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Unità: Senato, via libera al decreto sull'Università. Il Pd: «Manchevole e minimale»

Accolti alcuni emendamenti dell’opposizione, resta comunque forte l’ostilità del Pd a quella che la ministra chiama “riforma

28/11/2008
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l'Unità

Il Senato lo ha approvato. Ora, un altro passaggio alla Camera e il decreto Gelmini sull’università diventerà legge. Nel frattempo, la ministra più contestata del governo, ha dovuto fare marcia indietro. Almeno un po’. Accolti alcuni emendamenti dell’opposizione, resta comunque forte l’ostilità del Pd a quella che la ministra chiama “riforma”. E per questo, insieme all’Idv, ha votato contro. «Per il Pd – spiega il senatore Antonio Rusconi – il provvedimento è manchevole e minimale. E non è come il ministro sostiene una vera e propria svolta per il sistema accademico in Italia. Perché Gelmini - insiste Rusconi - non dice che questa mattina la Commissione Bilancio ha preteso di aggiungere ovunque l'espressione chiarissima “senza alcun onere aggiuntivo”? Questo significa che la legge 133/08, con i suoi tagli di un miliardo e mezzo di euro, domina e sovrasta il provvedimento». L’Udc, dal canto suo, «in segno di protesta» non ha partecipato al voto: «Il dl affronta – spiegano – solo piccoli aspetti del problema, in tempi ridotti e senza una proposta organica né un confronto con il Parlamento e con i soggetti coinvolti».
Unica voce fuori dal coro, quella del senatore Pd Nicola Rossi, che giovedì, quando era iniziato il voto degli emendamenti, ha ammesso di aver «votato in maniera difforme rispetto al mio gruppo». Nemmeno lui è d’accordo con il decreto Gelmini, anzi lo giudica «molto al di sotto del necessario» ma ha voluto prendere atto quelle modifiche che «a mio avviso, vanno nella direzione giusta». In particolare i passi in avanti della Gelmini riguardano la trasparenza dei bilanci degli Atenei, la stretta sui cosiddetti baroni che vedranno stipendi e carriera legati alla produttività, i concorsi e le misure per il rientro dei cervelli.
Come diceva Rusconi, comunque, i tagli restano una mannaia che si abbatte su tutto il provvedimento. Le assunzioni vengono bloccate in tutti quegli atenei che risultano in deficit. Le Università indebitate, inoltre, verranno escluse per il 2008-2009 anche dai fondi straordinari per il reclutamento dei ricercatori. Contro la cosiddetta “parentopoli”, la ministra ha stabilito che le commissioni che selezionano i docenti siano composte da un ordinario nominato dalla facoltà che bandisce il posto e da quattro professori ordinari sorteggiati su una lista di dodici persone da cui sono esclusi i docenti dell'università che assume. Un emendamento inoltre prevede la costituzione di una «Anagrafe nazionale dei professori ordinari, associati e dei ricercatori» aggiornata annualmente che contiene per ciascun nome l'elenco delle pubblicazioni scientifiche. Per ottenere gli scatti biennali di stipendio i docenti dovranno provare di aver fatto ricerca e ottenuto pubblicazioni. Se per due anni non ce n'è traccia lo scatto di stipendio è dimezzato e i docenti non possono far parte delle commissioni che assumono nuovo personale. Precedenza, infine, ai cervelli già fuggiti: le università potranno coprire i posti da ordinario e associato o da ricercatore chiamando studiosi «stabilmente impegnati all'estero».


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