato: l'anno scorso per la prima volta siamo riusciti a pagare le borse di studio a tutti gli idonei, e a cancellare quella categoria degli "idonei non vincitori" che era un'ingiustizia. Persone che avevano tutte le caratteristiche per ottenere il beneficio, ma che rimanevano fuori a causa di una coperta troppo corta.

Come avete fatto?
Abbiamo usato i soldi del Fondo sociale europeo. Bisogna aguzzare l'ingegno, ma le soluzioni si trovano. In stretto raccordo con l'amministrazione regionale abbiamo usato le risorse residue della vecchia programmazione 2007/2013. Soldi che andavano restituiti e che abbiamo utilizzato invece per il sostegno agli studenti meno abbienti per il conseguimento di competenze formali che faciliteranno il loro ingresso nel mondo del lavoro.

Ma il Fondo sociale non dovrebbe servire per le politiche di occupabilità?
E l'Università non è forse una delle principali leve dell'occupabilità? E' in questo modo che si sostanzia la cosiddetta "terza missione" degli atenei. Si può fare, e infatti lo abbiamo fatto. Tenteremo anche quest'anno. Ma la verità è che, nonostante gli studenti giustamente si concentrino sulla questione delle borse di studio e degli studentati, io credo che le Agenzie per il Diritto allo Studio debbano trasformarsi. E con urgenza. E' tempo di ammettere che il modello "branda e minestra", con i posti letto e le mense per i meno abbienti e più meritevoli, è stato un fallimento. Il paradigma secondo il quale prima si studia e poi si lavora non funziona più. Produce parcheggi, frustrazione e disoccupazione.

Cosa intende?
Basta guardare i numeri, e sono numeri che fanno tremare le vene: su 1 milione 638 mila studenti che in Italia si iscrivono all'Università, solo il 15% arriva alla fine del corso triennale. E di questi solo la metà prosegue verso la laurea magistrale. Possiamo dire che è un successo? A che serve questo diritto allo studio, se poi la dispersione è così alta?

Sarà che branda e minestra è solo per pochi?
Magari fosse così semplice il problema. La criticità sta negli 11 grandi atenei statali (in tutto sono 67 statali, 29 non statali e 11 telematiche) nei quali si concentra il 40% degli studenti italiani. Ma al di là della distribuzione il punto è che deve cambiare la funzione del diritto allo studio. Attenzione: non sto dicendo che non debbano più esserci studentati e borse di studio. Non vorrei essere frainteso. Sto dicendo che le nostre Agenzie devono avere l'ambizione di parlare a quel milione e mezzo di persone che sceglie l'Università e non soltanto agli "idonei" secondo criteri di reddito e merito. L'Università non deve essere un parcheggio. Cominciamo a pensare che studiare all'Università ha uno scopo: trovare lavoro.

Ma il vostro scopo istituzionale non è quello di dare supporto a chi ne ha bisogno? Così non si rischia di fare un po' di confusione tra i ruoli?
Non sono d'accordo. La parola del futuro è politiche integrate. O siamo in grado di suonare tutti i tasti del piano, oppure se ognuno suona il suo non verrà mai fuori un bel pezzo. Nel Lazio la giunta Zingaretti ci sta provando, i risultati secondo me ci sono. L'anno scorso abbiamo finanziato il progetto 'Torno Subito': sono 96 milioni di euro in 6 anni. La platea potenziale è di 7.500 ragazzi. In pratica chiediamo agli studenti di andare all'estero, trovare una esperienza di conoscenza che li appassioni  -  un master, uno stage o un'esperienza di lavoro  -  e di tornare con un progetto da presentare alle aziende del Lazio. Un progetto che porti innovazione nel nostro tessuto produttivo. Infine fare uno stage in quella azienda. Noi paghiamo viaggio, vitto, alloggio e diamo 600 euro al mese in mano al ragazzo. L'anno scorso ne sono partiti quasi in 500, in 300 hanno già concluso l'esperienza. In 18 oggi hanno un contratto di lavoro.

Non sono numero esaltanti... solo 18 occupati?
Il punto è che se non lo avessimo fatto non ci sarebbero stati neanche questi 18 occupati! Senza contare che chi non ha trovato un lavoro ha comunque migliorato la propria formazione, è stato all'estero, è cresciuto. I nostri ragazzi vanno stimolati, devono essere in grado di cercare lavoro, e anche di inventarselo. Per questo dal prossimo anno alla Sapienza avremo anche il progetto "Porta Futuro Università", un vero help desk che aiuterà il singolo ragazzo a conoscere meglio le proprie potenzialità e a capire quale può essere il suo futuro nel mondo del lavoro. Sei agronomo? Vediamo quali sono le offerte di lavoro. Non ci sono offerte di lavoro? Vediamo se esistono corsi in Italia o all'estero che potrebbero migliorare la tua occupabilità. Non ci sono? Ti aiutiamo a fare un tuo progetto personale e a trovare le risorse per realizzarlo

Insomma, vorreste diventare una Agenzia per l'impiego?
Molto meglio: vogliamo diventare una Agenzia per la conoscenza.
I ragazzi vogliono studiare per avere una vita, se lasciano l'Università è perché non vedono sbocchi. Diritto allo studio deve significare diritto ad avere la certezza che studiare all'Università, investire in conoscenza, non è una perdita di tempo.


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