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Unità: Unitariamente divisi:i tormenti del sindacato

Appelli e spaccature

28/09/2008
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l'Unità

Bruno Ugolini

È stato il giorno di una possibile riscossa sindacale. Ma anche il giorno delle divisioni e degli appelli unitari. La nuova divaricazione tra le confederazioni sindacali sembra segnata. È come se Epifani da una parte e Bonanni dall’altra, giunti ad un bivio, avessero intrapreso strade diverse. E non sarà un bene per le possibilità di successo del mondo del lavoro. Ma chi ha ragione e chi ha effettivamente abbandonato il convoglio unitario? È vero, la Cgil ha occupato le piazze ieri da sola. Era giunta però a questa decisione dopo che la Cisl aveva respinto ogni proposta di mobilitazione.

Non si può non ricordare come Guglielmo Epifani abbia speso energie, fin dall’inizio del suo insediamento in qualità di segretario generale della Cgil, a favore del ripristino dell’unità sindacale. Non mancando di scontrarsi con opinioni diverse presenti nella sua stessa organizzazione.Ed era riuscito a ritessere una tela di rapporti unitari in coincidenza, del resto, con atteggiamenti aperturisti della Cisl di Bonanni. Anche ieri, parlando di uno sciopero nella scuola non più rinviabile, viste le scelte del governo, si è augurato una scelta unitaria. Temiamo che non ci possa essere. Nella Cisl oggi non mancano certo le proteste circa i diktat della ministra Gelmini ma non s’intende passare all’azione. È indetta un’assemblea a Roma per il 4 ottobre dedicata ai problemi in larga misura sollevati dalla stessa Cgil, ovverosia occupazione, salari, difesa dei diritti dei lavoratori e del pensionati. Ma senza ipotizzare forme di lotta.

Perchè tale atteggiamento “buonista”? La risposta sta nelle analisi diverse. Quanto sta innovando il centro-destra di palazzo Chigi non preoccupa più di tanto. E allora non si ipotizza di ricorrere all’iniziativa sindacale, bensì al “dialogo”. Come se i due termini fossero antitetici.

C’è però forse qualcosa di più. C’è la tentazione di leggere i recenti risultati elettorali come il formarsi di un’opinione consolidata e crescente anche nel mondo del lavoro di cui non si potrebbe non tenere conto. Un’opinione insofferente nei confronti del sindacalismo contrattualista e se occorre conflittuale. Quindi la spinta per un sindacalismo “partecipativo” a tutti i costi. Magari con un’idea della partecipazione che riguarda più gli apparati che i lavoratori. Nonchè l’ipotesi (già presente nel passato nella Cgil) di costruire due poli sindacali equiparati ai due poli politici. Non sono fantasie. Leggo su Conquiste del lavoro, quotidiano della Cisl, in uno scritto del direttore Francesco Guzzardi: «Davvero la semplificazione della rappresentanza politica degli ultimi 15 anni sarebbe un male se avvenisse nel sindacato?». Un interrogativo che non tiene conto, mi pare, della complessità del mondo sindacale. È impossibile ignorare, ad esempio, come nel popolo della Cisl sia forte la presenza di una componente affezionata a idee e valori del centrosinistra. La “semplificazione” sindacale appare poco praticabile. Meglio sarebbe la strada dell’autonomia. O no?


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