Unità: Università, il regno dei rettori
In carica anche per 16 anni Da Campobasso a Modena mandati a ripetizione, e a Pisa e a Firenze modificano gli statuti
di Valeria Giglioli
SEMBRA un’epidemia, quella che sta colpendo i rettori delle università italiane. Perché negli atenei ferve una particolare attività: va di moda modificare gli statuti, in proporzioni più o meno consistenti. Un’attività che ha un effetto collaterale «sui generis», dato che, per consue-
tudine ormai consolidata e grazie all’inserimento di norme transitorie, porta con sé la possibilità di azzerare i mandati già svolti. E, di conseguenza, di ricandidarsi alla guida dell’università dribblando le disposizioni che fissano in gran parte delle università italiane un limite di due mandati per i “magnifici”. Il risultato? Rettori in carica per 9, 10, anche 12 anni: a Cagliari si è arrivati a 16, con il 74enne Pasquale Mistretta che l’anno scorso ha inaugurato il 6° mandato. «È una situazione generalizzata - spiega il segretario generale della Flc Cgil, Enrico Panini - Siamo di fronte ad un bricolage istituzionale, mentre di modifica in modifica quelle dei rettori finiscono per configurarsi come cariche a vita». Caso eclatante è quello di Campobasso, dove addirittura lo statuto dell’Università del Molise non prevede un numero massimo di mandati: tanto che il rettore Giovanni Cannata è in carica dal 1995 e sta concludendo il suo 4° triennio; in questi giorni è in corsa per la quinta volta. Basta guardare indietro per rintracciare qualcosa di simile a Macerata, dove nel 2003 il rettore Febbraio ha passato la mano dopo 4 elezioni e 12 anni alla guida dell’ateneo. A Modena il rettore Giancarlo Pellacani, in virtù delle modifiche apportate allo statuto, resterà in carica fino all’ottobre 2008, lasciandosi alle spalle tre mandati triennali. Non va diversamente a Firenze, dove è in corso il lavoro di una commissione, ma una parte dei cambiamenti è già stata approvata ed ha consentito al rettore Augusto Marinelli di correre alle elezioni che lo hanno proiettato nel suo 3° mandato. Per restare in Toscana, la Scuola Normale ha mutato (più di 200 articoli modificati) nel 2006 il volto dello statuto, introducendo la possibilità di un 3° mandato, seppur corredata da una clausola che richiede la maggioranza dei 2/3 per l’eventuale rielezione. Ma che non dovrebbe ostacolare la terza ascesa (se sceglierà di correre) di Salvatore Settis, in carica dal 1999. Anche l’Università di Pisa si sta muovendo: a metà marzo sono partiti i lavori di una commissione incaricata di fare proposte su possibili modifiche. Se fossero approvate prima dell’ottobre 2008 l’attuale rettore Marco Pasquali, eletto per la seconda volta lo scorso anno, potrebbe puntare a ricandidarsi. Ancora: Guido Fabiani, rettore di Roma III, è al 3° mandato, mentre sono in corso modifiche dello statuto; a Foggia e ad Ancona gli statuti sono già stati cambiati e i rettori sono stati eletti per la terza volta. «In questa situazione - continua Panini - gli atenei si stanno dando regole del tutto autoreferenziali. Dietro al meccanismo delle modifiche statutarie, in molte occasioni si costruisce un sistema di alleanze che piega l’azione universitaria al raggiungimento di un preciso risultato». Il cuore della questione è l’autonomia universitaria: «Serve un’autonomia “sana”, per evitare che ognuno faccia per sé - conclude il segretario Flc - E sulla durata degli incarichi c’è bisogno di una regola nazionale vincolante». Il rischio di una degenerazione dell’autonomia è sentito anche dagli studenti: «È necessario - spiega Daniele Giordano, responsabile nazionale dell’Unione universitari - che governo e parlamento facciano una riflessione seria sul sistema universitario per capire come regolamentarlo: serve una verifica generale, non più politiche di riduzione del danno». Nel frattempo il fenonemo della moltiplicazione dei mandati è all’attenzione del ministero dell’università e della Crui. Che, al momento, sono impegnati nelle valutazioni del caso.