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Unità: Scuola, si parte con 130mila insegnanti precari

Questa l’eredità della Moratti. La Cgil:«Il governo li assuma». Presidi senza potere

26/08/2006
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l'Unità

di Massimo Franchi/ Roma

IL POST MORATTI va a cominciare ereditando tutti i problemi del passato. Nonostante gli sforzi del ministro Fioroni, a meno di due settimane dalla campanella, i dirigenti scolastici (gli ex presidi) di tutt’Italia sono da tempo alle prese con il difficile lavoro di far tornare i conti delle cattedre. A conferma che quella lasciata dalla Moratti è una scuola precaria

e con primati “al contrario” bastano pochi dati. L’Italia ha il 23,5% di giovani che nel curriculum possono vantare la sola licenza media inferiore (uno su quattro). Appena meglio dei paesi iberici (sopra il 30%), ma molto peggio di Francia, Gran Bretagna e Germania, per non parlare dei paesi scandinavi. Ma il buco nero è il precariato.

EREDITÀ A fronte di un corpo docente di 726 mila insegnanti i precari sono più di 128 mila. «Nei cinque anni di Moratti il precariato è cresciuto a dismisura. Siamo al 20% di precariato medio con punte in alcune scuole del 70-75 per cento - protesta Enrico Panini, segretario della Cgil scuola -. Ci sono graduatorie che straboccano, piene di precari che lavorano costantemente anche da 15 anni con contratti annuali». La situazione sfiora il ridicolo nella prima secondaria (le ex scuole medie): più della metà dei docenti sono precari, 35 mila su 68 mila. «La ragione è semplice - continua Panini - nell’ex scuole medie il personale è più anziano rispetto agli altri gradi e quest’anno non saranno rimpiazzati nemmeno i 13 mila insegnanti andati in pensione. In più qui si concentrano la maggior parte degli alunni disabili che sono seguiti nella quasi totalità dei casi da insegnanti precari». I 20 mila insegnanti assunti a tempo indeterminato il primo luglio sono una goccia nel mare. «Bisognava dare un segnale di discontinuità più forte - rileva Panini - per questo chiediamo al governo 150 mila immissioni in ruolo nell’arco dei prossimi due anni: solo così si otterrà la tanto agognata continuità nelle conduzioni delle classi».

DI ANNO IN ANNO La conseguenza principale di questa precarietà diffusa è che ogni anno all’inizio di settembre i precari della scuola si accalcano davanti alle graduatorie per sapere se e dove insegneranno. Ma questo è solo l’inizio perché dalla graduatoria all’assegnazione ci sono mille passaggi burocratici che spesso lasciano vacanti le cattedre per mesi e mesi con le proteste di genitori di studenti finiti in classi piene di supplenti. «Formalmente le assunzioni annuali le facciamo noi - spiega Grazia Fassora, responsabile area formazione dell’Associazione nazionale presidi - ma in realtà ci limitiamo solo a firmare il contratto. Ad inizio luglio ogni scuola prepara la previsione d’organico, manda al Centro servizi amministrativi la richiesta di insegnanti annuali, i criteri delle graduatorie però spettano all’Ufficio scolastico regionale a cui la riforma del titolo V ha demandato il compito. Il Csa rimane perché le nomine vengono fatte su base provinciale e dunque serve un ufficio per ogni provincia. Finalmente gli insegnanti vengono nominati per “scuole polo” e arrivano dai dirigenti scolastici per firmare».

DOV’È L’AUTONOMIA? Una vera giungla burocratica che complica enormemente l’inizio di ogni anno scolastico e che risale ad una delle prime disposizioni della mai rimpianta lady Letizia. «L’autonomia scolastica prevedeva che i presidi potessero assumere fuori dalle graduatorie, ma uno dei primi provvedimenti della Moratti fu di prevedere le graduatorie provinciali, togliendo di fatto qualsiasi autonomia». Le situazioni più delicate sono quelle che riguardano le materie tecniche, le più carenti come personale. Normale dunque che la richiesta dei presidi al ministro Fioroni per alleggerire l’intasamento di ogni inizio d’anno sia quella di «delegificare a tutto spiano». «Ci sono troppe leggi e competenze che si assommano - conclude Grazia Fassora - bisogna creare procedure snelle e ripartire dall’autonomia».

QUANTO COSTANO Discorso a parte per le scuole dell’infanzia che vanno a gravare sui bilanci dei Comuni molto pesantemente. A Bologna per esempio ieri l’assessorato ha stimato in 14 milioni l’aggravio previsto per le supplenze brevi e lunghe nel corso del prossimo anno scolastico.


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