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Università, allarme matricole in fuga: a settembre 35 mila iscritti in meno

Per gli atenei possibili perdite per 46 milioni di euro. I più esposti sono quelli con più studenti fuori sede o svantaggiati. Per evitare l’emorragia di iscritti: reddito di Istruzione e «blended education»

19/05/2020
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Corriere della sera

Antonella De Gregforio

Partita la Fase 2, per le università il «restart» rimane un’incognita. Per i tempi, innanzitutto: dal 15 giugno sono previste riaperture, ma solo parziali; si continuerà ancora per molto tempo con la didattica a distanza. Una ripresa reale sarà possibile solo a fine settembre, con il nuovo anno accademico, quando almeno gli atenei più piccoli saranno in grado di accogliere nuovamente gli studenti in aula. Le facoltà più affollate potrebbero iniziare da remoto, per poi passare al rientro in aula nei mesi successivi. E se alcune attività hanno continuato ad essere svolte in presenza, come la ricerca, per lezioni ed esami il modello misto potrebbe durare a lungo. Quasi tutti hanno pronti i protocolli di sicurezza, per tutelare studenti e personale: barriere in plexiglass negli uffici aperti al pubblico, servizi da prenotare via mail o app, percorsi da seguire e indicazioni per il distanziamento tracciati sul pavimento, controllo della temperatura , dispenser per la disinfezione delle mani. Tutto pronto, insomma. Tranne, forse, gli studenti.

Il crollo delle matricole

Perché se le previsioni economiche fossero confermate, con una contrazione del Pil a fine 2020 che il Fondo Monetario Internazionale stima del 9,1%, potrebbe crollare anche il numero di nuovi immatricolati. Secondo l’Osservatorio Talents Venture (società di consulenza specializzata in servizi di orientamento e sviluppo di soluzioni a sostegno dell’istruzione universitaria), l’emergenza economica - che riduce le risorse a disposizione delle famiglie - e quella sanitaria, che limita la propensione a spostarsi per studiare, potrebbero provocare una perdita complessiva di 35mila studenti: l’11% delle matricole totali. Che passerebbero dalle circa 297mila dell’anno scorso, a 262mila. In gettito da tasse universitarie, la perdita per gli atenei si tradurrebbe in 46 milioni di euro in meno. Una stima che potrebbe addirittura peggiorare in base all’andamento dell’emergenza sanitaria.

Chi perderà di più

Ad essere più colpite potrebbero essere le università che ospitano la maggior parte di studenti fuori sede o appartenenti ai contesti socioeconomici più fragili. Quelli dove i non residenti sono più numerosi e che rischiano di avere meno matricole, il prossimo anno, sono gli atenei di Bologna (dove si concentra il 9,6% di tutti gli studenti immatricolati fuori sede), Ferrara (7,6%), Politecnico di Milano (4,9%), Politecnico di Torino (4,3%) e Cattolica (4,1%). A livello di singolo ateneo, i più esposti all’emorragia saranno i privati e quelli con una quota di fuori sede superiore al 50%. E cioè, calcola Talent Ventures, Ferrara con 4mila immatricolati fuori sede: il 67% dei nuovi studenti), Bocconi (con il 68% degli oltre 2.700 studenti che non risiede in Lombardia) e Trento (quasi 1.700 immatricolati fuori sede, il 61%).

Studenti cinesi

Gli Afam, poi (Accademie di Belle Arti e Conservatori) sarebbero ancora più esposti ai possibili impatti del Covid-19, visto che contano complessivamente il 15% di iscritti stranieri, contro il 5% dei quelli complessivi delle università: oltre 12mila studenti, di cui ben il 50% proviene dalla Cina. Secondo Moody’s una contrazione della domanda di studenti internazionali cinesi (tra quelli più rappresentati in tutto il mondo) potrebbe generare una crisi tra le università del globo. In Italia, oltre agli Afam, potrebbero risentirne principalmente i Politecnici di Milano e Torino, e l’università di Firenze, che accolgono il 48% degli studenti cinesi in Italia..

Fuori sede e università a distanza

Gli studenti che si iscrivono a un corso di laurea che si svolge in una regione diversa da quella di residenza sono il 22% del totale, secondo l’Anagrafe degli studenti: una popolazione che cresce del 4,2% l'anno. Una mobilità che la pandemia rischia di fermare, a favore degli atenei telematici, che - pensati per consentire di frequentare le lezioni a distanza - potrebbero diventare il «new normal». Questi atenei raggruppano già oggi il 76% degli immatricolati fuori sede e negli ultimi dieci anni hanno registrato una crescita media del 13% l’anno. Negli Stati Uniti, l’American Council of Education (che raggruppa più di 1.700 università ed enti di formazione) riportava a inizio aprile una previsione di una perdita del 15% di immatricolazioni per le università americane nel prossimo anno accademico: ciò risulterebbe in 23 miliardi di dollari di ricavi in meno, senza contare i mancati ricavi per housing, mense, servizi ricreativi e servizi per studenti e professori (altri 11miliardi di dollari).

Soluzioni innovative

Come contrastare gli effetti di un’economia meno ricca e la nuova paura di aggregarsi in luoghi chiusi o di spostarsi in altre città per seguire la propria vocazione? Tra le soluzioni che potrebbero limitare la contrazione di nuovi immatricolati nell’anno accademico 2020/21, il Rapporto suggerisce strumenti di finanza innovativi: «Oltre a borse di studio e prestiti d’onore, un “Reddito di Istruzione” - si legge - per permettere a tutti gli studenti di iscriversi all’università a costo zero». Una sorta di “prestito” da restituire dopo l’ingresso del laureato nel mondo del lavoro. E modalità didattiche innovative ristrutturate in chiave «blended»: lezioni ripensate utilizzando il meglio dei due canali, frontale e a distanza. «L’online - si legge - dovrà essere utilizzato per attività che possono essere svolte da remoto e in modo asincrono. L’offline dovrà essere preferito per valorizzare l’interazione, il confronto e l’apprendimento sul campo». «Tutto il possibile in presenza, tutto il necessario da remoto», per esempio, è l’approccio dell’Università Cattolica, che farà partire il prossimo anno accademico con il nuovo piano «#eCatt» che, fatto tesoro delle sperimentazioni svolte negli ultimi mesi, prevede una modalità didattica integrata tra fruizione tradizionale delle lezioni, con presenza in aula di studenti e docenti, e diffusione digitale, per permettere a tutti di seguire al meglio il corso di studi anche da casa.

Orientamento in streaming

Intanto, si reinventa anche l’orientamento: niente Saloni, quest’anno, per presentare le offerte dell’istruzione superiore, ma un po’ tutte le Università, scuole specialistiche, accademie, hanno condiviso i loro piani di studio in rete; e per scegliere cosa fare dopo la scuola superiore è nata anche una piattaforma che raccoglie tutta l’offerta formativa. Il «Salone dello Studente, Campus Orienta» la manifestazione che in 30 anni di vita ha coinvolto oltre 6 milioni di studenti su tutto il territorio italiano, ha lanciato «Campus Orienta Digital». Un ambiente digitale dove, come nei saloni fisici, i ragazzi trovano, in streaming e attraverso webinar, le guide che li accompagnano nella scelta del loro futuro.


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