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Unità-Venticinque aprile, "ricordate che questo è stato"

Venticinque aprile, "ricordate che questo è stato" MARCO RIZZO Resistenza. Sull'altare della libertà e dei valori dell'antifascismo e dell'orgoglio di patria immolarono se stessi uomin...

19/04/2005
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l'Unità

Venticinque aprile, "ricordate che questo è stato"

MARCO RIZZO

Resistenza. Sull'altare della libertà e dei valori dell'antifascismo e dell'orgoglio di patria immolarono se stessi uomini e donne coraggiosi, offrendo il dono più prezioso: la vita. A sessant'anni di distanza quel sacrificio corre il rischio di essere vanificato: partigiani - comunisti e socialisti, azionisti e cattolici - si stagliano sullo sfondo di una memoria opaca come fantasmi, peggio ancora, alla stregua di spettri. La verità storica è infatti gravemente compromessa, infangata da una compagine governativa indegna di quelle eroiche gesta: da anni, nella società e nelle istituzioni, la "nuova destra" in doppio petto, pretendendo una legittimazione che le verrebbe da fittizie intenzioni di sdoganamento dei disvalori del Ventennio, sta attuando con pervicacia una strisciante operazione di revisionismo storico che permea tutti i settori. Ne sono prova tangibile le pubblicazioni di testi faziosi, che gettano una luce sinistra sui protagonisti di quegli anni e ne mettono in dubbio anche gli eventi, peraltro suffragati dalle testimonianze dei pochi combattenti ancora in vita: la Resistenza non fu guerra civile. Fu lotta contro l'invasore nazista e per la liberazione dalla tirannide fascista. E ancora: il Fascismo non fu una dittatura morbida. Ci sono pagine sepolte negli archivi, che hanno impresso il dolore di chi provò sulla propria pelle l'abominio dei campi di concentramento, anche in Italia, e delle regole spietate che vigevano al loro interno, o l'atrocità degli interrogatori con sevizie e torture di ogni genere. Ricordate che questo è stato: le parole di Primo Levi risuonano oggi come quelle di una Cassandra inascoltata. La subdola operazione di fare passare Mussolini come un grande statista e i luoghi di confino come mete di villeggiatura non trova uno straccio di giustificazione storica, né la teoria che solo Hitler e le Ss, dunque solo i tedeschi e magari anche pochi - erano criminali. Purtroppo, non tutti sanno che dopo l'8 settembre 1943, vi era fra gli italiani - si stima intorno ai 20.000 ­ chi pronunciò il giuramento nibelungico "Meine Ehre heisst Treue" (il mio onore si chiama fedeltà) attraverso il quale si giurava fedeltà al Reich. Le Ss italiane combattevano a fianco dei ragazzi di Salò e non certo per liberare l'Italia dall'oppressore straniero. Alla luce di questi dati incancellabili, ogni tentativo di mettere sullo stesso piano i morti delle due parti ­ repubblichini e partigiani - appare offensivo, grottesco e insensato, così come i diversi progetti di legge che la destra porta avanti in tal senso, l'ostracismo verso l'Anpi, o le dichiarazioni di scherno, alla La Russa per intenderci ("ho altro da fare", "ognuno commemora chi gli pare") che servono ad offuscare una memoria che andrebbe costantemente alimentata e indagata. Inquietanti sono infatti le analogie che si possono riscontrare tra la fase complicata che stiamo attraversando e quel terribile periodo: difficoltà economica, Italia in ginocchio, perenne e voluto conflitto tra istituzioni, prevaricazione di gruppi di potere rispetto alla legge. Mussolini aveva nei confronti dei giudici la stessa diffidenza che il premier Berlusconi nutre nei confronti della magistratura. Per questo istituì il Tribunale Speciale, costituito non da magistrati ordinari, ma da gerarchi della Milizia fascista, venendo così meno alla tripartizione dei poteri che trova fondamento nelle teorie illuministe e la prima applicazione pratica in Europa in Francia con la Rivoluzione Francese. È bene ricordare che per i condannati era impossibile presentare ricorso rispetto alle sentenze emesse dal Tribunale Speciale, il quale venne istituito con la legge del 25 novembre 1926 ed avrebbe dovuto restare in vigore per cinque anni, ma la sua validità venne prorogata sine die, al punto che cadde di fatto insieme al regime, nel 1943, col decreto Badoglio del 29 luglio. È bene rispolverare quelle pagine per constatare le menzogne che vengono oggi, dette scientemente sui comunisti, a partire da un dato che parla da solo. Su 70.930 partigiani caduti, 42.558 erano comunisti. E delle 5.619 sentenze comminate nei 17 anni di vita del Tribunale Speciale, 4.596 furono condanne. Di queste, circa 4030 furono ai danni di comunisti (che sommarono 23.000 anni di carcere), 22 degli anarchici con 300 anni, 12 dei socialisti con 104 anni, 323 di generici antifascisti con 1296 anni, 42 degli appartenenti a Giustizia e Libertà, con 349 anni.
Dobbiamo stare in guardia rispetto all'autoritarismo populistico proprio del berlusconismo e contrapporre una altra Weltanshaung: quella che affonda le proprie radici nell'uguaglianza, nella libertà e nella solidarietà. Il 25 aprile saremo nelle piazze a commemorare coloro che hanno dato la vita anche per noi: è il giorno della memoria; rappresenta la sintesi più alta di tutte le esperienze politiche e umane schierate per la democrazia. Non è retorica. Il 25 aprile è una data simbolica del patrimonio fondativo della Repubblica che trova nell'equilibrio mirabile della Costituzione italiana la sua massima espressione.

L'autore è Presidente
della Delegazione
dei Comunisti italiani
al Parlamento Europeo


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