Unità-Scuola strettamente privata
Scuola strettamente privata Piero Ostellino ha scritto sabato scorso sul 'Corriere della Sera' che l'idea che il centrodestra e il centrosinistra hanno dell'istruzione corrisponde all'idea che i ...
Scuola strettamente privata
Piero Ostellino ha scritto sabato scorso sul 'Corriere della Sera' che l'idea che il centrodestra e il centrosinistra hanno dell'istruzione corrisponde all'idea che i due schieramenti hanno rispettivamente della società nella quale vivere. Tale affermazione è innegabile, dal momento che scegliere di ispirare la formazione dei bambini e dei ragazzi ad alcuni princìpi piuttosto che ad altri significa auspicare che quei bambini e quei ragazzi - una volta usciti dalla scuola - riconsegnino e ripropongano quegli stessi princìpi alla società
del futuro. Significa scommettere su quei princìpi, sostenerli al punto di farne la base del domani. Promuovere, cioè, un'idea del mondo che dal microcosmo scolastico possa filtrare nella società civile e improntarne le scelte, le idee, i comportamenti culturali, politici e sociali. Pur partendo da questo presupposto condivisibile, l'articolo di Ostellino sviluppa un raffronto tra princìpi contrapposti, riconducibili al centrodestra e al centrosinistra, volto a dimostrare come la riforma Moratti nella scuola e nell' università non sia che un primo segnale incoraggiante per scardinare - attraverso elementi di 'flessibilità' - il rigido 'sistema napoleonico' al quale la sinistra ispira la propria idea di scuola (e quindi di società).Un elemento centrale è individuato nella mancanza di coraggio da parte delle famiglie - che continuano ad esprimere una netta opposizione alla riforma scolastica della Moratti - di accettare la sfida della responsabilità, dell'opportunità di scegliere invece che continuare ad affidarsi ad un sistema di istruzione quale 'prescrizione', costrizione. Tale mancanza di coraggio indicherebbe, secondo Ostellino, l'incapacità di preferire una 'concezione individualistica e liberale della società' invece che una 'autoritaria e dirigistica' alla quale - per antica tradizione - gli italiani sarebbero più affini e sentimentalmente vicini. Analogamente l'opposizione alla flessibilità (o precarizzazione?) delle figure del ricercatore e del docente universitario prevista dal decreto della Moratti sarebbe il segno di un anacronistico attaccamento alla sicurezza sociale rappresentata dal 'posto fisso' e l'incapacità di intuire la superiorità di una concezione liberistica del mondo del lavoro rispetto ad una socialistica. L'insicurezza dunque è alla base delle perplessità che le riforme stanno alimentando: necessità di accoccolarsi sotto le ali protettive di un'Entità Superiore, di uno Stato garante che sollevi i genitori dall'assunzione diretta di responsabilità e i ricercatori dall'incubo (che servirebbe invece da stimolo alla ricerca) della perdita dello stipendio fisso. Questa scarsa intraprendenza, questa incapacità di seguire con disinvoltura le evoluzioni del mercato del lavoro e i dettami dei criteri di competizione renderebbero genitori e docenti universitari le vittime esemplari di un'ideologia obsoleta, che non ha più motivo di essere nella società contemporanea. Non tenterò nemmeno, per quanto riguarda la riforma scolastica della Moratti, di entrare nel merito specifico della questione; credo che solo chi ha lavorato a scuola sia in grado di comprendere appieno come il prepotente e strumentale inserimento delle famiglie rappresenti il segno preoccupante di un'iniquità sostanziale, che tende ad instradare il sistema dell'istruzione ora verso corsie preferenziali e privilegiate (frutto di situazioni di partenza preferenziali e privilegiate), ora verso il mantenimento di svantaggi sociali conclamati. Rispetto ai quali parole come obbligo, costrizione suonano meno liberticide di quanto Ostellino le intenda. E assumono, semmai, una valenza di garanzia di standard di civiltà che uno stato non può astenersi dal dare. Le affermazioni di Ostellino potrebbero risultare fondate se la società italiana fosse omogenea e non esistessero aree di disagio sociale ed economico per le quali l'autorità dello Stato ha rappresentato l'unica forma di tutela rispetto alla prevaricatrice autonomia dell'individuo. È vero, la distinzione tra le due idee di società incarnate dalla destra e dalla sinistra, dalle sinistre, si può semplificare nel fatto che gli uni privilegiano le libertà individuali, gli altri le pari opportunità per tutti, assicurate da uno Stato che si fa garante in prima persona del raggiungimento di tale obiettivo. La scuola pubblica, laica e pluralista, è stato il più potente strumento di valorizzazione di quell'idea. Sostenere che alla base di un tale tentativo di democratizzazione ci sia 'una visione dirigistica ed autoritaria' significa sottovalutare e fraintendere la portata in termini di equità sociale di quello strumento. Inoltre 'l'ideale liberale' scrive Ostellino 'sarebbe la liberalizzazione e la privatizzazione dell'istruzione'. Ma autorità dello Stato ed autonomia dell'individuo (i due elementi centrali della contrapposizione) non sono concetti antitetici nel campo dell'istruzione: una scuola che non sia per tutti, che non dia a tutti l'opportunità di formarsi, che non proponga - anche ai più svantaggiati, anche ai più isolati, anche ai più 'diversi' - strumenti di interpretazione critica della realtà elimina automaticamente la libertà di scelta permolti. E piace credere che quando si parla di 'libertà individuali' si pensi a tutti gli individui, anche ai più svantaggiati, anche ai più isolati, anche ai più diversi. E persino credere che anche i più avvantaggiati siano arricchiti e resi più liberi dal contatto e dalla condivisione di spazi e tempi con coloro che non lo sono. Se le libertà individuali non sono una prerogativa attribuita per diritto di nascita, per estrazione sociale, per patrimonio genetico, allora non possiamo che individuare nella scuola pubblica per tutti ed uguale per tutti - ricchi e poveri, neri e bianchi, cattolici, ebrei, musulmani (e persino atei!), diversamente abili - il primo ed insostituibile strumento di costruzione di quelle libertà.
Marina Boscaino