Unità: Un Paese senza welfare
Siamo di fronte al più massiccio attacco allo Stato sociale mai attuato da governo conservatore in Europa
Nicola Cacace
Obiettivi di governo
Siamo di fronte al più massiccio attacco allo Stato sociale mai attuato da governo conservatore in Europa. L’insieme dei provvedimenti varati e annunciati dal governo Berlusconi sulla scuola, sulla sanità, sull’assegno sociale discriminante per gli extracomunitari, sulla sicurezza del lavoro, sulla tutela della maternità, formano un corpo organico ispirato ad una filosofia di liberismo capitalista sconfitto dalla storia. Questi signori arrivano in ritardo di 20 anni sul «Washington consensus».In ritardo rispetto a quella ricetta in 10 punti (deregulation finanziaria, privatizzazioni a gò gò, imposte personali non progressive, smantellamento dello stato sociale, aperture indiscriminate agli investiementi esteri) formulata nel 1989 per il Fondo monetario e che tanti danni ha fatto nel mondo, dal Cile alla Russia.
Oggi anche l’Economist in passato favorevole, ha fortemente criticato la filosofia del Consensus. Il nostro Tremonti lo fa in parte, quando critica la deregulation finanziaria. La stessa crisi del capitalismo americano, sempre più finanziarizzato dai tempi di Reagan, con una deregulation incontrollata e il pratico smantellamento del Welfare, oggi mostra la insostenibilità economica oltre che morale di quella filosofia. Tanto vero che nelle campagna presidenziale in corso, temi come la sanità pubblica e il diritto universale all’istruzione sono portati avanti non solo da Barak Obama ma anche dal candidato repubblicano Mc Cain. E questo per un motivo semplicissimo: i dati sulla crisi dell’economia americana ed occidentale - mentre il mondo continua a crescere quest’anno del 4%, malgrado l’aumento dei prezzi delle materie prime - mostrano che i Paesi che meglio si comportano sono quelli che hanno da sempre considerato lo sviluppo economico strettamente connesso alla valorizzazione del capitale umano e quindi ad un moderno Welfare. La prova? In testa a tutte le classifiche internazionali per quanto riguarda reddito unitario, distribuzione del reddito, occupazione, investimenti diretti esteri in entrata, parità uomo donna, anche natalità, si trovano regolarmente Paesi che da sempre hanno coniugato sviluppo e Welfare, come Olanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia subito seguiti da Germania e Francia. E Berlusconi che fa? Opera il più vasto smantellamento dello Stato sociale e delle politiche del lavoro.
L’elenco è lungo, la scuola è in testa con 8 miliardi di tagli in 3 anni, 2000 piccoli istituti scolastici chiusi, 150mila posti di lavoro cancellati. Il provvedimento più odioso ed infamante, chiaramente razzista, è quello di negare l’assegno sociale a qualche migliaia di immigrati regolari, ultrassentacinquenni e poveri che magari hanno lavorato in nero per noi. Malgrado in Italia si muoia di lavoro due volte più che in Francia, Germania ed Inghilterra, l’ineffabile ministro Sacconi minaccia, un giorno sì ed uno no, di peggiorare la buona legge sulla sicurezza del lavoro, varata da Damiano e Prodi; lo fa purtroppo con l’appoggio della Confindustria, che mentre esprime giornalmente solidarietà ai morti sul lavoro, ha il coraggio di considerare “punitiva” una legge che prevede, per gravi omissioni imprenditoriali, sanzioni penali inferiori a quelle degli evasori fiscali. E che dire del provvedimento allora varato all’unanimità dal ministro Damiano, per impedire la vecchia procedura delle “dimissioni in bianco” firmate all’assunzione dalle impiegate e utilizzato in funzione antigravidanza? Si vuole cancellare anche quello. Vergogna! Senza parlare della tragicomica vicenda dei precari delle Poste, e non solo, fregati da un provvedimento chiaramente illegale se non anticostituzionale. In conclusione siamo di fronte al tentativo di cancellare quell’economia sociale di mercato che non solo decenni di lotte politiche e sindacali hanno affermato in Italia e in Europa ma che si sta dimostrando modello vincente nel mondo di fronte ai fallimenti del capitalismo ultraliberista. Mi auguro proprio che questi provvedimenti non passino nell’interesse dell’economia oltre che per problemi, evidenti, di civiltà.