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Unità-Se una classe islamica divide il paese

Luglio 2004 Gli insegnanti del Liceo Agnesi non vogliono abbandonare i 20 studenti musulmani. Marilena Adamo, ds milanese: "Basta coi toni da curva sud" Se una classe islamica divide il paese...

15/07/2004
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l'Unità

Luglio 2004

Gli insegnanti del Liceo Agnesi non vogliono abbandonare i 20 studenti musulmani. Marilena Adamo, ds milanese: "Basta coi toni da curva sud"

Se una classe islamica divide il paese

Sì, no, forse: è polemica dopo il no della Moratti. La comunità islamica: non siamo affatto per classi separate

Susanna Ripamonti

MILANO La classe islamica al liceo Agnesi di Milano non si farà grazie al veto di Letizia Moratti e grazie al confuso dibattito che ha criminalizzato una proposta sperimentale, senza capire di cosa si trattava. Ma gli insegnanti dell'Agnesi che credevano in questo esperimento di graduale integrazione, sono decisi ad andare avanti ugualmente e a non abbandonare a se stessi quei 3 ragazzi e 17 ragazze che diversamente sarebbero privati del diritto allo studio. "Attendiamo di sapere quali saranno le proposte delle istituzioni - dicono -. Noi comunque siamo disposti a lavorare come volontari, in una stuttura come il Cisem (il centro di innovazione e sperimentazione educativa della Provincia di Milano che aveva elaborato la proposta della classe islamica) per dare comunque a questi ragazzi la possibilità di non interrompere un percorso scolastico".
Sì, no, forse. La questione è piuttosto complicata perchè non si tratta delle classica contrapposizione tra sinistra e fronte delle destre. A Milano ad esempio, in consiglio comunale tutto il centrosinistra si è schierato a favore della proposta delle scuole Agnesi, ma a livello regionale, Rifondazione Comunista ha criticato duramente l'iniziativa. Marilena Adamo, consigliera diessina di lungo, corso spiega: "È una questione che andava affrontata con tutti i dubbi e le cautele necessarie, ma non coi toni da curva sud che hanno caratterizzato questo dibattito. Purtroppo anche una parte della sinistra si è preoccupata di non sporcarsi le mani, senza capire la proposta. Qui non siamo di fronte alla pretesa di venti famiglie integraliste che vogliono una classe islamica separata. Si tratta invece di un percorso, faticosamente costruito in due anni di lavoro, per rompere l'isolamento di questi ragazzi e convincere gradualmente le loro famiglie ad entrare nella scuola pubblica. Qual è il nostro obiettivo? Vogliamo che quella parte più integralista degli islamici che vivono a Milano rimanga chiusa e separata o vogliamo rompere questo isolamento e stabilire un rapporto? Mi viene in mente una canzone di Tenco che diceva "passare cento anni in un giorno solo". È un po' la pretesa di chi parla di integrazione senza capire che è un processo lungo e graduale".
E l'Islam che dice? E anche all'interno della comunità islamica milanese (che è un'entità astratta e onnicomprensiva) ci sono pareri molto articolati. Abdel Hamed Shaari è il presidente del famoso istituto culturale di viale Jenner, regolarmente accusato di essere una fucina di terroristi. Shaari parte da lontano, dalla nascita della scuola araba di via Quaranta, che esiste da 14 anni. "In tutto questo tempo ci hanno accusato di aver fatto una scuola per talebani. Questa scuola è nata per far fronte alle esigenze di alcune famiglie che pensando di rimanere in Italia solo qualche anno, volevano iscrivere i propri figli a una scuola che fosse riconosciuta in Egitto e che permettesse ai loro ragazzi di continuare gli studi, una volta rimpatrati. A Milano esistono scuole francesi, americane, ebraiche. Non può esistere una scuola araba? Il problema della classe al Liceo Agnesi è nato successivamente, per chi, invece di tornare in Egitto è rimasto in Italia". Shari spiega: "Non vogliamo nè scuole coranichè nè scuole islamiche. Semplicemente abbiamo posto un problema pratico: quando i nostri ragazzi, che non conoscono l'italiano, che non hanno mai frequentato scuole italiane, vanno alle superiori, si trovano in difficoltà. Non siamo pazzi e non pensiamo certamente che basti una classe separata per evitare il contatto con modelli di comportamento occidentali. Anche se facessimo un muro non potremmo evitare che i nostri ragazzi si mescolino con gli altri. Posso immaginare che ci sia qualche famiglia che ha queste pretese, ma in Italia i musulmani sono più di un milione, a Milano sono 80 mila e frequentano senza problemi la scuola pubblica. Qui c'era semplicemente una esigenza particolare: quella di dare un sostegno a ragazzi che si troverebbero a disagio e metterebbero in difficoltà anche gli altri se si iscrivessero direttamente in una classe normale. Si tratta di un primo passo e io credo che nel giro di un anno o due potrebbero essere inseriti senza più problemi".
Integrazioni. Mohammed Moussa, della Comunità egiziana è invece convinto che non si debba proprio parlare di classi islamiche: "L'Islam è aperto a tutti, non appartiene a un popolo, appartiene all'umanità e un musulmano che vive in Italia deve inserirsi nella società italiana mantenendo la sua lingua, la sua religione e la sua cultura. I nostri ragazzi girano per le strade, nelle discoteche, nei negozi: i modelli di comportamento occidentali sono dappertutto, puoi decidere di imitarli o rifiutarli, ma bisogna confrontarsi, aprire un dialogo. Come si può pensare che una classe separata sia sufficiente a evitare questa presunta contaminazione? Bisogna discutere con queste famiglie, devono capire che l'isolamento è sempre una scelta sbagliata". Giovanni Gaglio, preside dell'Agnesi, ha provato a discutere. Deluso e amareggiato per la piega che ha preso il dibattito ha messo i remi in barca e ha deciso che non farà ricorso contro la decisione del ministro. "A questo punto non posso fare più niente. Aspettiamo di sapere cosa proporranno le istituzioni. Credo che già dai prossimi giorni i genitori di questi ragazzi ritireranno le iscrizioni. Io proverò a convincerli, ma so che è una battaglia già persa


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