Unità: Una ministra nel Paese dei balocchi
sortite del nostro ministro, almeno quelle udite fino a oggi, non hanno avuto il potere di entusiasmarmi, non mi hanno portato dalla sua parte. Mi sembrano, anzi, dettate da un maldestro progetto di "restaurazione".
Fulvio AbbateDue settimane fa, su queste stesse pagine, ho preso in seria considerazione alcune gagliarde affermazioni del ministro della Pubblica Istruzione, la compita e puntigliosa Mariastella Gelmini. Riguardavano il problema dei compiti a casa, soprattutto quelli che i ragazzi devono (o comunque, si spera, dovrebbero) svolgere durante le vacanze estive. Troppi e ingiustificati, secondo alcuni. Il minimo che possa toccare a degli studenti, secondo altri che, immagino, hanno avuto modo di apprezzare perfino l’idea di rendere obbligatorio il grembiule o, perché no, la "divisa", giusto per citare una delle tante "perle" offerte al mondo della discussione dal dicastero gelminiano.
Personalmente, nel mio commento ai fatti ho assunto la posizione di un Franti o, se preferite, ho buttato giù una bella apologia del Gian Burrasca di Vamba. Non so se l’ho fatto per spirito di contraddizione, resta però da confessare che le sortite del nostro ministro, almeno quelle udite fino a oggi, non hanno avuto il potere di entusiasmarmi, non mi hanno portato dalla sua parte. Mi sembrano, anzi, dettate da un maldestro progetto di "restaurazione". Per dirla con un’immagine prosaica, mi appaiono ispirate al caldo motto del "mo’ t’insegno io!". Sia pure pronunciato con un sorriso beato, un sorriso da educandato, da adesione ai dettami di una certa scuola privata, un istituto dove la divisa è d’obbligo, è addirittura motivo d’orgoglio, insieme ai calzettoni bianchi e le scarpe di vernice. Inutile aggiungere che questo modo di pensare mostra controluce l’obiettivo di cancellare per sempre la "cattiva esperienza" del Sessantotto, l’inizio della fine, la morte di ogni senso delle proporzioni.
La mia risposta non è però piaciuta a un lettore, e per giunta professore, che mi ha infatti scritto un messaggio severo, lo stesso che qui riporto quasi integralmente: "Egregio Abbate, sono un insegnante. Trovo il Suo articolo sulla scuola e sulla Gelmini (che pure non amo affatto e che non ho certo votato) pieno dei più vieti luoghi comuni demagogici con cui certa sinistra ha contribuito (assieme al cavaliere) a distruggere la scuola italiana a tutto danno dei meritevoli di estrazione sociale più bassa. Gramsci aveva tutt’altro concetto dello studio e della necessaria fatica che comporta! Legga il mio libro "Studenti nel paese dei balocchi" (per altro recensito positivamente proprio sull’Unità) e forse capirà qualcosa di più della reale condizione della scuola italiana. Paolo Mazzocchini". Nell’attesa d’essere illuminato dalla lettura del testo in questione, vengo intanto a scoprire che, nel frattempo, l’ormai immancabile ministro Gelmini ci ha fatto dono di un’ennesima battuta sulle carenze dell’istituzione scolastica pubblica nelle figure dei "professori meridionali". A suo avviso, questi, i prof del Sud, avrebbero infatti bisogno di affinare i propri strumenti, così da raggiungere lo stesso standard dei colleghi del Nord. Non tutti l’hanno, ovviamente, presa bene.
Come se non bastasse, dalla Francia giunge la notizia che nelle scuole elementari dell’Esagono d’ora in poi vigerà la settimana corta, ossia gli scolari frequenteranno per soli quattro giorni appunto a settimana. E questo per "far respirare la mente, e liberare la creatività", almeno secondo l’opinione di Xavier Darcos, che in Francia svolge lo stesso lavoro della nostra Mariastella Gelmini. Se le cose stanno così, se perfino un paese scolasticamente severissimo, o comunque poco incline allo sbarco, trova il tempo di riflettere (e di intervenire con un provvedimento per nulla indolore per le famiglie: dotarsi subito di una baby sitter!) sul problema dell’ozio necessario, sull’organizzazione del sapere, anzi, dei saperi. Se le cose stanno così, andremo incontro a una schiarita, o piuttosto c’è da immaginarne delle nuove belle?
f.abbate@tiscali.it