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Unità: «Troppi raccomandati»: l’ira dei cervelli che tornano

Non solo quelli «in fuga»: in 500 - specializzati all’estero - sono rientrati E nonostante i fondi per assumerli ci siano, le università li lasciano fuori

17/08/2006
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l'Unità

di Chiara Affronte

RIENTRANO i cervelli dall'estero. Tanti, circa 500, negli ultimi 4-5 anni, grazie ad un decreto ministeriale voluto dal governo di centrosinistra nel 2001. Sono giovani studiosi iper qualificati, con curricula ricchi di riconoscimenti ed esperienze. Ma le Univer-

sità se li stanno lasciando scappare, nonostante i docenti non abbondino. Assurdo, se si pensa che la legge mette a carico dello Stato e non delle Università fino al 95% del costo delle retribuzioni. Perché? Uno degli ostacoli alla valorizzazione di queste figure, e quindi ad una stabilizzazione nei rapporti di lavoro con gli atenei, sono «consorterie accademiche locali», accusano alcuni di questi studiosi.

Si parla spesso della «fuga» dei cervelli; poco del loro «rientro»: del progetto che prevede il reinserimento «in casa» dei molti giovani italiani che si sono formati all’estero. Facciamo un passo indietro, al 26 gennaio 2001, quando l'allora ministro Zecchino vara il provvedimento finalizzato a richiamare studiosi dall'estero con l'obiettivo di arricchire l'attività didattica e rinnovare i programmi. Con l'ex ministro Moratti i cervelli iniziano a tornare in Italia, chiamati direttamente dalle Università, per portare avanti progetti di 3-4 anni, con l'obiettivo di essere poi contrattualmente stabilizzati. «In 4-5 anni ne arrivano quasi 500» racconta Marco Galli, professore a contratto in Archeologia classica a La Sapienza di Roma. Nel novembre 2005 arriva la legge che riordina i vecchi precedenti provvedimenti.

Ma il futuro di questi ragazzi (nel frattempo diventati quarantenni) è molto incerto, se non funesto: sono tornati con la promessa di un posto che probabilmente non avranno. L'Università lamenta la mancanza di fondi: ma perché - si chiedono gli studiosi - quando un posto può essere garantito da una retribuzione statale, si respinge l'occasione? Motivazioni e timori avanzati sono, a dire dei docenti, «in molti casi pretestuosi». Gira e rigira, la storia italiana dei favoritismi torna inesorabilmente a galla. I professori a contratto in questione stanno preparando una lettera aperta da inviare al presidente della Repubblica, ai segretari di partiti, alle Regioni, al Ministero e al Cun (Consiglio universitario nazionale), in questo momento l'osso più duro con cui ragionare. Alcuni di loro, infatti (che hanno già raggiunto i 3-4 anni di programma di ricerca stabilito per il rientro) si vedono sbattere la porta in faccia; molti temono la stessa sorte. Per più motivi. Uno di questi la posizione «assolutamente restrittiva» presa dal Cun nell'ultima seduta ordinaria, come si legge in una richiesta di incontro al ministro Mussi e al sottosegretario Modica da alcuni di questi docenti. Il Cun, di fatto, sostiene che la chiamata dei cervelli sarebbe ammissibile solo per docenti di ruolo e stabilmente incardinati. Ma la legge recita «Non si può applicare il requisito dell'idoneità accademica di pari livello» , per ovvi motivi legati, tra l'altro, alla diversità dei sistemi universitari. «Riteniamo questa posizione strumentale e volta unicamente a impedire l’inserimento di chi è stato chiamato attraverso una rigorosissima selezione per merito», sostengono i «cervelli».

Alessandro Schiesaro, docente di Letteratura latina a La Sapienza di Roma, è membro della commissione ministeriale che gestisce la chiamata dei cervelli: «L'incarico fu affidato a me e a 4 colleghi dal governo di centro-sinistra e da allora siamo rimasti gli stessi. Posso tranquillamente dire che la qualità di chi ha vinto, ma anche di chi ha solo partecipato, è sempre stata molto alta. Importante è che questi progetti abbiano continuità, per essere credibili nel mercato internazionale della docenza, che deve essere libero e trasparente: il blocco dei finanziamenti attuato con il decreto Moratti ha causato una situazione paradossale per cui chi ha inoltrato domanda per la proroga del contratto si trova oggi a spasso, senza stipendio; chi contava di poterla inoltrare non potrà farlo e il suo futuro è assolutamente incerto».

Nove anni all’estero, non potrà

fare domanda d’assunzione

Gabriele Grassi, 42 anni, coniugato con figlia, è professore a contratto al Dipartimento di clinica medica dell’Università di Trieste. Ha una laurea in medicina e chirurgia. È Magister philosophiae, ha ottenuto un Phd alla International school for advanced studies della sua città. Ha passato 9 anni all’estero: a Bethesda in Maryland in uno dei maggiori centri mondiali di ricerca biomedica, e all’Università di Tubingen. «A Trieste grazie ai laboratori dell’azienda ospedaliero universitaria posso fare ricerca». Grassi ha reperito fondi per una borsa per un dottorando, un ricercatore e un co.co.co. A dicembre scadrà il suo contratto e a causa dei criteri del Consiglio universitario il 90% di quelli che sono rientrati con il decreto del 2001 non può «presentare domanda di assunzione».Pubblicazioni, libri, allori

ma a Roma non lo vogliono

Marco Galli, 42 anni, celibe, professore a contratto in Archeologia classica a La Sapienza, Roma. «Sono laureato in lettere antiche a Bologna. In Germania, dove mi sono trasferito per studio, ho ottenuto finanziamenti dalle istituzioni tedesche dal 1993 al 2001; lì ho conseguito il dottorato di ricerca in Archeologia classica e sono stato anche membro del Cnr tedesco». Galli ha tenuto conferenze in molte prestigiose università europee e, recentemente, un suo volume del 2002, Il mondo di un sofista, è stato definito da Pierre Gros «uno degli studi più importanti sulla storia e la cultura della Grecia imperiale, un libro che farà epoca». Nel suo dipartimento a Roma, con molti iscritti e un corpo docenti limitato, Galli viene comunque rifiutato: «Perché non di ruolo all’estero», la motivazione. Gloria: «Sono tornata...

e ora mi mangio le mani»

Gloria Menegaz, 39 anni, è professore a contratto del Dipartimento di ingegneria delle informazioni all’Università di Siena. Ha una laurea in ingegneria al Politecnico di Milano dove ha seguito anche un master. Ha conseguito il dottorato al Politecnico federale di Losanna. All’Università di Friburgo è stata professore assistente al dipartimento di Informatica. Ha rinunciato al posto fisso in Francia (Maitre des Conferences) per usufruire del “rientro dei cervelli”. «Ho creduto che mi sarebbe stata data la possibilità di inserirmi stabilmente. Dopo tre anni la speranza non si è trasformata in una prospettiva concreta...Mi mangio le mani, il contratto scadrà a febbraio». Il decreto del 28 marzo 2006 ha bloccato il fondo per l’Università: la docente non potrà chiedere il rinnovo del suo contratto. «Per rientrare abbiamo

mollato gli atenei esteri»

storie raccolte da Chiara Affronte

Giuseppe Di Nocera, 45 anni, coniugato con due figli, professore a contratto in Preistoria del vicino e medio Oriente al dipartimento di Scienze storiche, archeologiche e antropologiche dell’antichità a La Sapienza, Roma Giuseppe Di Nocera, laureatosi a Roma, ha conseguito il dottorato di ricerca ad Heidelberg. «Poi ho preferito tornare in Italia». Di Nocera ha portato avanti un progetto di quattro anni in Turchia, grazie al quale i rapporti con questo Paese, con i suoi enti locali si sono intensificati. «Molti di noi hanno escluso rapporti di collaborazione con altri atenei esteri, come prevedeva il contratto di rientro. A dicembre scadrà: la speranza è una possibilità per me alla sede di Viterbo».


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