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Università, Fedeli «salva» gli atenei telematici

Esplora il significato del termine: Il decreto della ministra scongiura il giro di vite previsto da Stefania Giannini a dicembre. «Scelta di buon senso», spiega Fedeli. Le università dovranno adeguarsi alle nuove norme sui docenti entro l’anno accademico 2019/2010Il decreto della ministra scongiura il giro di vite previsto da Stefania Giannini a dicembre. «Scelta di buon senso», spiega Fedeli. Le università dovranno adeguarsi alle nuove norme sui docenti entro l’anno accademico 2019/2020

10/02/2017
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Corriere della sera

Due anni di proroga per mettersi in pari con in nuovi requisiti: la ministra Valeria Fedeli concede alle università tempo fino al 2019/20 per rispondere alle nuove regole sui docenti previste dal decreto firmato dall’ex ministra dell’Istruzione Stefania Giannini il 12 dicembre dello scorso anno. Confermando il suo stile pacificatorio, Fedeli è venuta incontro alla richiesta della Conferenza dei rettori di una maggiore gradualità di attuazione delle nuove regole. Deroga anche per l’introduzione delle lauree professionalizzanti, che sembravano sovrapporsi agli ITS (istituti tecnici superiori, scuole ad alta specializzazione tecnologica): verrà attivata una cabina di regia con tutti i soggetti interessati, compresi gli studenti. «Si tratta di una scelta di buon senso, di un atto necessario», spiega Fedeli. Con la proroga dei tempi previsti dal decreto di dicembre, non potranno essere introdotti nuovi corsi nei prossimi tre anni, ma gli atenei potranno «introdurre i nuovi parametri relativi al rapporto tra docenti e studenti senza danneggiare l’offerta esistente» e avendo il tempo per «attivare nel frattempo un apposito piano di reclutamento».

I nuovi numeri dei docenti

Perché la ministra Fedeli parla di reclutamento? Perché in effetti, uno dei principali requisiti richiesti dal decreto Giannini- e a ben vedere quello che ha messo più in allarme gli atenei, soprattutto quelli telematici- c’è il numero minimo dei docenti previsti per corso. Per i corsi di laurea convenzionali o misti (che hanno cioè sia didattica tradizionale che in parte telematica) sono previsti 9 docenti per un corso di laurea triennale, di cui almeno 5 a tempo indeterminato; 6 per la magistrale, di cui almeno 4 assunti; 15 per la laurea magistrale a ciclo unico di 5 anni, di cui almeno 8 con contratto pieno; 18 per la laurea magistrale a ciclo unico di 6 anni, di cui 10 professori a tempo indeterminato. Quadro che cambia per le professioni sanitarie, scienze motorie, servizio sociale, mediazione linguistica e traduzione e interpretariato, ma anche per tutti i corsi di laurea sperimentale ad orientamento professionale. In questi casi serviranno 5 docenti, di cui almeno 3 professori a tempo indeterminato, per la laurea; 4 (di cui 2 a tempo indeterminato) per la magistrale. Sono invece dieci i docenti richiesti, di cui almeno la metà assunti, per i corsi di scienze della formazione primaria e laurea magistrale a ciclo unico per il restauro. Criteri specifici vengono applicati anche agli atenei a distanza. In questo caso serviranno dai 12 ai 7 professori, più i tutor. Ovviamente i criteri considerano il numero massimo di studenti per corso, che sono anche questi fissati per legge (ad esempio nell’are medico sanitaria possono esserci al massimo 75 studenti per classe, nell’area scientifico tecnologica dai 100 ai 180, nell’area umanistico-sociale dai 200 ai 250).

Il rapporto sbilanciato

Il decreto Giannini puntava proprio a stroncare il business degli atenei a distanza, che, secondo un’inchiesta di Internazionale di qualche giorno fa sulla «lobby telematica al Senato», gestiscono quasi 60 mila studenti con meno di 200 docenti di ruolo. Le cosiddette università online hanno avuto una crescita esponenziale dal 2004, primo anno di attivazione sotto l’ala di Letizia Moratti ministra, passando da poco meno di 1500 iscritti agli oltre 58 mila del 2015. Attualmente sono 11, tutte private, e arruolano il 3,5% degli studenti: studenti a cui chiedono cospicue rette ma a cui dedicano molta meno attenzione di quanto sarebbe necessaria, se ogni docente di ruolo ha una media di 319,8 studenti a fronte dei 32,3 delle università tradizionali e se, anche considerando i ricercatori a tempo determinato, rimangono comunque sugli 88,7 studenti rispetto ai 30 degli atenei comuni. Un rapporto che il decreto Giannini avrebbe riequilibrato drasticamente, scontentando diversi senatori dell’arco parlamentare, da Area Popolare al Pd a Forza Italia alla Lega. Ma il decreto Fedeli è intervenuto per scongiurare scontenti e proteste: c’è tempo fino al 2020 per adeguars


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