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Unità: Scuole private, pubblici finanziamenti

Marina Boscaino

02/10/2007
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l'Unità

In seguito all’iniziativa della Associazione Per la scuola della Repubblica, con l’adesione del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti (Cidi) e del Comitato Genitori Democratici (Cgd) il mondo della scuola si trova ancora una volta a proporre un ricorso per illegittimità costituzionale su un decreto del ministro Fioroni e a invitare la società civile alla mobilitazione e alla raccolta di firme. Partiamo dall’art. 33 della Costituzione, che recita: «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato».
Già nelle conclusioni del meeting CL a Rimini, un mese fa circa, Giuseppe Fioroni, ministro della Pubblica Istruzione (e l’insistenza sull’aggettivo non è casuale) aveva ricordato che anche le scuole secondarie private paritarie avrebbero beneficiato di finanziamenti pubblici, suscitando il prevedibile entusiasmo della folla. Fino a questo momento (a parte le allegre scorribande morattiane) l’erogazione, destinata prevalentemente alla scuola dell'infanzia e a quella primaria - era stata giustificata da Fioroni come una necessità per far fronte alla grande richiesta per la scuola dell’infanzia che, non essendo generalizzata (come stabilito, lo ricordo, dal programma dell’Unione) è in buona parte paritaria; che anche gli asili comunali rientrano nel novero delle paritarie; e poi - ma questo lo aggiungo io, convinta di interpretare (sebbene non condividendolo) piuttosto fedelmente il pensiero del ministro - non dimentichiamo il ruolo strategico che preti e suore hanno giocato nella formazione e nella educazione di tanti cittadini italiani, sia nella scuola dell'infanzia che nella primaria.
Del resto già all’inizio di agosto era stato pubblicato un decreto attuativo della Finanziaria che detta i parametri per l’assegnazione dei contributi alle scuole paritarie per l’anno scolastico 2007-2008, «considerata l’opportunità di mantenere un adeguato grado di finanziamento delle scuole paritarie ai fini di garantire il servizio da esse svolto nell’ambito del sistema nazionale di istruzione». È appunto contro questi decreto che le associazioni faranno ricorso.
In esso viene sottolineata la funzione pubblica delle scuole paritarie; una vera e propria contraddizione in termini che dobbiamo a quel meraviglioso capolavoro di strategia politica che fu la legge sulla parità scolastica, uno degli episodi più tristi del primo governo di centrosinistra: una ferita inferta alla laicità della scuola e alla libertà di insegnamento. Che, lo ricordo, sono anch’essi principi costituzionali. Ma, al di là dell'importo destinato ad ogni singola scuola (2500 euro per ogni paritaria secondaria di I grado più 1000 euro per ciascuna classe inserita in un’apposita graduatoria nazionale, fino a esaurimento delle risorse; 4mila euro per ogni secondaria di II grado, più 2000 euro per ogni classe I e II inserita in analoga graduatoria), colpisce l’art. 3 del decreto, che individua l’identikit delle scuole paritarie che possono accedere al finanziamento, non essendo «a fini di lucro». I fini di «enti ecclesiastici di confessioni religiose» che spiccano nella lista del decreto si dichiarano certamente estranee a fini di lucro; ma orientati ad una precisa visione del mondo. Se da una parte si riduce la platea liberal-liberista delle scuole-azienda accreditate dalla Moratti, si tende, con la dizione apparentemente nobile di «senza fini di lucro», a sostituire l’ideologia mercantilistica con quella confessionale. Sostituendo nel contempo alla battaglia per le private paritarie quella per le private paritarie «senza fini di lucro»; e aprendo quindi ad una sempre maggiore incursione della morale cattolica rispetto all'etica civile e laica garantita dalla scuola pubblica. Sulla quale - viceversa - i tagli (dal caro libri, a un organico funzionale insufficiente per far fronte alle necessità di integrazione degli alunni diversamente abili e stranieri, all’assenza totale di copertura di spesa aggiuntiva e un piano di formazione per gli insegnanti in occasione dell’innalzamento dell’obbligo di istruzione) continuano, direttamente o indirettamente, ad incidere.
Il seguito della lista delle scuole paritarie senza fini di lucro configura una lettura errata e a maglie larghissime del principio di sussidiarietà previsto dall’articolo 117 della Costituzione: individuando la scuole come servizio al singolo utente e non nel suo carattere istituzionale. L’unico che garantisce, di fatto, pari opportunità e la risposta a un bisogno che non è solo dell’individuo, ma di tutta la società.


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