Unità: Scuola e informatica, ma senza scorciatoie
Marina Boscaino Marco Guastavigna*
Nel nostro Paese sono state realizzate varie iniziative istituzionali volte a sostenere un coinvolgimento concreto della scuola con le tecnologie: queste, tuttavia, hanno sollevato una serie di problemi, il più controverso dei quali è relativo all’effettiva corrispondenza tra contenuti educativi indotti dalla società dell’informazione e arricchimento culturale dei singoli individui. Le proposte e gli interventi nell’ultimo decennio - finalizzati a inserire le tecnologie, specie il computer e la multimedialità, nella didattica - sono stati accompagnati da grandi entusiasmi e qualche perplessità e da un significativo impegno in termini di coinvolgimento di insegnanti e di erogazione di risorse. Si è cominciato con Multilab, progetto pilota rivolto a 141 scuole italiane, che doveva verificare come impiegare le tecnologie a scuola, a cui ha fatto seguito - senza un vero bilancio dell'esperienza precedente - il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (1997-2000), che ha promosso una diffusione estesa degli strumenti digitali sul piano nazionale. Con il nuovo millennio sono stati inaugurati progetti di promozione delle competenze tecnologiche e informatiche degli insegnanti, chiamati in gergo ForTic e ForTic 2 e gestiti da Indire attraverso la piattaforma Puntoedu: un'esperienza non a caso nata in occasione dei primi tentativi di formazione a distanza rivolti ai docenti neoassunti, a cui sono seguiti sperimentazioni didattiche su aree più ristrette, da Apprendere Digitale a Digiscuola.
In tempi rapidi è stato evidente che l’elemento critico - più che dalla diffusione quantitativa di computer - è rappresentato dalla qualità della formazione dei docenti e della loro capacità di progettazione formativa. Perché se da una parte le iniziative e i progetti proponevano un superamento delle pure funzioni addestrative e della trasmissione di competenze esclusivamente “tecniche” e tendevano a modificare profondamente l’approccio culturale alle tecnologie, spesso sono stati i docenti a dimostrarsi impreparati - quando non incapaci - a recepire quelle istanze e a farle proprie.
L’implausibile scuola delle “tre i” di berlusconiana memoria ha di fatto rafforzato la prevalenza di modelli addestrativi e un’interpretazione lacunosa della formazione dei formatori, reclutati e istruiti attraverso procedure e protocolli inefficaci; e le tecnologie digitali hanno sempre più stentato a conquistare posizioni chiare tra le capacità che la scuola deve far acquisire agli allievi. Ancora oggi le indicazioni in merito per la scuola primaria e per la secondaria di I grado (in bozza a luglio, ma che verranno proposte alle scuole all’inizio dell'anno scolastico) risultano banali e superficiali. L’introduzione degli strumenti digitali nella scuola sono stati - e continuano ad essere - interpretati prevalentemente in termini di acquisizione di “competenze tecnologiche” fini a se stesse, sia per i docenti sia per gli studenti, invece di essere considerate per la loro natura di pratiche da finalizzare a elaborazione di contenuti e comunicazione. Rendere la tecnologia disponibile nelle scuole, quindi, non significa esclusivamente dotare le scuole di macchine, ma assicurare le condizioni per un suo uso efficace: supporto tecnico e sviluppo culturale e professionale degli insegnanti. Un simile mutamento di priorità potrà annullare il rischio - che si concretizza da noi come negli Stati Uniti, dove per l'inserimento della tecnologia nelle classi sono stati investiti milioni di dollari, molti di meno nella formazione dei docenti - che la tecnologia non si integri nella pratica didattica in modo significativo. Solo allora le risorse tecnologiche saranno in grado di concorrere in maniera definitiva al miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento.
È giunto il momento di un’analisi critica, spregiudicata e scientificamente valida - al di là delle petizioni di principio e degli atti di fede - dell’efficacia didattica che l'introduzione delle tecnologie, accompagnata da un cambiamento di presupposti e prospettive, comporterebbe.
* Esperto di teoria della comunicazione nella didattica