Università del Sud sul piede di guerra:
La protesta dei 17 atenei contro il decreto Punti organico, definito "devastante". Alleanza tra studenti, ricercatori, docenti precari e dirigenti
Non ce la fanno più, e fermano le lezioni. Sono le diciassette università del Sud. Sfiancate da vincoli per loro proibitivi - poche, quest'anno, riusciranno a restare dentro gli obblighi ministeriali alla voce spese per il personale - colpite dal decreto Punti organico che sottrae personale proprio agli atenei meridionali, si fermano. Dopo le lettere al ministro dei quattro rettori pugliesi ("un decreto devastante") e il grido angosciato del presidente della Regione Nichi Vendola ("Gli atenei del Sud si trovano in serissime difficoltà nell'erogazione dei servizi istituzionali"), giovedì molte università non terranno lezioni. C'è un accordo tra diversi rettori, associazioni studentesche come la Link, sindacati come la Cgil scuola: "Blocco della didattica". E questo nel giorno in cui i diciassette rettori meridionali incontreranno il ministro Maria Chiara Carrozza a Roma.
L'incontro, inizialmente, doveva avvenire all'Università Federico II di Napoli. Poi si sono temute controassemblee, si è temuto il soffio dei centro sociali locali, e la visita della Carrozza a Napoli era stata spostata all'Università Orientale. Anche questa soluzione, tuttavia, è parsa a rischio, così il ministro ha rinunciato a scendere al Sud e ha chiesto la convergenza dei rettori a Roma.
Sono dieci giorni che studenti, ricercatori, molti docenti lavorano al blocco della didattica. L'Università del Salento, giovedì, aprirà alle dieci di mattina un'assemblea
per tutti. Le altre, Foggia, il Politecnico e l'Università di Bari, la prevedono alle undici. L'Università di Bari, la sera, si aprirà anche alla città: "Open night". Alla Federico II di Napoli il blocco durerà tre ore, dalle undici. Altre iniziative si svolgeranno all'Università degli studi del Molise, all'Orientale di Napoli, all'Università della Calabria. Il rettore di Foggia, Giuliano Volpe, si è spinto più in là di tutti nel definire lo stato dei luoghi del Sud destinati alla pubblica conoscenza: "La strategia è lucida e diabolica, vogliono chiudere le nostre università".
La situazione di questo autunno inoltrato ricorda la miccia che accese le proteste anti-Gelmini del 2010, lo sciopero dei ricercatori universitari il 29 aprile. Ci fu una grande assemblea a Milano, rappresentativa di 35 atenei, e da allora tutti si astennero dal tenere lezioni. Questa volta si registra un'alleanza inedita di studenti, ricercatori e prof precari con i dirigenti delle indebitate università meridionali. Il rettore della Federico II, Massimo Marrelli, in polemica con il ministro ("Questo sistema di redistribuzione delle risorse tende a zero studenti e zero docenti") annuncia di rinunciare a un secondo mandato. E in queste ore i direttori generali - gli uomini della spesa - di undici atenei statali di Campania, Basilicata, Puglia e Calabria fanno sapere al ministro che si sono uniti per supportare l'azione dei loro rettori: "Con il decreto varato non riusciamo più ad assumere nessuno", hanno scritto, e "il costo standard dello studente deve essere parametrato sulla realtà territoriale in cui lo studente vive".
Dice Alberto Campailla, portavoce degli universitari di Link: "Se il governo non provvederà a inserire nella legge di stabilità un correttivo rispetto al decreto Punti organico si assumerà la pesantissima responsabilità politica di chiudere tanti atenei del Sud Italia". Il ministro Carrozza offre questo punto di vista: sul decreto Punti organico non si può tornare indietro, ma chiedo ai rettori del Sud "di essere ambiziosi" e dico agli atenei più piccoli che "l'unico modo per evitare rischi di chiusura è quello di consorziarsi con gli atenei maggiori".{C}