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Unità: Una discussione aspra non una resa dei conti

Una discussione aspra, dura, nel massimo organismo dirigente della Cgil.

23/10/2007
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l'Unità

di Bruno Ugolini

Una discussione aspra, dura, nel massimo organismo dirigente della Cgil. E non poteva essere altrimenti dopo quel che c’è stato nel recente passato, a proposito del protocollo concordato col governo e portato alla consultazione dei lavoratori. Certe accuse, come quella di aver trasformato la principale Confederazione italiana in un’organizzazione di imbroglioni, intenti a camuffare le schede, avevano avuto ripercussioni pesanti nelle Camere del Lavoro, nelle diverse categorie. Era stata ritenuta, in sostanza, un’offesa alla dignità, alla storia della Cgil.
Ed ora, certo, una riunione che sviluppa animatamente le riflessioni dei giorni scorsi. Con l’impegno, diversificato negli accenti, delle diverse anime solitamente etichettate per le loro preferenze extrasindacali (con i favorevoli al Partito democratico, i favorevoli alla possibile unità delle sinistre, e quelli ancora agnostici sui possibili sbocchi politici). Ma rimarrà deluso, credo, chi ipotizzava una specie di caccia alle streghe, di resa dei conti contro i "dissenzienti". Non è mai stato nel costume dell’organizzazione di Di Vittorio, Novella, Lama, Pizzinato, Trentin, Cofferati. La Cgil non hai mai vestito i panni di una specie di soviet supremo. Semmai quella avviata ieri appare come una riflessione politica esplicita, critica ed autocritica, tesa a chiarire le idee a se stessi, ai lavoratori e agli osservatori esterni. Evidenziando impostazioni e rimedi, successi e difetti. Non la voglia di mettere sul banco degli imputati le persone (Rinaldini o Cremaschi o Nicolosi, per conto di Fiom, Area 28 aprile, area Lavoro e società) bensì le politiche. E’ il tentativo, in definitiva, di enucleare quelli che sono gli aspetti errati di una politica messa in campo e contrapposta a quella della Confederazione. Con che obbiettivo? Quello di impedire che nel futuro tali comportamenti debbano potersi ripetere.
E’ un atteggiamento pacato ma severo che traspare dalla relazione di Guglielmo Epifani, nella sua analisi del voto di cinque milioni di lavoratori, con l’importanza della stragrande maggioranza dei "Si" al protocollo. Senza ignorare il malessere diffuso, presente non solo nella minoranza dei "No". Anche per questo ora più che al passato occorre guardare al futuro, alle prossime scadenze di lotta: lo sciopero della scuola, quello del pubblico impiego e quello dei metalmeccanici, la manifestazione del 27 novembre sul fisco.
E’ così che si può contribuire a quella rinnovata voglia di partecipazione che nasce nel Paese. Lo ha testimoniato la stessa manifestazione di sabato sul lavoro precario, intelligentemente mantenuta in una linea di correttezza dai veri organizzatori (ovverosia Rifondazione comunista, Pcdi e Fiom). Anche se non ha aiutato né sindacati né forze parlamentari alla definizione di obiettivi immediatamente praticabili. Una volontà propositiva che invece animerà i prossimi appuntamenti della Cgil, in una rinnovata unità con Cisl e Uil.
Magari anche per denunciare, senza rifugiarsi nell’indifferenza, chi veramente, di fronte ad un Paese un po’ attonito, sta attentando alle sorti del governo di Romano Prodi.


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