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Unità-Storace scrive agli studenti: Mazzini era dei nostri

Storace scrive agli studenti: Mazzini era dei nostri Bruno Gravagnuolo Scandalosa lettera elettorale agli studenti E dopo essere stata subissata di critiche a suo tempo, per l'idea ...

26/02/2005
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l'Unità

Storace scrive agli studenti: Mazzini era dei nostri

Bruno Gravagnuolo

Scandalosa lettera elettorale agli studenti

E dopo essere stata subissata di critiche a suo tempo, per l'idea lanciata da Storace di istituire un "albo" per i manuali di storia nelle scuole, idea poi accolta da Adornato alla Camera e respinta da studiosi e insegnanti, la Regione Lazio ritorna all'attacco sulla storia. Stavolta lo fa sul Risorgimento e su Mazzini, del quale il 22 giugno ricorre il bicentenario (della nascita). Sicché per l'occasione, e alla vigilia della tornata elettorale regionale, il Presidente Francesco Storace invia a tutti gli studenti - molti dei quali elettori all'esordio - il racconto della vita di Mazzini, "in forma piana e gradevole e inquadrata nel Risorgimento".
Con una letterina di "Presentazione" che è un piccolo compendio di battaglia culturale. Un riepilogo completo della funzione pedagogica che la Regione storaciana si assegna, nel far circolare la giusta storia patria. E insomma una sorta di bignamino al futuro su come leggere la memoria nazionale tra passato e presente.
Leggiamo dunque "passim" il bignamino in questione. E non solo perché trattasi di appropriazione indebita e di annesione alla destra di Mazzini. Ma perché, di là dell'uso del grande apostolo, è un vero e proprio manualino di abuso della storia. Promossa a rozza propaganda mercé gli oppportuni corto-circuiti col passato e con la polemica politica recente. Vediamo. Dopo l'annunzio iniziale sull'anniversario mazziniano, la letterina s' apre con i princìpi di "Dio, Patria, Umanità e Famiglia", su cui la Regione ha basato il suo Statuto "recentemente approvato". Omettendo ovviamente di ricordare che quella di Mazzini era una religione deista, ma laica e secolare. E persino con un'intonazione anticlericale niente affatto disposta a riconoscere alla Chiesa il diritto di sciogliere e annodare i matrimoni, né tampoco di stabilire il contenuto della Vera religione. Ben per questo Pio IX detestatava, ricambiato, Mazzini, il cui repubblicanesimo laico incontrò nella Chiesa romana, e anche nell'Italia conservatrice unitaria e neoguelfa, il più tenace avversario.
Non basta. Poiché subito dopo viene proposto agli studenti di accostare il 9 febbraio, come Giornata patriottica della Regione Lazio, al 10 febbraio, Giornata dell'Esodo e delle Foibe. E il tutto nel segno del ricordo della Repubblica Romana del 1849 che "vide Mazzini protagonista con Garibaldi, Pisacane, Mameli ed altri eroi". Che cosa c'entrino le foibe con la Repubblica romana del 1849 è un mistero glorioso storiografico, che solo una brutale semplificazione ideologica nazionalistica può aiutarci a decifrare. A Storace naturalmente non interessano quali erano davvero le idee democratiche della Repubblica romana, platealmente violentate dai suoi antenati fascisti in nome di una dittatura e di un imperialismo straccione che a Mazzini avrebbero fatto orrore. Gli interessa solamente agitare lo spettro dell'"italianità" purchessia, per eccitare fede patriottarda e risentimento. E senza curarsi di spiegare ai giovani che gli orrori della pulizia etnica nazional-comunista e titina furono lo speculare contraccolpo di consimili orrori italiani in Istria, Croazia, Dalmazia e Montenegro, frutto di un'Italia che celebrava non a caso un falso Mazzini, deformato a profeta nazionalista e guerriero, e spogliato delle sue idee democratiche. Storace forse non lo sa, o al più lo avrà sentito dire.
Ma già Giovanni Gentile e con ben altra dottrina, aveva fatto del grande esule, più volte condannato a morte in Italia, una sorta di vessillifero della supremazia italiana nel mondo. Un vero e proprio anticipatore del fascismo, liberato dalle "scorie" radicali e cosmopolite. Come? Deformando il post-iberalismo democratico mazziniano in un compiuto anti-liberalismo e anti-democratismo totalitario. Nel solco di un volontarismo etico protofascista che annientava e superava la libertà del singolo, e la sovranità popolare mazziniana. Cose già viste. Perciò buffa caricatura strumentale di Mazzini, quella di Storace. Che ripete ad infimo livello una manipolazione di ben altra caratura. Dalla tragedia in farsa per così dire.
Come pure farsesca da parte di Storace è l'assunzione nel Pantheon post-fascsta di Mameli, Garibaldi e Pisacane. Del primo - repubblicano e democratico - l'inno oggidì nazionale fu sempre disprezzato dai padri di Storace, come una musichetta verdiana e imbelle. Quanto ai secondi, furono entrambi proto-socialisti e umanitari, nemici dei tiranni e ultra-laici (Garibaldi battezzò un suo Asino a Caprera Pio IX!). E sarebbero certo imbarazzati, se non idignati, di venir celebrati da Storace, oltretutto al modo strumentale che s'è visto. Infine il comunismo, che non poteva mancare come cavallo di battaglia nella letterina "mazziniana" di Storace agli studenti.
Dai Pensieri sulla Democrazia in Europa, opera di Mazzini uscita nel 1847, un anno prima del Manifesto di Marx ed Engels, il prof. Storace estrae la famosa condanna mazziniana del comunismo assimilato a "Tirannide" e ad "esistenza di convento monastica". Un motivo condiviso persino da Marx che tuonava anche lui contro il "comunismo da caserma" e che certo funziona ancora contro le dittatture collettiviste di ogni tipo, fascismo "sociale" incluso. Peccato che Storace ometta di segnalare agli studenti le pagine del Mazzini socialista.
L'apostolo di leghe, mutue e coperative che dovevano promuovere l'avanzata dei ceti subalterni, nonché la diffusione universale dei diritti. Esattamente lungo quel cammino spezzato dal fascismo su cui Storace preferisce glissare brandendo le foibe.. In attesa di altre "letterine" e di altre addomesticate revisioni.


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