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Unità-Un paese senza le controriforme della Moratti, di Maroni, di Tremonti

Un paese senza le controriforme della Moratti, di Maroni, di Tremonti di red CGIL CISL UIL partono da un'analisi. Semplice ma efficace: Tutto dimostra il fallimento della politica economica del g...

10/03/2004
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l'Unità

Un paese senza le controriforme della Moratti, di Maroni, di Tremonti
di red

CGIL CISL UIL partono da un'analisi. Semplice ma efficace: Tutto dimostra il fallimento della politica economica del governo fondata su ricette quali meno tasse, meno vincoli, tagli alle pensioni come soluzioni di tutti i problemi. Da qui la piattaforma unitaria, dal titolo ambizioso: Costruiamo il futuro. Piattaforma che si articola su tre grandi capitoli.

LA POLITICA ECONOMICA
Contro il declino industriale il sindacato rivendica un ruolo attivo del governo, anche ripensando gli strumenti di indirizzo. Tradotto significa che occorre ripensare l'intero sistema degli incentivi alle imprese in funzione della via alta alla competitività. Quindi aumento della spesa nazionale in ricerca e sviluppo, come sottolinea il documento sottoscritto a giugno 2003, con Confindustria, quindi nuova politica territoriale che migliori le condizioni di competitività ed attrattività dei distretti industriali e dei sistemi produttivi territoriali, quindi contratti di localizzazione per favorire l'insediamento d'investimenti esteri, di produzione e ricerca e attivare un circuito di trasferimento dei risultati della ricerca e di tecnologie nel sistema d'impresa a livello regionale.
Gli interventi sulla politica industriale devono collocarsi entro il modello europeo che si basa su regole sedi e strumenti della corporate governance, l'introduzione d'organismi di vigilanza, l'esercizio dei diritti d'informazione e consultazione a livello d'azienda e di territorio. Occorre, inoltre, consolidare una rete di solide istituzioni economiche e di regole affidabili per la trasparenza dei bilanci, l'attendibilità delle informazioni economiche, la fiducia dei risparmiatori verso gli investimenti azionari non speculativi.

Il Mezzogiorno
Si parte da un dato: la crescita del Mezzogiorno s'è fermata. Le risorse per il Mezzogiorno sono state progressivamente ridotte: da 36.906 milioni di euro, stanziati nel bilancio di previsione dello Stato del 2001, a 32.240 nel 2002, ed a 31.094 nel 2003. Ma il problema di fondo è che gli impegni di spesa non si traducono, nei fatti, né in nuovi cantieri, né in investimenti, ma in residui. La competitività del Mezzogiorno richiede allora interventi nel campo delle politiche industriali, della ricerca e dell'innovazione, del credito, dell'istruzione e della formazione; politiche da seguire con rigore e continuità. Va invertita la tendenza alla riduzione della spesa per le infrastrutture e occorre conseguire l'obiettivo di una quota della spesa in conto capitale destinata al Mezzogiorno pari al 45 %. La programmazione negoziata deve tornare ad essere un asse strategico e vanno valorizzate alcune strutture finalizzate allo sviluppo del Mezzogiorno, a partire da Sviluppo Italia.

Politiche del lavoro
Per il sindacato il lavoro è una risorsa che va valorizzata e che non può essere considerata alla stregua di un costo variabile per l'impresa. Sulla scia di quanto previsto al vertice europeo di Lisbona, occorre puntare sulla qualità del lavoro, investendo per la crescita del capitale umano attraverso la formazione e l'apprendimento continuo, nella convinzione che un mercato del lavoro forte e tutelato è fattore di competitività e di sviluppo qualitativo. I lavoratori a tempo determinato e quelli parasubordinati, che rimangono a lungo in una condizione di precarietà e di incertezza, come coloro che lavorano in impieghi di bassa qualità, tendono a restare catturati in una condizione da cui difficilmente sono capaci di uscire da soli. Si determina, infatti, un rischioso circolo perverso tra precarietà e dequalificazione, che colpisce inevitabilmente le potenzialità professionali degli occupati. Questi soggetti conoscono spesso condizioni di lavoro più penose e maggiori rischi per la salute e la sicurezza rispetto agli altri lavoratori. Ecco perché occorre realizzare un sistema articolato di ammortizzatori sociali per il quale prevedere la necessaria copertura economica. Ripristinare negli incentivi al lavoro criteri di selettività che privilegino quelli finalizzati alla stabilizzazione occupazionale come vanno raccordati i cambiamenti di lavoro tra formazione, sostegno ai periodi di non lavoro e tempi di passaggio tra un lavoro all'altro. Così come vanno fiscalizzati gli oneri contributivi del lavoro a più bassa qualifica. Occorre in sintesi dotare di tutele e certezze per il futuro alle flessibilità contrattate riducendo l'area della precarietà.

Politica dell'ambiente
Le politiche ambientali si sono sostanzialmente indebolite negli ultimi anni, con finanziamenti inferiori al 50 % della media europea. Su vari aspetti rimane, poi, un grave stato di incertezza rispetto ai controlli ed all'effettiva spesa delle somme stanziate. Permangono le carenze istituzionali per il mancato potenziamento delle strutture del sistema delle Agenzie per l'Ambiente, sia nazionali che regionali, e per l'incapacità ad attivare un dialogo con tutti i soggetti coinvolti e le stesse associazioni ambientaliste. Le tematiche ambientali devono, invece, essere sempre più integrate nei sistemi di produzione e di consumo, avere un'importanza crescente per soddisfare la domanda di risorse naturali pregiate, dall'acqua alle fonti di energia, e per rendere sostenibile, socialmente, ecologicamente ed economicamente, lo sviluppo. Il paese rischia la paralisi e l'arretramento produttivo se la politica ambientale non recupera la credibilità di misure basate tutte sulla partecipazione, la trasparenza, il confronto leale e responsabile di tutti i soggetti in causa. Le scorciatoie tecnocratiche e autoritarie sono controproducenti e portano alla paralisi di qualsiasi decisione, come insegna la vicenda di Scanzano Jonico.
Ecco perché, chiede il sindacato, vanno aumentate le risorse per le politiche ambientali e per la loro integrazione nelle politiche di sviluppo; vanno ripresi i confronti a livello nazionale e decentrato con le parti economiche e sociali per l'individuazione delle priorità e delle modalità di intervento.

Trasporti
In questo settore la crescita del Paese è legata anche alla modernizzazione delle strutture per la mobilità nazionali e internazionale, che deve, quindi, tradursi in incisivi progetti strategici. Questi non vanno visti come la somma algebrica di una serie di realizzazioni infrastrutturali, ma rilanciando l'idea di programmazione contenuta nel Piano Generale dei Trasporti.

LA POLITICA DEI REDDITI
CGIL, CISL, UIL rivendicano una nuova politica dei redditi concertata, finalizzata alla crescita, allo sviluppo, al lavoro di qualità attraverso una politica fiscale equa e redistributiva, il governo delle dinamiche dei prezzi e tariffe al centro e in periferia. Qui "dentro" va affrontato il tema della rivalutazione del potere di acquisto delle pensioni.

Prezzi e tariffe
Il Governo deve avviare tempestivamente un tavolo di concertazione con le parti sociali, le Regioni, gli Enti locali, per disincentivare e sanzionare gli aumenti speculativi, migliorare la concorrenza anche attraverso la realizzare di processi di liberalizzazione, rendere più trasparenti i prezzi, intervenire sulle filiere dalla produzione alla vendita al dettaglio, a partire dal settore agroalimentare. Introdurre opportune ed efficaci misure di incentivi mirati al contenimento dei prezzi. Occorre insomma, una politica fiscale selettiva orientata al contenimento dell'inflazione con incentivi per gli operatori disponibili a concordare e congelare per un determinato periodo i prezzi di un paniere di beni e servizi fondamentali e con disincentivi (aumenti del prelievo rispetto alla media dello studio di settore, a fronte di aumenti abnormi dei prezzi).

La politica fiscale
Il sindacato ritiene fondamentale, per una politica economica "l'utilizzo intelligente della politica tributaria". Che significa? Una politica fiscale fondata sulla progressività, in cui ciascun cittadino partecipi allo sviluppo del Paese in base al reddito posseduto, non concordato, né condonato. E ancora: una politica fiscale che sceglie con le detrazioni, non con le deduzioni, gli obiettivi su cui orientare la solidarietà, soddisfare i bisogni, indirizzare i consumi. Tutti elementi che hanno motivato il rifiuto del sindacato alle decisioni enunciate nella delega fiscale varata dal governo. Cgil, Cisl e Uil, dunque restano convinte che un sistema fiscale con solo due aliquote e con le deduzioni decrescenti mai potrà coniugare i principi di equità e giustizia sociale con sviluppo e progresso che debbono caratterizzare un sistema fiscale, come avviene in tutti i sistemi dei paesi occidentali. Per il sindacato occorre, invece, non applicare la delega fiscale, rielaborarne i principi riaffermando la progressività e l'utilizzo delle detrazioni; assumere la lotta all'evasione ed al lavoro nero ristabilendo l'uso della tenuta obbligatoria della documentazione fiscale al fine di ridare valore allo strumento dei controlli° Realizzare il federalismo fiscale senza aggravi alla pressione fiscale per il lavoro dipendente ed i pensionati, introdurre selettività sulla base della qualità dell'investimento all'intero sistema di incentivi alle imprese, rivedere l'aliquota di imposta sulle rendite finanziarie armonizzandola con la tassazione europea, ripristinare l'imposta di successione sui grandi patrimoni, assumere la famiglia come soggetto centrale della redistribuzione del reddito, confermare le clausole di salvaguardia a cominciare e introdurre con valore etroattivo quella sul TFR. Occorre, infine, ripristinare il recupero integrale del drenaggio fiscale e la parità di imposizione di base tra pensionati e dipendenti, prevedere , inoltre, l'innalzamento della quota di reddito esente ed il ripristino delle specifiche detrazioni per gli ultra settantacinquenni..

I contratti pubblici
Dopo 26 mesi dalla decorrenza dei contratti e, nonostante gli impegni assunti dal Governo con il Protocollo del febbraio 2002, non sono stati ancora rinnovati i contratti di lavoro per circa 280.000 lavoratori, tra i quali le aree delle dirigenze, i medici, i dipendenti delle Università e degli Enti di ricerca. Le risorse economiche stanziate con la Legge Finanziaria per il 2004 per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego (circa 3,6%) rappresentano la metà delle risorse sufficienti a garantire il potere di acquisto delle retribuzioni. Il governo, ignorando palesemente la politica dei redditi, ha disatteso l'impegno a corrispondere il differenziale del tasso di inflazione sul precedente biennio, ad adeguare l'inflazione programmata alla realtà, a finanziare la contrattazione integrativa. Devono ancora essere onorati gli impegni in ordine a molti aspetti, come la realizzazione dei fondi di previdenza complementare, la definizione del confronto sindacale sul tema del TFR, l'armonizzazione della legislazione sul mercato del lavoro, la soluzione del problema del precariato. CGIL, CISL, UIL chiedono quindi al governo un confronto su tutti questi temi per giungere ad un accordo che innanzitutto permetta la conclusione dei contratti 2002/2003 ancora aperti.

LE POLITICHE SOCIALI
Le politiche sociali non rappresentano nè un costo da comprimere nè un obolo alla pace sociale, bensì la condizione per una crescita duratura e sostenibile del sistema economico. La difesa e la qualificazione di un sistema socio-sanitario pubblico e universale, fondato su principi di uguaglianza e solidarietà sono condizioni irrinunciabili per garantire i diritti di cittadinanza.

La Sanità
Nel settore sanitario e socio-sanitario la questione delle risorse, della qualificazione della spesa e degli equilibri di bilancio vive una fase assai critica. In assenza di una netta inversione di tendenza nella politica economica del governo, si rischia il collasso. Occorre, allora, anziché tagliare i finanziamenti, incrementare le risorse per la sanità e le prestazioni sociali, attribuendo al modello socio-sanitario la valenza di investimento produttivo anche come fattore generatore di sviluppo economico e di qualità della vita. Il Fondo sanitario nazionale deve essere progressivamente, ma in tempi certi, adeguato alla media della spesa sanitaria europea e deve seguire i criteri distributivi della quota capitaria ponderata. Una parte delle risorse aggiuntive deve essere destinata a riequilibrare i bilanci sanitari regionali. Un'altra quota, concertata con il sindacato confederale, deve essere finalizzata alle azioni di solidarietà responsabile e cioè a un piano straordinario di riorganizzazione del sistema sanitario nelle aree più deboli del paese, a partire da quelle meridionali, negoziate e verificate in sede di Conferenza Stato-Regioni. Tra le immediate priorità da affrontare nel documento si indicano: l'attuazione in tutto il territorio nazionale dei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea); il recupero della cultura della prevenzione e della riabilitazione, qualificando e ridistribuendo gli investimenti necessari; l'introduzione di elementi di qualità nella efficacia e nella efficienza delle strutture, a partire da una più forte centralità del territorio.

Una nuova politica socio-assistenziale
I sindacati contrastano una politica di contrazione dei servizi attraverso il taglio delle risorse agli enti locali e l'inadeguato finanziamento del Fondo nazionale, perché ciò comporta la messa in crisi di ogni politica di coesione sociale. Vanno pertanto promosse politiche di inclusione che valorizzino le esperienze di vita e le energie umane, superando ogni visione compassionevole e caritatevole; che superino l'esistente frantumazione degli interventi che hanno prodotto risultati insufficienti ed inefficaci; che - partendo dall'applicazione su tutto il territorio nazionale della Legge di riforma 328/2000, valorizzando la concertazione con gli attori sociali - definiscano i livelli essenziali di assistenza sociale, quali diritti di cittadinanza universali; che realizzino interventi di sistema incrementando le risorse finanziarie al Fondo nazionale per le politiche sociali; che riordinino e valorizzino le professioni sociali.
In particolare vanno attivati strumenti di sostegno alle famiglie ed alle persone impedendo il ritrarsi del pubblico dall'erogazione di servizi. Occorre, viceversa, implementare qualità e quantità dei servizi; utilizzare in maniera non sostitutiva trasferimenti monetari; costruire reti e misure che consentano di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Rappresentano priorità assolute la costituzione di un Fondo nazionale a sostegno delle persone non autosufficienti e la definizione di strumenti di lotta alla povertà ed all'esclusione, attraverso misure generalizzate e non assistenzialistiche.

Le politiche per il nucleo familiare
Le risorse finanziarie a favore delle famiglie continuano ad essere del tutto marginali: meno dell'1% del Pil, contro una media del 2,2% esistente nei paesi dell'unione Europea, del tutto iniquo nelle modalità di erogazione e peraltro inadeguato nelle quantità il bonus una tantum previsto dalla legge finanziaria per il 2004 per i figli secondogeniti in poi. La risposta ai nuovi bisogni dati dall'invecchiamento della popolazione, dalla frammentazione delle famiglie e riduzione del tempo e delle risorse per il lavoro di cura, dalle tante e diversificate forme di disagio sociale e di povertà, non può essere trovata nella sola generalizzazione dei bonus. Nel quadro di realistiche possibilità della finanza pubblica, si tratta di avviare una riforma che riporti a maggiore unitarietà gli attuali vari spezzoni di interventi a sostegno delle responsabilità familiari, rivalutando tutti gli istituti oggi esistenti, partire dall'aumento degli importi e dei limiti di reddito; che costituisca una prima e generalizzata base di interventi a livello nazionale, lasciando agli enti locali decisioni di ulteriori integrazioni.

La Scuola e la Formazione
Le scelte di politica scolastica del governo stanno penalizzando e impoverendo la scuola pubblica statale. L'attuazione di una riforma non condivisa, che ha prodotto una grande mobilitazione non solo del personale ma anche delle famiglie, degli studenti e delle organizzazioni professionali, destruttura gli attuali modelli di istruzione e formazione, a partire dal tempo pieno e le esperienze organizzative e pedagogiche, con gravi effetti sull'autonomia scolastica, sulle professionalità degli addetti, sulla qualità dell'offerta formativa. E' urgente, invece, riportare alcune priorità irrinunciabili nell'alveo della primaria responsabilità dello Stato, che non è in contrasto con le competenze costituzionali delle Regioni. Nel confermare il dissenso al primo decreto attuativo CGIL, CISL e UIL rivendicano misure per rendere concretamente esigibile il "diritto dovere all'istruzione" e alla formazione per almeno 12 anni o fino al conseguimento di una qualifica; chiedono di aprire il confronto sui decreti attuativi della secondaria superiore; e di prevedere un sistema nazionale di formazione continua dei lavoratori e di educazione permanente che assicuri la operatività immediata dei Fondi interprofessionali bilaterali. Investimenti certi ed adeguati per la valorizzazione del sistema pubblico di istruzione e formazione e del suo personale.

La Casa
L'attuale emergenza abitativa, particolarmente evidente nelle grandi aree metropolitane, deve essere affrontata, in tempi brevi, con interventi con il rifinanziamento del Fondo nazionale di sostegno ai canoni, il superamento del doppio canale previsto nella 431/98, mantenendo solo quello concertato e con ; interventi fiscali da parte degli Enti locali e delle Regioni che incentivino l'affitto.

Previdenza
Solo un tasso di sviluppo adeguato e la crescita del lavoro di qualità consente di affrontare, in modo corretto, la riqualificazione di un welfare capace di tutelare vecchi e nuovi bisogni sociali evitando di ricercare soluzioni in una logica regressiva.
La scelta fatta dal governo, nella manovra finanziaria 2004, di intervenire sui requisiti richiesti per il pensionamento di anzianità al fine di tagliare la spesa previdenziale,con la finalità di fare cassa per lo stato, è inaccettabile nonostante i pur significativi risultati ottenuti sui restanti contenuti della delega che dimostrano la correttezza dei nostri rilievi e la validità delle nostre proposte. In più, il giudizio che abbiamo dato sulle decisioni del governo deriva anche dal fatto che ha penalizzato i lavoratori a regime contributivo con l'introduzione del requisito anagrafico minimo per il pensionamento senza peraltro eliminare la verifica del 2005; che non ha previsto il completamento della separazione tra spesa previdenziale e spesa assistenziale prima dell'intervento correttivo e non dopo l'attuazione dei tagli.
A ciò si aggiunge la indisponibilità manifestata dal governo sul riequilibrio dei carichi contributivi fra lavoro dipendente e lavoro autonomo e al completamento del processo di armonizzazione dei trattamenti pensionistici.
La maggiore dinamicità della condizione lavorativa e l'aumento dell'aspettativa di vita media della popolazione ripropongono, al contrario di quanto prevede il governo, l'esigenza di una maggiore flessibilità di accesso e della liberalizzazione dell'età del pensionamento, confermando e rafforzando le innovazioni contenute nelle riforme degli anni '90. Sistema che va rafforzato, anche superando ogni tipo di privilegio residuo, per rispondere ai crescenti fabbisogni previdenziali derivanti dalla massiccia diffusione dei contratti di lavoro atipici, flessibili, temporanei o parziali, per i quali ribadiamo l'esigenza di realizzare nuove e maggiori tutele con la totalizzazione della contribuzione versata a diversi Enti, con contribuzione figurativa per il lavoro di cura e per la discontinuità coniugata ad una riorganizzazione degli ammortizzatori sociali.

Riforme istituzionali
Sul versante istituzionale destano preoccupazione le iniziative del Governo per le conseguenze sulle politiche di coesione sociale. CGIL CISL e UIL non condividono le disposizioni che ripropongono la cosiddetta devolution che intervengono direttamente su diritti costituzionali quali la sanità, la scuola e la polizia locale delineando un processo di disarticolazione riguardo alla garanzia di universalità delle tutele e dei diritti essenziali per i cittadini. I sindacati ribadiscono la loro opzione per un federalismo cooperativo e solidale, sono impegnate a contrastare la disgregazione del sistema paese e chiedono un incontro al Governo per la rilevanza che le riforme istituzionali rivestono per il mondo del lavoro.


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