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Unità-Se la Moratti ascoltasse le Regioni

ANDREA RANIERI La questione scuola non è stata certo irrilevante nel terremoto elettorale del 13-14 giugno. La politica del Ministro Moratti, la diffusa opposizione sociale alla sua legge e ai s...

28/07/2004
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l'Unità

ANDREA RANIERI

La questione scuola non è stata certo irrilevante nel terremoto elettorale del 13-14 giugno. La politica del Ministro Moratti, la diffusa opposizione sociale alla sua legge e ai suoi decreti, sono state fra le ragioni fondamentali del calo di consensi al centro-destra e della crescita di voti al centro sinistra. In particolare nelle elezioni amministrative le persone di scuola, i genitori, l'opinione pubblica che sulla scuola si è formata, hanno premiato quei comuni e quelle province che si sono battuti per ridurre i danni della riforma Moratti, che hanno difeso le scuole dell'autonomia, che si sono impegnati contro il centralismo burocratico del governo, che hanno denunciato le palesi violazioni del Titolo V della Costituzione dei provvedimenti ministeriali. E hanno punito quelle amministrazioni che si sono accodate al centralismo ministeriale, anteponendo le logiche di schieramento politico alla difesa delle proprie prerogative istituzionali. Il decreto sulla scuola di base è stato il terreno di profonda divaricazione di queste due logiche, e su di esso è stato presentato un motivato ricorso alla Corte Costituzionale dalle regioni Emilia-Romagna e Friuli Venezia Giulia.
Se pensassimo solo al nostro interesse elettorale non potremo che consigliare al Ministro Moratti di continuare così anche per i prossimi decreti messi in calendario per il 29 luglio alla Conferenza Stato-Regioni, sul diritto-dovere all'istruzione e sull'alternanza scuola-lavoro. Ma il nostro interesse politico primario è oggi quello di evitare il declino e il degrado della scuola pubblica italiana, e di dare certezze alle famiglie, agli insegnanti, a tutti quanti hanno a cuore il futuro della nostra scuola. Consigliamo perciò al Ministro di prendere sul serio le obiezioni che le associazioni dei Comuni e delle Province, il Coordinamento delle Regioni, hanno fatto riguardo ai due decreti: 1) l'assoluta mancanza di risorse necessarie a sostenere l'ampliamento della scolarità e gli stessi percorsi di alternanza; 2) il sorvolo sistematico delle competenze del Enti locali e delle Regioni in materia, ignorando che su questo una sentenza della Corte Costituzionale c'è già stata; 3) la mancanza di un quadro di riferimento chiaro sulla secondaria superiore, in assenza del decreto sul tema, che proietta nel vuoto le stesse indicazioni contenute nei decreti sul diritto-dovere all'istruzione e sull'alternanza.
Forzare le decisioni su questi terreni il 29 luglio, lungi dal fare chiarezza, getterebbe la scuola in una ancora più grave situazione di caos e di incertezza, e accentuerebbe i già preoccupanti segnali di demotivazione e di stanchezza di gran parte degli insegnanti. Consiglieremo perciò di soprassedere, e di aprire finalmente un confronto serio con le Regioni e con il sistema degli Enti locali sulle implicazioni del Titolo V della Costituzione, su quello che lo Stato centrale può fare e non può più fare, su che cosa significa riaffermare la funzione nazionale della scuola e valorizzare il ruolo delle autonomie, a partire da quella scolastica, vilipesa dai decreti del governo. Invertendo così quella rotta sciagurata che, in attesa di una devolution che disgregherebbe la funzione nazionale dell'istruzione, si posiziona oggi su un centralismo esasperato e incapace di dialogo con il sistema delle autonomie.


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