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Unità: Un’altra scuola è possibile. Senza la Moratti

Cosa accadrà il prossimo anno scolastico nella scuola italiana dopo il devastante ciclone della Moratti e all’indomani dell'insediamento del nuovo governo dell’Unione?

17/08/2006
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l'Unità

Piergiorgio Bergonzi

Cosa accadrà il prossimo anno scolastico nella scuola italiana dopo il devastante ciclone della Moratti e all’indomani dell'insediamento del nuovo governo dell’Unione? È una domanda che si pongono otto milioni di famiglie con figli a scuola, insegnanti e studenti, quel grande movimento di lotta che negli anni scorsi ha impedito il realizzarsi nella scuola degli effetti più devastanti della politica della destra.

A questo interrogativo stanno venendo alcune risposte importanti riscontrabili in concreti atti di governo che si accompagnano alle dichiarazioni programmatiche che il ministro ha iniziato a discutere con il Parlamento.

La prima è “la risposta”, fondamentale e sistemica, che tocca il cuore della controriforma scolastica attuata dal centrodestra. Si tratta dell’elevamento, da subito, dell’obbligo di istruzione a 16 anni di età. Quell’obbligo che la destra ha ridotto, cancellandone persino la definizione, attuando la canalizzazione precoce e il precoce avviamento al lavoro e fondando su tale provvedimento un nuovo sistema di scuola classista e della discriminazione.

L’elevamento dell’obbligo è la scelta di fondo che esplicita una volontà politica precisa: quella di tornare alla scuola della Costituzione, all’istruzione come diritto universale; quella di dare sempre più istruzione e sempre più qualificata a tutti. Si tratta di un passo decisivo per l’abrogazione dell’impianto morattiano.

La scelta dell’innalzamento dell’obbligo viene da lontano, viene dai padri costituenti, è scritta nella Costituzione («l’istruzione è obbligatoria e gratuita per almeno otto anni» scriveva la Costituzione 60 anni fa) perché da sempre, e a maggior ragione oggi, essa rappresenta una delle esigenze più urgenti e necessarie della società italiana: quella di elevare il livello di istruzione medio di tutta la popolazione per garantire i diritti fondamentali di cittadinanza, per produrre mobilità sociale, per riattivare processi di trasformazione, di democrazia e sviluppo dell’intera società.

Non casualmente ben sette anni fa il centrosinistra elevò l’obbligo di istruzione. La destra, insediatasi al governo, soffocò la riforma nella culla abrogando quella legge.

Oggi è da lì che il governo dell’Unione vuole e deve subito ripartire commisurando e finalizzando all’elevamento dell’obbligo di istruzione ogni atto riformatore della scuola italiana. Avendo alcune fondamentali consapevolezze. La prima che, approvato il provvedimento, il pieno perseguimento dell’obiettivo non potrà essere che il risultato di un processo. La seconda. Che non si tratterà di un processo facile in quanto oggi, a differenza del passato, elevare l’obbligo di istruzione non significa soltanto “"mandare i ragazzi a scuola”, bensì creare le condizioni perché essi rimangano nella scuola, nei primi due anni e, poi, per tutto il percorso della secondaria superiore (oggi in effetti il 97% dei ragazzi alla fine della terza media già si iscrive alla secondaria superiore, ma ben il 25% ne viene successivamente espulso, soprattutto nei primi due anni).

Ciò richiederà atti di riforma che, a partire dal nuovo biennio unitario di orientamento e di indirizzo, dovranno realizzarsi a monte e a valle dello stesso. Gran parte di essi sono indicati e descritti sia nel programma dell’Unione sia in quello illustrato dal ministro: non saranno di facile realizzazione e dovranno vedere la partecipazione convinta e professionalmente competente anzitutto degli insegnanti e di tutto il mondo della scuola.

La quarta consapevolezza è che un simile processo non potrà realizzarsi a costo zero e che quindi, pur nelle enormi difficoltà di bilancio, bisognerà reperire il massimo delle risorse possibili anzitutto per assicurarne la gratuità.

Da qui, dunque, l’Unione deve ripartire approvando entro il corrente anno il provvedimento sull’elevamento dell’obbligo: in modo che da subito sia chiara a insegnanti, genitori, studenti la prospettiva della scuola italiana e che le famiglie, fin dall’inizio del nuovo anno scolastico, abbiano la certezza di non dover più iscrivere i loro figli alla scuola della discriminazione e della canalizzazione precoce, ma alla scuola di tutti e per tutti.

Nel frattempo il nuovo governo ha assunto alcuni provvedimenti indispensabili per ridare tranquillità alla scuola e per assicurare un inizio “normale” del prossimo anno scolastico. Fra gli altri: si può dire che non ci sono più il portfolio, l’insegnante tutor, le diciotto ore obbligatorie. Scelte vissute con “repulsione” dal mondo della scuola e che alla scuola hanno fortemente nuociuto. Attuerà l’immissione in ruolo circa 20.000 lavoratori precari della scuola, con una opzione che doveva essere quantitativamente più significativa, almeno a coprire il “turn over”. E infine è ormai imminente un provvedimento che sarà considerato meritorio per il governo dell’Unione: l'abrogazione della norma della Moratti che, per gli esami di maturità, istituiva commissioni composte da insegnanti solo interni alla scuola. Una norma che ha portato a una vera e propria, vergognosa, mercificazione dell’esame di maturità, a favore degli affari dei “diplomifici” privati e a scapito della qualità, della “serietà” e della stessa dignità della scuola italiana.

È un inizio, positivo, nella direzione della abrogazione dell’intero progetto della destra sulla scuola.

Responsabile nazionale scuola

del Partito dei Comunisti Italiani


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