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Unità-Siamo ricercatori, ci trattano da portaborse"

Siamo ricercatori, ci trattano da portaborse" Contro il collasso dell'università modello Moratti protesta e qualche pugno davanti al Senato "Il decreto istituisce la precarizzazione: bloccherem...

29/09/2005
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l'Unità

Siamo ricercatori, ci trattano da portaborse"

Contro il collasso dell'università modello Moratti protesta e qualche pugno davanti al Senato
"Il decreto istituisce la precarizzazione: bloccheremo gli atenei dal 10 al 15 ottobre"

di Rinalda Carati / Roma

SIT-IN DEI RICERCATORI "Io voglio solo poter mangiare fino alla fine del mese", dice lei. "No", risponde lui un po' in affanno. "Stamattina c'è un motivo più grande, le idee contano... In quale altra parte del mondo c'è una Università libera come in Italia?".
Sono due come tanti altri ricercatori, arrivati ieri mattina a Roma per protestare davanti a palazzo Madama contro il ddl sullo stato giuridico dei docenti universitari. Il Senato voterà questa mattina la fiducia richiesta ieri dal governo: ma ieri mattina mentre nell'aula di palazzo Madama si discuteva il ddl (la fiducia verrà posta sull'unico articolo del maxi-emendamento che ha sostituito i 6 articoli bocciati da Montecitorio il 15 giugno scorso) oltre un centinaio tra ricercatori, precari, studenti e docenti universitari manifestavano nella strada. Tra i trent'anni e i quarant'anni per la maggior parte, un po' di studenti e qualcuno già avviato verso la mezza età: nelle chiacchiere tra i capannelli in attesa tanti riferimenti ai figli, al desiderio di una vita normale, alla delusione per queste scelte che "vogliono trasformare i ricercatori in un esercito di portaborse", come ha detto Marco Rizzoni, 58enne professore associato di Genetica all'Università di Tor Vergata a Roma. In una mattinata quasi estiva, le persone - arrivate da molte parti d'Italia - erano ammassate in un vicolo che porta a piazza Navona, proprio di fronte all'entrata del Senato: con cartelli e striscioni ("no alla precarizzazione della conoscenza", "Moratti al Miur come un elefante in una cristalleria", "Un progetto di demolizione volutamente casuale dell'università", "Un solo esubero: Moratti"), e qualche bandiera della Unione degli universitari ad aggiungere una nota di colore. Ritmano amaramente lo slogan: "La precarietà non ci basta più, vogliamo, vogliamo la schiavitù". Il cuore della contestazione riguarda "l'inaccettabile accelerazione dell'iter del provvedimento". Marco Merafina, della rete nazionale dei ricercatori ribadisce la contrarietà alla messa a esaurimento del ruolo dei ricercatori ("allunga il precariato e accentua la fuga dei cervelli") e il mancato riconoscimento del ruolo docente alla categoria. "Nel complesso è una legge inutile e dannosa non solo per l' università ma per tutto il Paese e per questo ne chiediamo il ritiro". Tutto è tranquillo, poi inaspettatamente si crea un momento di tensione, quando qualcuno invita i manifestanti a spostarsi verso un'altra piazza. Molti cominciano ad avviarsi, ma un gruppo di persone decide di fermarsi in mezzo alla strada, bloccando il traffico. Uno striscione viene allungato a terra, anche la corsia riservata agli autobus viene chiusa. Le forze dell'ordine intervengono per togliere lo striscione. Vola qualche pugno, qualche spintone. Il blocco dura alcuni minuti, poi, tra gli applausi sconsolati dei manifestanti, viene riaperto il passaggio nella corsia riservata agli autobus. Una parte del sit-in si sposta verso la sede del Cruir, per chiedere ai rettori un ulteriore impegno: in serata, la presidenza Cruir ribadisce il proprio dissenso nel merito e nel metodo ("una inaccettabile forzatura della prassi parlamentare"). Enrico Panini, Segretario generale Federazione lavoratori della conoscenza Cgil ricorda che le iniziative continuano: "La protesta sta raggiungendo livelli di consenso che hanno pochi precedenti nella storia della nostra università. D'altronde si sta parlando di un provvedimento che precarizza l'università, non assegna risorse, toglie il diritto ad un futuro a migliaia di giovani ricercatori e, con essi, all'università e alla ricerca italiana".
La giornata si conclude con l'appello del Coordinamento dei docenti e ricercatori degli Atenei italiani: blocco di ogni attività dal 10 al 15 ottobre per difendere "l'istituzione università e le sue finalità".


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