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Unitò: Il divario fra Nord e Sud dietro quei 5 in condotta

Fallimento: i ragazzi vanno ascoltati non basta un voto. Bullismo: un problema della società che entra nella scuola. Intervista a Marco Rossi Doria

02/03/2009
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l'Unità

S.C.Il dato che più attira l’attenzione di Marco Rossi Doria è che soltanto il 3% delle famiglie che devono mandare i figli in prima elementare abbia scelto le classi a 24 ore settimanali. «Era questa la prima versione annunciata dalla Gelmini, ora possiamo dire che è definitivamente fallita e archiviata», dice il maestro che ha fondato il progetto Chance, per i ragazzi a rischio dei quartieri di Napoli.

Sorpreso dall’aumento delle insufficienze?

«No perché è un dato purtroppo costante, da una decina d’anni».

E dei 35 mila casi di cinque in condotta, che dice?

«C’è un ragionamento diffuso tra i docenti secondo cui l’insufficienza in condotta al primo quadrimestre può essere uno strumento per spingere i ragazzi a non fare tante assenze, non arrivare in ritardo, comportarsi meglio. Sarà interessante vedere se verrà usato in percentuale maggiore che in passato alla fine dell’anno, come motivo di bocciatura. Se cioè i consigli di classe, in seguito a questo cambiamento apparentemente solo nominalistico dal 7 al 5 in condotta, assumeranno un atteggiamento più duro».

Il 5 in condotta non sembra avere avuto influsso sugli studenti, a giudicare dai tanti fenomeni di bullismo segnalati, non crede?

«Il problema c’è, viene dalla società e si riverbera sulla scuola. Ma stiamo parlando di un problema culturale, di autogoverno dei ragazzi, di costruzione responsabile e progressiva di quello che gli psicanalisti chiamano super-io, di comportamenti sociali accettabili e non, di comprensione dei diversi contesti. È cioè una questione che richiede un lavoro molto complesso, non si risolve introducendo l’insufficienza in condotta».

Che ne pensa del fatto che il Sud ha il record dei 5 in condotta e delle insufficienze, soprattutto negli Istituti professionali?

«Sono almeno 15 anni che cresce con costanza il divario tra Nord e Sud. È una questione legata alle assenze e al fallimento formativo generalmente inteso».

Come si può intervenire?

«È un discorso complesso, che ha come base indispensabile un cambio di atteggiamento del mondo adulto verso i ragazzi, che vanno ascoltati. E comunque non basta una riforma, tanto più come questa».

Come giudica i dati riguardanti le elementari, con il 56% delle famiglie che ha scelto le 30 ore e soltanto il 3% le 24 ore?

«È una chiara bocciatura della proposta iniziale del ministro Gelmini, quella cioè di ridurre per tutti a 24 le ore scolastiche. E una difesa del modulo classico, quello di 30 ore. Nel caso non fosse bastata la sollevazione dell’Onda e i malumori espressi anche tra l’elettorato di centrodestra, ora le famiglie hanno detto con chiarezza che non vogliono veder tornare i loro bambini da scuola a mezzogiorno e mezza, come facevamo noi da piccoli, e che il tempo prolungato viene giudicato utile per l’istruzione dei loro figli».


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