Unità: università, quanto pesa sulla società
Alessandro Figà Talamanca-DOCENTE UNIVERSITARIO
La spesa annua per studente universitario in Italia è la più alta del mondo dopo USA, Svizzera e Svezia». Questa affermazione infondata ha dominato negli ultimi mesi il dibattito sull'università italiana. L'affermazione è apparsa, credo per la prima volta, sul Corriere della Sera, a settembre. E' rimbalzata nei dibattiti televisivi, ripetuta trionfalmente dal leghista Roberto Cota. Ma non è stata solo la destra a farla propria. E' stata ripresa da "La Stampa" in un articolo del 31 ottobre che ha meritato il "Premio Polena". Il Riformista del 30 novembre scorso, nel riportarla, ha addirittura titolato un articolo "Abbiamo gli universitari più finanziati del mondo". Eppure i dati del rapporto OECD "Education at a glance" sembrano contraddire questa affermazione: la spesa annua per studente universitario in Italia è di 8026 dollari, al di sotto della media dei paesi OECD che è di 11521. Ma attenzione! Come precisato nella nota tecnica del documento, ci sono tre paesi Austria, Germania e Italia che non distinguono tra studenti a tempo pieno e studenti a tempo parziale. Per questi paesi la spesa annua risulta sottostimata. Per ovviare a questo inconveniente l'OECD calcola la spesa cumulativa per la durata effettiva degli studi. In questo calcolo, spiega lo OECD, la mancata indicazione degli studenti a tempo parziale è ininfluente perché "l'effetto si compensa, dal momento che contare gli studenti a tempo parziale come studenti a tempo pieno conduce ad una sottostima delle spese annuali e ad una sovrastima della durata degli studi". L'Italia, con una spesa cumulativa di 41.285 dollari per studente, è ancora sotto la media OECD che è di 47.159 dollari. I paesi la cui spesa cumulativa, per tutta la durata degli studi, supera quella dell'Italia sono 12 (tra questi Francia, Gran Bretagna, Germania, e Spagna), solo 9 paesi hanno invece una spesa inferiore. Insomma spendiamo poco anche quando si tiene conto dei ritardi negli studi.
Ma va di moda dire tutto il male possibile delle università pubbliche. Perciò si ignorano i dati ed i calcoli dello Oecd, e si preferisce compensare per i ritardi negli studi degli studenti italiani, classificando "a tempo parziale" tutti gli studenti. Se ogni studente conta per metà, la spesa media italiana si raddoppia, e a questo punto è superata solo da Usa, Svezia e Svizzera. Le tavole e le note tecniche dell'Oecd sono difficili da leggere. È più facile moltiplicare per due la spesa universitaria italiana, e consente anche titoli gridati. Ma non è buon giornalismo, specialmente quando si nega spazio a smentite e precisazioni.