Unità: Scuola, tutti a settembre
non esistono rimedi salvifici e immediati per i ritardi accumulati dal nostro sistema scolastico
Luigi Galella
«Non esistono vie regie per la matematica», rispose Euclide al sovrano d'Egitto, che fin troppo disinvoltamente gli chiedeva di insegnargli in poche facili lezioni la scienza del grande maestro greco. Nella società in cui tutto sembra prossimo, facile e divulgabile, è utile ricordarsene. Allo stesso modo, parafrasando Euclide, potremmo dire che non esistono rimedi salvifici e immediati per i ritardi accumulati dal nostro sistema scolastico. Ogni pedagogia è sempre sperimentale, e il suo grado di reale efficienza non risiede nel metodo, ma nella capacità e qualità di chi lo interpreta. Così, i debiti formativi, quando sono nati, rispondevano all'esigenza di rendere più flessibile il sistema e consentire di arginare il fenomeno, molto grave in Italia, della mortalità scolastica. Ovvero di quei ragazzi che abbandonano la scuola o ne sono espulsi. Può sembrare strano o paradossale, ma la nostra è l'istruzione più selettiva d'Europa. Peraltro, è strutturata sulla prevalenza degli studi umanistici, in un'interpretazione filosofica discutibile, dove la matematica e più in generale la scienza, impropriamente, non hanno mai goduto i migliori favori.
Il ministro Fioroni, trovandosi di fronte i dati dei debiti formativi e scoprendoli molto alti - tra questi si segnalano in particolare proprio quelli di matematica - ha pensato che fosse giunto il momento di tornare all'antico. Al vecchio esame di riparazione di settembre. Ma a dir la verità il problema lo aveva affrontato e a mio avviso parzialmente risolto quando aveva disposto l'obbligatorietà del recupero di ogni debito, prima dell'esame dell'ultimo anno. Perché l'esperienza di noi docenti, in realtà, ha dimostrato la poca efficienza del sistema dei debiti. I ragazzi erano giunti al punto di trascurare deliberatamente una o due discipline, sapendo che comunque sarebbero stati promossi. È giusto, quindi, intervenire in questa materia.
Fioroni parla di emergenza formativa: «stiamo minando le basi del leggere, scrivere e far di conto», e si chiede preoccupato come sia stato possibile che in pochi anni si siano accumulati tanti «debiti». Egli considera che il valore di questo «deficit» sia superiore perfino a quello delle casse dello stato. Più del debito pubblico. Un'affermazione seria che è bene prendere sul serio. Perché conviene veramente iniziare a preoccuparsi di quella «società della conoscenza» che dovremmo promuovere. È noto a tutti, ormai, e da tempo, che la nuova «ricchezza delle nazioni» è nella conoscenza. Esiste un'equazione semplice tra efficienza del sistema, sviluppo economico e livello generale delle conoscenze. Ma qui rientra in gioco la politica. E gli investimenti che si vogliono destinare a questo scopo. In un recente rapporto dell'Ocse si metteva in evidenza come il retroterra sociale svolgesse in Italia, in Francia e in Germania un ruolo discriminante nelle performance degli studenti.
L'Ocse ci informava che la nostra è una scuola di classe, rispetto ad esempio alla scuola asiatica e perfino nel rapporto con quella americana. È opportuno investire nell’istruzione e investire per tutti se vogliamo fare in modo di rendere la scuola più «uguale» e quindi più competitiva. Dall'uguaglianza nasce la competitività, non dalla selezione di censo.
Ritornino pure gli esami di settembre, se vogliamo dare un segnale di serietà del nostro sistema scolastico. La politica si fa anche con i simboli. I quali servono a ritessere il filo spezzato della fiducia fra i cittadini e chi li governa. Fra gli studenti e i docenti. Fra questi ultimi e la propria funzione sociale. Ma se ai segnali non faremo seguire investimenti straordinari sulla scuola, e un progetto forte che la ridisegni, così come l'Ulivo originario si riprometteva, fra non molto torneremo a interrogarci sull'utilità di questa o quella misura tampone.
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