Unità-Università, la grande rivolta: parte Firenze
Università, la grande rivolta: parte Firenze I professori: "Pronti a bloccare l'ateneo". Proteste anche a Padova, L'Aquila, Napoli, Palermo Diego Giorgi Daniele Castellani Perell...
Università, la grande rivolta: parte Firenze
I professori: "Pronti a bloccare l'ateneo". Proteste anche a Padova, L'Aquila, Napoli, Palermo
Diego Giorgi
Daniele Castellani Perelli
FIRENZE I docenti e i ricercatori dell'Ateneo fiorentino sono sul piede di guerra e prospettano un rinvio o una sospensione di una o due settimane dei corsi di laurea, ai nastri di partenza o appena cominciati. Sul banco degli imputati il disegno di legge del ministro Moratti per il riordino della docenza universitaria, già approvato dalla commissione cultura della Camera. Il coordinamento dei docenti fiorentini, i lettori, il personale tecnico-amministrativo e le rappresentanze studentesche dell'Ateneo, contro il decreto del ministro, hanno deciso di dichiarare lo stato di agitazione. Per il trenta settembre i docenti hanno convocato un'assemblea generale, aperta a tutte le componenti universitarie, in cui verranno decisi i tempi e le modalità della sospensione della didattica e delle altre possibili forme di lotta. "Se vogliamo salvare l'università occorre bloccarla - spiega Luciano Barbi, ricercatore confermato, titolare del corso di statica alla facoltà di Architettura e coordinatore dell'Andu per l'Ateneo di Firenze -. Non è nostra intenzione far saltare l'anno accademico o un intero semestre e in qualsiasi iniziativa che adotteremo prevarrà il senso di responsabilità soprattutto verso gli studenti e le loro famiglie. Se sospenderemo cercheremo di far capire a tutti i soggetti che ruotano attorno al mondo universitario lo scenario drammatico che andrà ad instaurarsi se il decreto verrà approvato dal Parlamento".
Piano di lotta. L'obiettivo è quello di costruire in maniera ragionata e efficace un piano di lotta comune, una piattaforma di azione estesa e rappresentativa entro la quale racchiudere l'intero mondo accademico, dai docenti, ai ricercatori, agli studenti di ogni facoltà. Due, in sostanza, i punti di scontro con il disegno di legge del ministro Moratti, sui quali poggia l'intera protesta del mondo accademico: la messa in esaurimento dei ricercatori universitari e la sua sostituzione con figure precarie, l'abolizione del tempo pieno che rischia, a detta dei docenti, di trasformare in maniera progressiva gli atenei in luoghi di secondo lavoro per professionisti. "Privare l'università italiana della linfa prodotta dal mondo della ricerca è un atto criminale, non solo per la didattica, ma per l'intera società civile - continua Barbi -. Stanno demolendo una struttura senza che all'orizzonte vi sia un'opzione sostenibile. Dietro al decreto legge c'è il nulla, e questo la dice tutta sull'attuale maggioranza".
In trincea. La protesta, intanto, si allarga in tutta Italia, e coinvolge in particolare Napoli, Roma, Palermo e L'Aquila. "Siamo in trincea già da marzo - spiega Andrea Genovese, coordinatore dell'Udu partenopeo, il sindacato degli studenti - Il nostro obiettivo è quello di ricompattare il movimento per l'autunno, creando un fronte unico con i ricercatori, i docenti e il personale tecnico-amministrativo". "Ci sono delle resistenze - ammette Genovese - da parte dei ricercatori, ma speriamo che si riesca ad unire le forze. Noi siamo contro questa riforma approvata con un colpo di mano, contro il cosiddetto "percorso a Y", che non esiste in nessun altro paese europeo". A Napoli la protesta dovrebbe sfociare in una settimana di mobilitazione nel mese di ottobre: "Azioni dimostrative, simboliche - aggiunge Genovese - ci stiamo riflettendo, ma quel che è certo è che vogliamo una università pubblica, a basso costo, e di qualità".
Le resistenze che a Napoli non consentono ancora un fronte compatto non si verificano invece a Padova: "Oggi un'assemblea deciderà la nostra linea - spiega Maria Luisa Caldon dell'Udu di Padova - Ogni ateneo sceglierà autonamente la propria forma di protesta, ma sono già sette mesi che da noi si è creato un fronte unico". "C'è grande solidarietà verso la richiesta dei ricercatori di ritiro del ddl Moratti - aggiunge - perchè la ricerca è la motrice dell'Università".
Supplenze rifiutate. E se a Palermo i ricercatori della facoltà di Ingegneria hanno rifiutato le supplenze, bloccando così l'attività di docenza per due settimane, a La Sapienza di Roma il quadro è identico: anche nel più grande ateneo d'Italia la facoltà d'Ingegneria l'inizio dei corsi, previsto per il 27 settembre, è slittato, e i presidenti dei 13 corsi di laurea, due giorni fa, hanno rassegnato le dimissioni. A L'Aquila è invece Medicina ad accelerare la protesta. Il consiglio di Facoltà ha votato all'unanimità il rinvio dell'inizio dell'attività didattica dal 4 all'11 ottobre, in segno di solidarietà e di sostegno alla protesta dei ricercatori di tutte gli atenei italiani. "È in gioco la credibilità stessa del sistema universitario - ha dichiarato il preside Ferdinando Di Orio, che è anche rettore in pectore - che sin qui si è fondato su un'organizzazione che prevede tre fasce docenti e un equilibrio di funzioni e compiti, non modificabile a colpi di leggi delega".
Padova, Firenze, L'Aquila, Roma, Napoli e Palermo. Il ddl Moratti, ecco un provvedimento del governo che finalmente unisce il paese.