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Unità-Ufficio demolizioni

Ufficio Demolizioni Corrado Stajano Storie italiane Attenti agli eserciti in fuga, era stato detto. Commettono nequizie, uccidono, stuprano, incendiano paesi e città. Per paura, per...

14/10/2005
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l'Unità

Ufficio
Demolizioni

Corrado Stajano

Storie italiane

Attenti agli eserciti in fuga, era stato detto. Commettono nequizie, uccidono, stuprano, incendiano paesi e città. Per paura, per vendetta, per spirito di violenza, per salvare la vita. La Casa della libertà non si rassegna alla possibile sconfitta: chissà che si capisca come sono inutili i facili ottimismi. Berlusconi possiede soldi e strumenti per vendere cara la pelle. Sono in gioco non soltanto legittimi interessi politici, ma contano molto gli interessi personali.
Dai rettori agli studenti alle Regioni, non c'è settore interessato all'istruzione e alla formazione che non veda quale arretramento spaventoso producano le varie articolazioni della cosiddetta "riforma" Moratti.
E l'elenco potrebbe continuare: a mettere in ginocchio la sanità pubblica sta provvedendo la Finanziaria, ma non c'è praticamente settore dell'articolazione statuale che sia immune da ferite profonde, che sarà molto lungo, difficile e faticoso non solo guarire, ma anche soltanto lenire.
Ma c'è qualcosa di più e di peggio, qualcosa che infiacchisce ogni speranza di ripresa. Non è mai stato un segreto per nessuno che l'Italia custodisse nelle proprie viscere un fondo limaccioso, fangoso, sporco. Il malaffare largamente inteso, e la malavita nelle sue articolazioni anche para-statuali, accompagnano lo Stato italiano fin dalle sue origini, in una misura tale che mai nessun conflitto ha potuto generare condizioni che permettessero di affondare il bisturi fino ad estirpare il tumore. Con la conseguenza che il compromesso è stato più e più e più volte l'unico strumento praticabile anche per riprendere un orientamento di progresso dopo cambiamenti e rivolgimenti.
La mafia non è certo problema nato oggi, così come la camorra; le banche avevano le mani sporche già ai tempi dello scandalo della Banca Romana; clientelismo e favoritismi non sono certo una novità. A quel fondo limaccioso qualcuno ha attinto, altri hanno tentato con maggiore o minore successo, talvolta a costo della vita, di bonificarlo. Ma fino a un certo punto della nostra storia nessuno, che mi risulti, se n'è mai vantato pubblicamente, o ne ha legittimato apertamente l'esistenza. Così come nessuno si è mai vantato d'essere ladro, o evasore fiscale, o corruttore: si evadeva si corrompeva e si evadeva, ma vergognandosi. Ci fu una sindaca di Palermo, Elda Pucci, di cui molto si parlò a proposito di rapporti con la mafia ed altre malvivenze: lei la parola "mafia" non la pronunciava mai, come se il fenomeno non esistesse, ma non disse nemmeno mai che con la mafia bisognava convivere. E Giulio Andreotti, i cui rapporti con la mafia sono peraltro sanciti da una sentenza, da quell'accusa si è sempre difeso, e non ne ha sicuramente rivendicato il merito. Insomma per la mafia, come per tanti altri aspetti oscuri della nostra convivenza, vigeva un tabù: mafia era una parola brutta, impronunciabile, anche per chi ne traeva profitti elettorali o di altro tipo.
In questa legislatura, ogni tabù è stato infranto. Tutto il fango è stato rimescolato, messo in circolazione. Senza che questo generasse una rivoluzione, o almeno un ribellarsi forte del paese. Forse, il fango riguardava uno strato più ampio di quello che alcuni di noi avevano immaginato. Più probabilmente, questo processo di rimescolamento è cominciato ben prima di questi cinque anni, altrimenti il fenomeno Berlusconi non sarebbe stato possibile. È cominciato prima, ha riguardato tabù diversi, e tutti ci stiamo dentro: chi più, chi meno, ma tutti. Nessuna acqua è più limpida. Un esempio, per certi versi marginale ma al tempo stesso nodale, è la questione della rappresentanza femminile nelle istituzioni e, più in generale, dell'accesso delle donne al potere nelle diverse articolazioni della società.
Che l'Italia sia sempre stato un paese mammone e maschilista (la contraddizione è solo apparente), è cosa arcinota. L'idea che l'occupazione migliore per le donne fosse stare a casa a far figli e a preparare il pranzetto all'onesto lavoratore albergava probabilmente nei più. Ma per decenni, e in termini non troppo dissimili nelle diverse componenti dell'arco parlamentare, questa cosa non si poteva dire, era un tabù: e a forza di smettere di dirla, qualcuno aveva perfino smesso di pensarla. In nome della decenza, se non proprio per convinzione profonda, fu infatti approvato l'articolo 51 della Costituzione, con il quale la questione della rappresentanza veniva finalmente posta all'ordine del giorno delle concrete decisioni politiche.
Con il voto sulle "quote rosa" il tema è tornato di attualità ma per scomparire, sepolto sotto i detriti e le schifezze di questa legge elettorale, e dell'incredibile vicenda parlamentare che ne accompagna il voto. Il destino della rappresentanza femminile viene restituito al buon cuore dei maschi che governano i partiti, i quali adesso promettono tutti che provvederanno ma bisognerà vederli all'opera poi, quando un seggio per una donna vorrà dire un seggio in meno per la lobby maschile, che su tutto può dividersi tranne che sull'esercizio del potere. Depurare l'acqua da tutto questo fango sarà indispensabile quanto difficilissimo: ripristinare una soglia decente di morale pubblica è ancora più arduo che risanare i bilanci dello Stato. Occorrerà un patto forte e coraggioso, senza accondiscendenze, con tutti quelli e quelle che dal fango vogliono uscire, e che questo patto sia poi minuziosamente rispettato.
Un patto che deve dire alle donne una parola molto chiara. Nessuna vuol tornare a vecchie idee di separatismo. Però le donne, che di acqua sporca e pulita se ne intendono, non si fidano più, non ci cascano. Ci vorrà ben altro che una ministra o una sottosegretaria in più, per riportarle alla convinzione della passione politica: non foss'altro perché sappiamo che, senza una presenza diffusa e qualificata delle donne, la politica è certamente più limacciosa. Che da sole ci si sporca, senza riuscire a ripulire niente. E abbiamo imparato - dolorosamente, sulla nostra pelle, con le esperienze di tante amministratrici su e giù per l'Italia - che nelle sabbie mobili della politica anche le più forti di noi finiscono con l'affondare e perdersi, se non c'è un contesto forte di donne a sostenere la fatica e l'impegno di un limpido modo di fare politica.
Le donne devono esserci, devono esserci in tante e a pieno titolo. Sulla base di un patto chiaro di pulizia e limpidezza. Ripartiamo dalle donne, ritroviamo un buon modo di parlarne e di pensarle, e ricostruire un modo buono di pensare, di separare l'acqua dal fango, sarà allora meno difficile.


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