Università e ricerca: ricominciare dopo la Gelmini
Dopo i tagli devastanti del governo Berlusconi, è ora di ricostruire questi settori. Il sindacato avanza le sue proposte: dal ripristino delle risorse a uno stanziamento straordinario per il diritto allo studio, passando per la stabilizzazione dei precari
Dopo la pesante eredità lasciata dal ministro Gelmini, l'università e la ricerca italiana devono ripartire: bisogna voltare pagina subito, rilanciare il sistema pubblico con gli investimenti, superare la logica devastante dei tagli indiscriminati. E' questo il tema dell'iniziativa organizzata oggi (30 gennaio) dalla Flc Cgil, il sindacato della conoscenza, che presenta un dossier dal titolo "Ricostruiamo la Ricerca, l'Università e l'Alta Formazione Artistica e Musicale" (leggi la sintesi). L'organizzazione presenta un dossier e lancia una serie di proposte perché, spiega, "sono indispensabili interventi urgenti. Il governo e le forze politiche devono assumere queste priorità".
UNIVERSITA'. Le iniziative del governo Berlusconi "hanno ridotto gli spazi di autonomia degli atenei attribuendo un ruolo preponderante al Miur e al Mef", spiega il sindacato. Adesso bisogna ripartire dai pilastri: didattica, ricerca, diritto allo studio. Devono essere cancellati i tagli al Fondo per il Finanziamento Ordinario delle Università che nel 2012 si ridurrà dell’6,65% rispetto al 2008. Inoltre il sistema di ripartizione su base premiale non funziona: "l'impressione è di una premialità 'aggiustata' - si legge -. La ragione è semplice: senza risorse non esiste merito".
Occorre uno stanziamento straordinario a favore del diritto allo studio che privilegi il sistema delle borse di studio per tutti gli aventi diritto, superando il modello del prestito d’onore che non può funzionare in un momento di grande precarietà nel lavoro e con salari d’ingresso di pura sussistenza. L’aumento delle tasse universitarie e le richieste di una liberalizzazione di questa fonte di finanziamento, continua il dossier "appartengono ad una idea assolutamente arcaica di Università. Piuttosto è necessario che venga inserita una maggiore progressività fermi restando gli attuali limiti che devono essere resi vincolanti".
Da subito bisognerà operare con un intervento straordinario che tolga il blocco creato nel reclutamento universitario. Da un totale di docenti e ricercatori di circa 60.000 unità, si è scesi agli attuali 56.000 e le proiezioni indicano una quota di 44.000 nel 2018.
Tra i guasti del "sistema Gelmini" si può annoverare anche l’aver strutturato l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione) come braccio operativo del Ministero, e non invece come soggetto di valutazione terzo ed indipendente dal potere politico. "Si sono colpevolmente ridotte le competenze del Consiglio Universitario Nazionale, organo elettivo di rappresentanza del sistema universitario. Inoltre l’inizio dell’attività di valutazione è segnato da scelte sbagliate sui criteri e sulle modalità. Indispensabile interrompere questo processo è avviare una discussione pubblica per rivederne alcuni dei presupposti".
La Flc è contraria all'abolizione del valore legale del titolo di studio. Questo, spiega, "significa consentire lo smantellamento definitivo dell’università pubblica. Più che discutere di abolizione del valore legale si deve puntare alla costruzione di un sistema di accreditamento dei corsi universitari fondato su standard qualitativi minimi, al di sotto dei quali il titolo rilasciato non ha valenza universitaria".
RICERCA. La ricerca in Italia è vicina al collasso. Questo il grido d'allarme che arriva dal sindacato, come illustrato nel dossier: "In particolare per quanto riguarda gli enti l’evidente sottodimensionamento della nostra rete di ricerca pubblica richiede interventi finanziari urgenti che partano dal recupero del tagli subiti negli ultimi 4 anni oscillanti tra il 9 e il 20% dei fondi ordinari".
L’obiettivo del governo precedente era chiaro: ridurre l’autonomia della ricerca e le risorse disponibili. "Emblematico il caso dello statuto del Cnr dove, tra le altre assurdità, si prevede un tetto alla spesa per il personale determinato sul fondo ordinario che non potrà superare il 75%. Questa operazione è stata sostenuta da una campagna diffamatoria che ancora prosegue su alcuni organi di stampa".
Diversamente da quanto sostenuto anche di recente dal Corriere della Sera, infatti, “su 10 euro di spesa, 7 vanno a coprire gli stipendi del Cda, delle segreterie, dei dirigenti a ministrativi e della burocrazia centrale” le risorse destinate alle strutture scientifiche sono oltre il 75% del totale, non il 30%. Infatti, le cosiddette spese dell’amministrazione centrale dell’ente comprendono gli stipendi degli oltre 7.000 dipendenti (il personale amministrativo, operante nella sede di Piazzale Aldo Moro a Roma e negli oltre 100 istituti sparsi in tutta Italia, è pari al 13% del totale). Senza considerare che il vero problema del nostro sistema di ricerca come è il bassissimo numero di ricercatori come dimostrano i dati già citati.
Quindi la proposta dell'organizzazione: "Per gli enti di ricerca riteniamo indispensabile un miliardo di euro in 5 anni che dovrà aggiungersi alle risorse tagliate negli ultimi anni. Una parte dovrà essere destinata al fondo ordinario degli enti di ricerca che andrà incrementato del 15% per il primo anno e del 10% ogni anno per il 4 successivi mente 500 milioni di euro andranno destinati ad un piano straordinario di reclutamento e stabilizzazione dei precari". Assoluta priorità deve essere incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.
Va ripreso il percorso di stabilizzazione previsto dalle Finanziarie 2007 e 2008. Questo infatti "non si configura come sanatoria generalizzata ma come strumento di eliminazione, oltre che di una palese ingiustizia, anche di un insopportabile blocco al ricambio generazionale dei vertici delle istituzioni di ricerca". Dal punto di vista fiscale - poi - bisogna premiare chi inizia una nuova attività di ricerca, serve una regia unica tra ministeri e occorre definire un sistema unico di valutazione per distribuire le risorse aggiuntive.
La Federazione della conoscenza ha illustrato anche le proposte per l'alta formazione artistica e musicale, un comparto di recente definizione (autonomo per legge dal 2001), come si può leggere nella sintesi della ricerca.