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Unità: Staminali, è tornata la politica

Di nuovo c’è che oggi gli oppositori hanno alzato il tiro, rivelando con chiarezza che sul tema è in corso una nuova battaglia della ormai lunga guerra tra scienza e religione. Pensavamo che questa guerra fosse finita da tempo, ma i duri fatti mostrano il contrario.

27/07/2006
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l'Unità

Maurizio MoriA volte, per vedere meglio qualcosa si deve mettere a fuoco la questione e guardarla in prospettiva - come da lontano. Dobbiamo fare qualcosa del genere per capire bene che cosa è capitato a Bruxelles col “compromesso” sulle cellule staminali embrionali. In merito sono opportuni alcuni preliminari: il primo è la controversia attuale non è nuova. Anche qualche anno fa, il finanziamento europeo alla ricerca sulle staminali embrionali aveva suscitato opposizioni, che però sono state più contenute. Di nuovo c’è che oggi gli oppositori hanno alzato il tiro, rivelando con chiarezza che sul tema è in corso una nuova battaglia della ormai lunga guerra tra scienza e religione. Pensavamo che questa guerra fosse finita da tempo, ma i duri fatti mostrano il contrario.

Il secondo è che, come spesso avviene quando si tratta di affrontare una realtà inedita, c’è una parte che la rifiuta in nome della tradizione. Così, ad esempio, quando ha avuto inizio la moderna democrazia costituzionale con il Parlamento, i tradizionalisti rifiutarono il criterio parlamentare, osservando che l’autorità viene “dall’alto”, e che le norme basilari della vita sociale sono “naturali” e “pre-politiche”. Per costoro, affidare al Parlamento il compito di stabilire queste norme era negare la realtà (o capovolgerla), e affidare il compito ad un processo di contrattazione politica era una sorta di usurpazione - e forse anche di profanazione. In Italia, per le note vicende storiche, il tradizionalismo ha portato al “ non expedit” che imponeva ai cattolici di non accettare il Parlamento. Questa posizione non è né di destra né di sinistra - distinzione che vale solo per chi accetta la logica parlamentare, e non per chi la rifiuta e ne sta fuori. È semplicemente “pre-moderna”.

Anche oggi, di fronte alla nuovissima realtà delle staminali embrionali, abbiamo chi - in nome di principi “non negoziabili” - rifiuta il tavolo della contrattazione politica, asserendo che “sulla vita non si vota”, perché le norme in proposito sono “naturali” e “pre-politiche”. È questa una posizione analoga a quella pre-moderna sopra descritta, che esclude il criterio del Parlamento.

Va riconosciuto ai cattolici dell’Unione di non aver seguito questa linea e di avere accettato la contrattazione politica - portato della modernità. Questo è passo di notevole portata: se avessero insistito sulla “non negoziabilità” i cattolici sarebbero rimasti fuori dal Parlamento - come al tempo del non expedit. Hanno invece con coraggio accettato di entrare nella contrattazione e di far valere le loro ragioni, ottenendo punti che non sono affatto secondari né marginali. Ad esempio, i divieti iniziali tra cui il principio che l’Europa non finanzia ricerche che comportano la distruzione di embrioni ed altri vincoli non trascurabili. È facile che questi limiti susciteranno viva indignazione in alcuni Paesi, in cui saranno visti e vissuti come un iniquo vincolo imposto alla propria sovranità da un potere “esterno”.

Anch’io avrei preferito non fosse accolto quel principio generale, fosse lasciata maggiore libertà e prevalesse il rispetto del pluralismo etico diffuso in Europa. Ma quando si accetta la logica della contrattazione politica si deve anche essere disposti a rinunciare ad aspetti importanti della propria posizione. Altrimenti si riafferma una “non negoziabilità” di segno opposto a quello precedente. Per questo, per ribadendo che avrei voluto di più, credo si debba riconoscere che il “compromesso” raggiunto sia nel complesso soddisfacente.

Infatti, almeno due sono i risultati positivi acquisiti: primo, le ricerche sulle staminali embrionali continuano. Le linee cellulari richieste saranno preparate fuori dall’Europa, ma il mondo è grande e... le si acquisiranno in altri continenti. Secondo, si afferma che «l’eventuale uso di cellule staminali umane, siano esse adulte o embrionali, dipende dal giudizio degli scienziati in vista degli obiettivi che vogliono raggiungere». Questo significa che è caduto il pregiudiziale favore (di principio) che in passato era accordato alle staminali adulte. Questo favore ha fatto sì che nel precedente Programma quadro su 80 progetti approvati dall’Unione Europea, solo otto riguardassero le staminali embrionali. È vero che, appena dopo si afferma anche che «in pratica, la stragrande maggioranza dei fondi ... è dedicata all’uso di cellule staminali adulte. Non c’è ragione per cui questo cambi in maniera sostanziale». Ma quest’ultima è una considerazione pratica: una volta affermato il principio che i progetti saranno valutati in base al valore scientifico e conoscitivo atteso (indipendentemente dal tipo di cellule usate), può darsi che la realtà cambi e che il numero di progetti con le staminali embrionali aumenti. Questo è un aspetto di grande importanza. L’augurio è che l’aumento delle ricerche sulle staminali embrionali allenti la tensione, e che col tempo si attenuino le resistenze al riguardo.

C’è un ultima osservazione che va fatto nel bilancio sul compromesso di Bruxelles. Nella passata legislatura quando si affrontavano le questioni bioetiche mancava ogni dialogo e c'era solo il muro contro muro e la “blindatura” delle leggi - come è stato con la 40/2004 e col successivo Regolamento attuativo. Adesso, invece, è cambiato il clima generale e il metodo di lavoro: si è aperta infatti la concreta possibilità di confronto e di reciproco ascolto. Questo non vuol dire che si faccia tutto giusto o che ci si azzecchi sempre. Gli errori sono sempre possibili e sono umani. Ma abbiamo almeno guadagnato il metodo per poterli eventualmente correggere.

Credo che l’avere ristabilito questo metodo di confronto e di dialogo sia il risultato maggiore della nuova stagione politica. Va riconosciuta la pazienza con cui gli attori di questo nuovo corso sopportano le critiche di segno opposto. L’auspicio è che si continui su questa linea anche per i prossimi temi bioetici come il testamento biologico e, soprattutto, almeno per la ormai prossima dovuta revisione del Regolamento attuativo della legge 40/2004 (se non della legge stessa). Sarebbe un gran guadagno per tutti.

Presidente Consulta di Bioetica


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