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«Università, chiamata diretta dei prof e turnover dei giovani ricercatori»

L'annuncio del ministro Giannini: «Basta con i concorsi, rendere più trasparente l’abilitazione e liberiamo la ricerca dai vincoli della Pubblica amministrazione»

09/05/2014
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Corriere della sera

Leonard Berberi

Nessuna nuova riforma. Ma una serie di provvedimenti importanti. Nessuno stravolgimento. Ma un cambio di approccio. Soprattutto: libertà per gli atenei di assumere chi vogliono. Meno soldi alle università che non raggiungono la sufficienza. E ancora: un’abilitazione scientifica nazionale meno complicata. Una «Biennale» della ricerca per rilanciare l’Italia a livello internazionale. E, in parallelo, scorporare la spesa destinata proprio alla ricerca dal comparto della Pubblica amministrazione e dai suoi vincoli.

La «mentalità tribale»

È la rivoluzione «dolce» del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini che, di fatto, manda in pensione la «riforma Gelmini». A partire dall’ambito accademico. Dove esiste ancora, spiega il numero uno del Miur, una mentalità «tribale» di molti professori che «spesso si pongono come primo obiettivo la conservazione e lo sviluppo della propria specie». Una mentalità che l’esponente di Scelta Civica promette di combattere. «Cambierò tutto», dice. «Non faremo un’altra riforma, ma cambieremo molte cose».

La «chiamata diretta»

«Credo che i concorsi locali vadano aboliti per decreto – spiega il ministro a margine del convegno «The State of the Union» a Fiesole (Firenze) –. Sono convinta che le singole università debbano poter chiamare in totale autonomia chi vogliono, rispettando gli standard internazionali». Ma, avverte, «se qualcuno decide di assumere al posto di uno scienziato capace un candidato meno bravo ma raccomandato, l’ateneo sarà duramente penalizzato sotto il profilo economico». E «a chi non raggiunge risultati, per dirla brutalmente, taglierò i soldi. Una cosa che non ha mai fatto mai nessuno. Gli strumenti normativi già esistono, ma finora non c’è stata la volontà politica di usarli».

Abilitazione scientifica nazionale «più trasparente»

Se gli atenei saranno così liberi di prendere chi vogliono, il tutto dovrà avvenire pescando dal «bacino» di docenti che saranno considerati idonei dalle procedure di Abilitazione scientifica nazionale. Ed è, questo, un aspetto molto delicato. Perché l’Asn è la tappa che può aprire la strada – o sbarrarla – ai concorsi universitari per diventare docenti ordinari o associati. Ma la sua prima applicazione non è andata proprio bene tra denunce, ricorsi al Tar, scienziati e ricercatori di fama mondiale «bocciati», lettere di esperti internazionali e premi Nobel che chiedono al Miur di rivedere il meccanismo. Per questo bisogna cambiare. «Il sistema dell’abilitazione va trasformato, reso più trasparente. Le regole sono troppo complicate, il marasma normativo ha lasciato spazio all’opacità», continua.

Le «commissioni permanenti»

Qual è la soluzione, quindi? «Vorrei creare commissioni permanenti per le varie discipline – spiega il ministro –. I blocchi, come si è visto, producono fiumane di candidati e decine di migliaia di domande, gli esami diventano difficili e poco controllabili. Bisogna passare dalle “tornate concorsuali” a giudizi “a sportello”. Le commissioni, naturalmente, devono essere rinnovate dopo un certo periodo. Poi, dopo aver ottenuto l’abilitazione da parte della comunità scientifica di riferimento, il candidato potrà essere assunto».

Ricerca scorporata dalla PA

Non solo. Stefania Giannini – durante un convegno organizzato da Miur, Accademia dei Lincei e Società italiana per il progresso delle scienze – propone anche di «scorporare la ricerca dal comparto della Pubblica amministrazione e dai vincoli che questa impone». Un tema sul quale «il ministro Madia si aspetta da me un contributo: ce lo siamo dette». «Se non togliamo il mondo dai ricercatori dalle regole della Pa – ragiona il vertice del Miur – con i relativi vincoli nel turnover e le difficoltà relative alla mobilità internazionale, difficilmente riusciremo a incentivare la posizione dei nostri giovani ricercatori nel confronto con quello che accade nel resto del mondo».

La «Biennale della ricerca»

Il ministro lancia poi l’idea di una «Biennale della ricerca» con l’obiettivo di rilanciare il nostro Paese in questo settore, soprattutto nell’ambito di Horizon 2020, il programma di finanziamenti della Commissione europea da 80 miliardi di euro. Una «Biennale» che metta insieme «tutti gli attori, pubblici e privati» e che dia il suo contributo anche all’occupazione. Se tra sei anni «sarà investito in ricerca il 3% del Pil – calcolano dal ministero dell’Istruzione – si potrebbero ottenere 3,8 milioni di nuovi posti di lavoro». 


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