Unità: Sindacati in pressing su Prodi: subito il tavolo sulle pensioni
Ma si rischia di spostare i «tavoli» alla vigilia della Finanziaria, dopo l’estate
di Giampiero Rossi / Milano
PASSI «Il governo abbia l’accortezza e la giusta responsabilità, dopo questi due giorni di votazione al Senato, di riaprire subito il confronto con il sindacato». Il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, rilancia il suo appello: il tempo stringe. «Se dobbia-
mo arrivare a trovare un'intesa entro giugno prima del Dpef e dell’assestamento del bilancio, servono almeno due settimane piene di confronto». In caso contrario secondo Epifani ci sarebbe «un finto confronto e una finta trattativa che non porterà nulla di buono».
Ma al di là dei tempi è aperta anche una delicata questione di merito, soprattutto sulla partita più pesante, quella delle pensioni. Le ultime ore lasciano trapelare qualche cauto passo di avvicinamento tra le parti: nei corridoi di Corso Italia si sussurra di una possibile apertura della Cgil all’ipotesi dei cosiddetti scalini avanzata dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano, che proprio ieri ha manifestato, a sua volta, la volontà di chiudere entro giugno: «È lo sforzo che il governo ha intenzione di compiere. Ritengo sarebbe conveniente per le parti sociali non accavallare la discussione della concertazione con quella per il Dpef: arrivare a quel momento avendo concluso un accordo sarebbe l'ideale», ha detto ieri Damiano. Il ministro giudica positivamente quanto emerso dalla riunione della direzione della Cgil di lunedì, nella quale si è parlato della possibilità di discutere tutti gli argomenti della previdenza, compresa la trasformazione dello scalone in scalini. «Oggi ci sono alcune dichiarazioni - ha detto Damiano - quella della Cgil che considera possibile parlare di scalini, questo è positivo e va nella direzione che ho più volte indicato. Poi c’è quella di Angeletti, che è una dichiarazione pessimistica, spero che cambi idea». E le divisioni nella maggioranza di governo? «Al momento opportuno le posizioni saranno quelle giuste».
In attesa che i vertici della Cgil si pronunciano ufficialmente, Epifani non offre la minima conferma sul fatto che l’orientamento effettivo del suo sindacato sia quello ipotizzato negli ultimi due giorni. Ieri, a Milano, intervenendo all’assemblea delle donen della Cgil Lombardia, ha colto l'occasione per tornare sull’imprescindibile tema delle pensioni soffermandosi però soprattutto sul versante femminile. L'età per poter ottenere la pensione di vecchiaia per le donne deve restare a 60 anni, dice il segretario generale della Cgil: «Oggi il 90 per cento delle donne va in pensione solo con la vecchiaia, mentre l'anzianità e tipica degli uomini che lavorano». Una situazione che vede la maggioranza delle donne «andare in pensione a 60 anni con mediamente 24 anni di contributi» e dunque «inevitabilmente con pensioni più basse». Per questo, secondo il leder sindacale, «l'età pensionabile deve restare a 60 anni per le donne» mentre tutte le altre questioni che riguardano le pensioni «vanno affrontate al tavolo della trattativa con il governo». Tenendo presente, però, per quanto riguarda il passaggio dal cosiddetto “scalone Maroni” agli “scalini” proposti dal ministro Damiano, che «non tutti i lavori sono uguali e ci sono lavori per i quali non si può chiedere neanche un anno di attività in più».