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Unità-Statali-L'ultima truffa del governo

L'ultima truffa del governo Felicia Masocco ROMA Lo "strappo" non c'è stato, Alleanza Nazionale e Udc rientrano nei ranghi su richiamo di Berlusconi che a sua volta cede al ricatto dell...

31/03/2005
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l'Unità

L'ultima truffa del governo

Felicia Masocco

ROMA Lo "strappo" non c'è stato, Alleanza Nazionale e Udc rientrano nei ranghi su richiamo di Berlusconi che a sua volta cede al ricatto della Lega. E tre milioni e mezzo di lavoratori pubblici restano senza contratto. Oltre le dichiarazioni e le smentite, oltre gli spot elettorali, l'unica cosa vera e concreta è questa.
La proposta, molto attesa, per dare una soluzione alla vertenza è stata presentata ieri all'hotel Plaza, non più soltanto da An e dall'Udc, ma anche da Forza Italia ed è risultata un escamotage per prendere tempo e per sollevare un gran polverone che distolga l'attenzione dal contratto che non c'è e che non si è voluto fare. Il governo ripropone i soliti 95 euro lordi mensili di aumento (che per i ministeriali sono 85): se poi i sindacati con "ragionevolezza" accetteranno di riformare il modello contrattuale, di allungare la durata della parte economica e passare dal biennio al triennio, di inserire incentivi alla produttività e al merito, di guardare alla competitività, "allora possono essere trovate risorse aggiuntive" con la Finanziaria 2006. Si parta quindi dal settore pubblico (seguiranno i privati) per rivedere il Patto del luglio '93 che ancora oggi disciplina gli assetti contrattuali.
Insomma, invece di avviare una trattativa e restringere il campo di azione, il governo lo allarga e non può non sapere che seguendo questo schema i problemi si moltiplicheranno e i tempi si faranno più lunghi. Con buona pace dei lavoratori e di chi li rappresenta che se vogliono il contratto subito (dopo le elezioni) dovranno farlo al ribasso a 85-95 euro, anche se Berlusconi e Fini assicurano che "qualche euro in più non è certo un problema".
Al microfono del Plaza si sono alternati Baccini, Tajani, Saporito, Fini e Brunetta. Toni da comizio elettorale, attacchi al centrosinistra (che per i contratti pubblici ha dato solo 9,6 miliardi di euro, contro gli 11 di questa coalizione), il "dovere" ribadito più e più volte "di fare il contratto", della "volontà" di farlo, come se a far passare invano 15 mesi fossero stati altri. Quindi la proposta (che dopo tre scioperi generali in un anno suona come una provocazione) del percorso da battere in due tempi: il rinnovo subito alle loro condizioni "95 euro sono già un grandissimo sforzo" ha detto Renato Brunetta, e un accordo quadro (o ponte) che preveda anche la riforma del sistema contrattuale. Un argomento questo da tempo all'attenzione di Cgil, Cisl e Uil che sulla revisione hanno idee diverse ma che hanno messo su una commissione unitaria nel tentativo di trovare un'intesa. Ora però il governo si mette in mezzo, in fondo se le divisioni sindacali venissero allo scoperto, se la Cgil si sentisse "sfidata", occuperebbero la scena sottraendola al contratto negato.
La tregua nel governo è stata siglata dopo che il premier in mattinata è intervenuto negando divisioni nella sua compagine, nessuno scontro, tutte "montature" dei giornali. Silvio Berlusconi aveva detto che di fronte alla "possibilità, con le parti sociali, di trovare un accordo nell'ambito della ragionevolezza, con l'espansione dei periodi riguardanti i contratti, è chiaro che il governo non sta a guardare 1, 2 0 3 euro in più di differenza". Il leader di An, Gianfranco Fini ha immediatamente sottoscritto fino ad usare identiche parole. "Tutta la maggioranza sa che da questa cifra (95 euro, ndr) bisogna partire e, se ci sarà la possibilità con le parti sociali di trovare un accordo ragionevole, il governo non starà certo a guardare a qualche euro in più di differenza". A rompere l'idillio ci ha ha provato Roberto Calderoli: 95 euro "sono troppi", sono 85. Punto. Poco dopo la rettifica: "sono 95 euro". Punto.
Nel pomeriggio "l'assemblea" che doveva essere di An e dell'Udc poi però si è presentato anche il consigliere economico di Palazzo Chigi, Brunetta, portando la parola del premier e di Forza Italia. Il ministro Baccini, ha respinto l'accusa dell'opposizione di utilizzare il contratto come strumento elettorale. Da qui anche la decisione di rinviare l'eventuale intesa a dopo il voto, "Ci metteremo seduti un minuto dopo la campagna elettorale per trovare delle risposte". La giornata ha confermato tutte le preoccupazione dei sindacati. E alle "vecchie", cioè il rischio di saltare la tornata contrattuale, se ne sono aggiunte di nuove, come possibili interventi sull'orario di lavoro. Insiste sulla necessità di un negoziato il leader della Cisl, Savino Pezzotta "Voglio un tavolo - ha dichiarato - Il governo ci convochi per cercare una soluzione equa". Il segretario del pubblico impiego della Cisl, Rino Tarelli, parla di "presa in giro senza limiti, ma - avverte - la tregua elettorale sta per finire". All'unità tra le forze di governo non crede il leader della Cgil Guglielmo Epifani, "Bugie, sono bugie", dice. "Le trattative si fanno ai tavoli e le cifre di cui si parla sono una media. Per quanto riguarda gli statali, che sono la categoria di riferimento, ci sono meno di 80 euro (netti, ndr): come si vede siamo lontani". Se si partisse da 100 euro per i ministeriali, la Fp-Cgil è pronta a sedersi a un tavolo. Ma la proposta di mettere insieme il rinnovo con la revisione degli assetti contrattuali viene respinta con nettezza dal segretario Carlo Podda, "penso che le confederazioni debbano valutare iniziative di carattere generale", afferma. Cioè scioperi. La Uil, con il segretario confederale Antonio Foccillo, ha precisato che da parte di Via Lucullo non c'è alcuna preclusione a modificare gli assetti contrattuali visto che se ne sta discutendo con Cgil e Cisl, "ma intanto - afferma- chiudiamo il biennio contrattuale".
Felicia Masocco


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