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Unità: Scuola, la Gelmini vuole mettere il «grembiulino» alle nefandezze della destra

Accogliere una suggestione come questa significa giocare con l’istruzione. In nome dell’egualitarismo, come quello tra pubblica e privata

03/07/2008
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l'Unità

Marina Boscaino

Et voilà: un nuovo coniglio dal cappello: la divisa, il grembiule. Mentre la scuola si sta appressando a vivere la discutibile "razionalizzazione" della triade Brunetta-Tremonti-Gelmini, che costerà un numero inammissibile di posti di lavoro e un impoverimento dell'offerta formativa, nonché una ridefinizione degli ordinamenti scolastici, loro - i nostri governanti - impegnano tempo ed energie mentali (risorse, soprattutto queste ultime, opinabili, considerando la "centralità" della proposta) a pensare al grembiulino. La proposta è di un'altra delle giovani rampanti della maggioranza - l'onorevole Gabriella Giammarco, ex Tg4 - che non ha avuto nient'altro di meglio da fare che insinuare nel ministro Gelmini la possibilità di questa clamorosa rivoluzione. E Gelmini ha prontamente raccolto l'invito: "Non è un fatto d'ordine, ma anche di uguaglianza sociale tra i ragazzi, soprattutto ora che va tanto di moda l'abbigliamento firmato già in giovanissima età".
Il fatto che la difesa dell'egalitarismo all'interno della scuola provenga proprio da chi non esclude l'ipotesi delle impronte ai bambini rom e sta facendo di tutto per ridurre la scuola stessa a un servizio a domanda individuale, favorendo peraltro le private, fa amaramente riflettere.
Fa riflettere sulla demagogica strumentalizzazione di principi indiscutibili, ridotti a concetti di facile impatto, e come tali incapaci di tradursi in pratiche davvero rispettose dei valori evocati. Insomma: tutto, pur di sviare l'attenzione dai problemi gravissimi che stanno per aggredire il sistema dell'istruzione e dall'emergenza di cui di qui ai prossimi 3 anni la scuola dovrà farsi carico.
Naturalmente i media si sono appassionati all'argomento. E ancora più naturalmente opinionisti, sociologi, psicoterapeuti - assolutamente indifferenti all'emergenza socio-culturale profonda che si sta profilando - stanno dicendo la loro: egualitarismo, appartenenza, rigore. Un'osservazione dall'interno del sistema - la scuola - ci dice di un universo giovanile che, oggi come ieri, nel modo di vestire tenta anche di trovare un'autonoma e creativa espressione del sé, là dove i media tendono a proporre esclusivamente modelli omologanti accolti in gran parte dalla società. L'autorevolezza di chi i giovani hanno davanti impedisce automaticamente derive di indecenza e di mancanza di rispetto. E, guardando alle scuole dei piccoli, chi ha detto che il "grembiulino" non possa rappresentare (per come è confezionato, per il tessuto, per le rifiniture, per la quantità) una nuovo, sottile e sofisticato simbolo di differenze sociali, indice di una falsa uguaglianza, in un mondo in cui oggi la tuta da ginnastica - apparente divisa di marca o di acrilico - la fa già più o meno da padrona? Non sarebbe più giusto, più utile e soprattutto più etico (per la scuola, per le tasche degli italiani, per i luoghi in cui tali proposte vengono avanzate e discusse) che invece che di grembiuli si parlasse di tagli, di aggressione alla laicità e al sistema statale, della dispersione; e anche di revisione dei paradigmi delle discipline, soprattutto quando, come ogni anno, l'Esame di Stato ci conferma l' irreversibile inadeguatezza di quelli esistenti?


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