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Unità-Scuola islamica: sì ma non basta

PIERFRANCESCO MAJORINO E così Milano, la città nella quale la sperimentazione degli insegnanti della scuola Agnesi non ha trovato spazio, oggi deve discutere di un'altra ipotesi. Quella, rila...

20/07/2004
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l'Unità

PIERFRANCESCO MAJORINO

E così Milano, la città nella quale la sperimentazione degli insegnanti della scuola Agnesi non ha trovato spazio, oggi deve discutere di un'altra ipotesi. Quella, rilanciata con forza dal Presidente dell'Istituto Culturale Islamico di via Jenner Abdel Hamid Shaari, di dare vita ad una scuola parificata, islamica, per l'appunto.
Visto che condivido davvero l' apparentemente "semplice" affermazione di Luigi Manconi - riportata su questo giornale - secondo la quale "in questo campo sono possibili solo soluzioni di compromesso" vorrei che provassimo a ragionare pacatamente su quali possano essere le piste da battere per conseguire l'obiettivo della piena integrazione nel quadro delle regole e dei principi costituzionali.
Sapendo, ovviamente, che, nonostante le banalizzazioni padane a cui abbiamo assistito in questi giorni, la scuola è costretta a giocare un ruolo fondamentale, da cui non si può davvero prescindere, perché si compia un incontro fecondo tra culture - e convenzioni e biografie e appartenenze religiose - diverse.
Ecco allora che il punto non è quello se la scuola "islamica" si possa o meno fare. Poiché la Legge già permette che istituti fondamentalmente simili - scuole private di fatto confessionali - vedano la luce e dunque, ovviamente, non si dovrebbero produrre eccezioni, anzi dovremmo tutti vigilare perché un'opportunità del genere venisse garantita.
La questione aperta mi sembra piuttosto un'altra e cioè quale tipo di soluzioni vengano incoraggiate e favorite per stimolare dentro la scuola pubblica di oggi quella straordinaria occasione di dialogo e conoscenza dell'altro da sé che solo in quel caso può efficacemente verificarsi.
Attraverso questa lente allora la sperimentazione tentata all'Agnesi acquista un altro valore, poiché in quel caso un percorso sperimentale e quindi superabile gradualmente poteva diventare l'occasione per accorciare le distanze tra mondi al cui interno sono evidentissime spinte di integrale autosufficienza.
E soprattutto nel quadro di un ragionamento simile assume ancora più importanza quel che già oggi nella scuola pubblica, pur nel disinteresse assoluto dell'Istituzione centrale, si compie, mi riferisco alla presenza di ragazze e ragazzi di religione islamica che si confondono e crescono nella scuola di tutti, grazie al coraggio delle famiglie da cui provengono e allo sforzo generoso di insegnanti che lavorano nel più totale anonimato.
Nasca dunque la scuola islamica parificata ma non si pensi che attraverso un percorso simile l'incontro tra culture differenti possa essere favorito né tantomeno possa essere garantito con forza il recupero e il reinserimento sociale di quei ragazzi che vivono al margine e che stanno costituendo una sorta di nuova generazione della mortalità scolastica : giovani e giovanissimi che parlano con difficoltà la lingua dei propri genitori, che rischiano di crescere nello spaesamento perenne, confusi circa le proprie radici e circa i propri orizzonti.
A loro, investendo maggiori attenzioni, e quindi risorse, progetti formativi adeguati, ore ed insegnanti di sostegno, va dirottato il nostro sguardo.
In questo quadro la Provincia di Milano guidata da Filippo Penati un primo piccolo contributo ha deciso di darlo. Così è nato l'"Assessorato alla Cultura, alle culture, all'integrazione" che, sotto la responsabilità di Daniela Benelli ed avvalendosi di competenze provenienti direttamente dal mondo immigrato presente a Milano, potrà navigare nell'oceano vastissimo della multiculturalità, del dialogo, di una conoscenza dell'altro che va rimessa al centro dell'Agenda politica di chi vuole governare e non subire i processi che questo tempo ci offre.


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