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Unità: Sindacati e imprese alla sfida del nuovo governo

C’è da «respingere con forza» l’attacco che arriva da più parti. Epifani lo definisce «concentrico», «di una portata e una dimensione non immaginabili».

22/04/2008
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l'Unità

di Felicia Masocco

PIACCIA O NO, l’esito del voto è chiaro. E mettersi contro «a prescindere» significherebbe mettersi contro il mandato degli elettori. La Cgil non si «rinchiuderà», afferma il suo leader, ma «incalzerà il governo con rigore assoluto, partendo dai punti programmatici a cominciare da quelli messi nero su bianco con Cisl e Uil». Nessuna ostilità preconcetta, «misureremo il governo alla prova» afferma davanti ai 600 delegati dello Spi-Cgil riuniti a Sanremo per la conferenza di organizzazione del sindacato dei pensionati. E ricorda che unitariamente si è chiesta, tra l’altro, la riduzione delle detrazioni per i lavoratori dipendenti e i pensionati. «Con Cisl e Uil abbiamo detto che è prioritaria, ora dobbiamo chiedere che il governo la faccia. Se fa altro dobbiamo dire chiaramente che non sono le scelte del sindacato, come avremmo fatto con Prodi».
Di fronte ai «canti delle sirene», Epifani invoca la «fedeltà ai programmi» e al mandato avuto dai lavoratori. Si rivolge a Cisl e Uil. Anzi. Dopo aver elencato le priorità già tracciate, afferma che per farle valere è necessario un forte rapporto unitario. «Lo vogliamo mantenere, anche con compromessi. Ma, avverte, «dobbiamo tutti sottrarci ai canti delle sirene». Per la Cgil significa rinunciare a risposte «pregiudizialmente conflittuali», «per altri» potrebbe significare la rinuncia ad avere «un interlocutore in più» se fosse a scapito del rapporto unitario. «Dobbiamo tutti e tre restare legati al palo, come Ulisse».
C’è poi da «respingere con forza» l’attacco che arriva da più parti. Epifani lo definisce «concentrico», «di una portata e una dimensione non immaginabili». «È che il sindacato italiano è troppo forte, troppo radicato e popolare. C’è.
E questo dà fastidio a chi ama i soggetti deboli». Ha tempi troppo lunghi? «È la democrazia ad averli». È la risposta a Luca Cordero di Montezemolo prima che a Ferrara ribadisse le critiche già mosse a Torino. L’ex presidente di Confindustria aveva anche affermato che il voto dimostra che i lavoratori sono più vicini alle imprese che al sindacato. «Per noi è ovvio che i nostro iscritti votano come vogliono, le loro scelte non inficiano il rapporto con l’organizzazione», ribatte Epifani. Ancora: «A noi non viene in mente di chiedere come votano i suoi industriali. Evidentemente c’è qualcuno che deve essere vivisezionato e qualcun altro a cui non si può dire nulla».
Il segretario della Cgil non tace gli errori del governo Prodi: cita l’indulto (e la platea applaude), un esecutivo con cento tra ministri e sottosegretari, una politica fiscale in cui i sacrifici hanno avuto la precedenza sulla redistribuzione.
Il voto ha detto anche che occorre «tornare» sul territorio. Vale per i partiti e per la Cgil che tuttavia l’aveva messo in agenda in tempi non sospetti. È infatti il tema centrale della conferenza d’organizzazione. Ne ha parlato nella relazione introduttiva Giovanni Cazzato, segretario nazionale del sindacato dei pensionati. «Il radicamento dello Spi è un punto di riferimento importante per tutta la Cgil: con 1800 leghe, quasi 5mila punti organizzati, attività di tutela, di socialità, di negoziazione sociale». Ma per Cazzato «per accrescere l’azione di tutela individuale e collettiva non è sufficiente la sola presenza dello Spi. Occorre che il presidio territoriale sia ricondotto alla confederazione». Una sfida che Epifani ha raccolto a nome di tutta la Cgil.


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