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Unità-Scuola, ancora uno sforzo insieme

Scuola, ancora uno sforzo insieme MARINA BOSCAINO Per un rinnovo del biennio economico 2004-5 del contratto di personale docente e ATA che salvaguardi il potere d'acquisto; contro una poli...

18/03/2005
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l'Unità

Scuola, ancora uno sforzo insieme

MARINA BOSCAINO

Per un rinnovo del biennio economico 2004-5 del contratto di personale docente e ATA che salvaguardi il potere d'acquisto; contro una politica contrassegnata da tagli di risorse e di personale; per la definizione delle immissioni in ruolo; contro la deriva regionalista e per ribadire il carattere nazionale del sistema dell'istruzione; contro interventi legislativi in definizione dello status giuridico dei docenti e l'ipotesi di chiamata diretta del personale da parte delle scuole. Oggi i lavoratori della scuola scioperano insieme a tutti gli altri del pubblico impiego. La Finanziaria 2005 non ha stanziato nemmeno una lira per rispettare l'impegno, previsto dalla legge 143/04 secondo un piano triennale, di azzerare il precariato storico. Nominare in ruolo vuol dire garantire la continuità didattica nelle classi e promuovere il miglior funzionamento della scuola. Il contratto è scaduto poi da un anno e mezzo; alle richieste di aumento avanzate dai sindacati si è susseguito un gioco al ribasso da parte del Governo culminato nell'imprudente affermazione che i lavoratori della scuola sono pagati sin troppo e non hanno diritto di lamentarsi. Non stupiamoci se, dalle parole e dai comportamenti di alunni e genitori, emerge la mancanza di rispetto di un lavoro, di un ruolo e delle persone che lo svolgono spesso con estrema dignità; quando, da chi aveva promesso incautamente e demagogicamente di ricoprirci d'oro, sentiamo rivolgerci questa beffarda provocazione. Alla data di venerdì 18 marzo hanno aderito anche i Cobas e altre sigle sindacali che propongono tuttavia una piattaforma differente da quella di CGIL, CISL e UIL. Questa ennesima parziale divisione, insieme al silenzio, alla scarsa informazione dei giorni passati sullo sciopero nella scuola, impongono una riflessione. C'è il rischio concreto di sottovalutare quanto importante sarebbe oggi un'unità più apprezzabile - pur nel rispetto delle differenze - di intenti e finalità tra lavoratori e sigle sindacali del settore dell'istruzione; ora che i nodi stanno venendo al pettine; che la riforma Moratti arranca, sia nell'esecuzione di ciò che essa ha già formalmente imposto (la normativa relativa alle scuole dell'infanzia, elementari e medie); sia sul piano della progettualità di un decreto attuativo - quello destinato alla riforma delle scuole superiori e al sistema di istruzione e formazione professionale - che, nonostante il continuo rimaneggiamento e gli aggiustamenti progressivi della bozza, stenta ad assumere una forma convincente per la stessa maggioranza di Governo. Ora che un drammatico dossier della CGIL rivela - confermando le previsioni peggiori - i tagli inflitti alla scuola dal Governo Berlusconi e ribadisce lo scarsissimo indice di gradimento che la politica scolastica dell'Esecutivo ha presso i lavoratori della scuola. Insomma, le condizioni sarebbero - ora più che mai - quelle di una battaglia unitaria, responsabilmente portata avanti insieme. Poca informazione nelle scuole sulla data e sulle motivazioni dello sciopero, invece. Interrogativi, sempre i soliti, in merito all'opportunità di associare gli scioperi del comparto scuola a quelli del pubblico impiego. Poche le assemblee sindacali, scarsi i momenti di riflessione. Sembra di fiutare un'aria di stanchezza in giro, di remi tirati in barca troppo precocemente, con fiducia o avventatezza eccessive. L'impressione è che CGIL, CISL e UIL abbiano circoscritto il proprio ambito di competenze a questioni strettamente sindacali; mentre la riforma riguarda la politica. E pertanto non sia (più) materia di mobilitazione diretta, aperta, appassionata. I Cobas scioperano in primo luogo per l'abrogazione della legge Moratti, la difesa e il potenziamento del tempo pieno e prolungato, contro la figura del tutor, l'anticipo scolastico e il portfolio. Le motivazioni dello sciopero avanzate dai confederali sono ovviamente condivise, con toni più o meno accesi, dalle altre sigle. Perché allora rinunciare ancora una volta, da una parte e dall'altra, dopo l'occasione mancata di novembre, ad un grande sciopero veramente unitario, quello che lavoratrici e lavoratori della scuola hanno continuato a chiedere? Quello sciopero che avrebbe rappresentato la logica conseguenza o il naturale accompagnamento del grande movimento di cittadini, genitori, docenti e Ata che si è mobilitato per tutto lo scorso anno per fermare la controriforma Moratti, la disgregazione della scuola elementare e lo smantellamento del tempo pieno e prolungato - che anche grazie alla forza di quel movimento procedono a rilento? Che ha contestato la massiccia riduzione di posti di lavoro portata silenziosamente avanti dal Governo Berlusconi attraverso la tecnica del rallentamento delle immissioni in ruolo o della mancata reintegrazione sui posti di liberi? La necessità di esprimere coralmente la contrarietà di tutta la categoria che si oppone alla riforma Moratti è fortemente sentita. È stata fino in fondo convinta la partecipazione di molti tra i maggiori sindacati allo straordinario movimento che per la prima volta dopo decenni di lotte in difesa della scuola ha visto scendere in piazza cittadini non addetti ai lavori? Disorienta un po' la cautela con la quale i confederali inseriscono all'interno della propria piattaforma il problema della (contro)riforma Moratti. Soprattutto se si pensa che solo pochi giorni fa Enrico Panini, segretario generale della FLC CGIL (la ex CGIL scuola) ha affermato: "I provvedimenti emanati dal Governo su scuola, università e ricerca devono essere abrogati. È per noi una scelta netta che nasce dalla inaccettabilità delle scelte di fondo contenute in questi testi". Una bocciatura che ha risollevato il morale a tutti quelli che temevano una deriva moderata, quale quella che si fiuta in alcune zone della coalizione del centro-sinistra. In quella sede Panini ha citato i recenti congressi di DS e Rifondazione che, insieme a Comunisti Italiani e Verdi, hanno proposto la linea abrogazionista. Di una riforma che, anche nella scuola materna, elementare e media (dove, in seguito al primo decreto attuativo della delega, è già in vigore) configura un ibrido; dove la mancanza di fondi stanziati impedisce la costituzione dei laboratori, il bilinguismo promesso, l'informatica emblema delle bugie. Di cui l'unico segno tangibile sono i tagli e lo stato di indigenza totale in cui il Governo ha fatto piombare il sistema dell'istruzione pubblica. In cui vengono inserite figure professionali (tutor) non contrattualizzate e in cui le condizioni lavorative di insegnanti e Ata sono sempre più precarie. Istanze sindacali e valutazione politica (negativa) trovano nella (contro)riforma Moratti, purtroppo per noi e per la scuola italiana, il luogo della sovrapposizione e dell'interscambiabilità. L'auspicio è quello di un segno tangibile (e unitario) del riconoscimento della duplice natura del problema della scuola italiana.

L'unità - pur nel rispetto delle differenze - di intenti e finalità tra lavoratori e sigle sindacali del settore dell'istruzione è importante tanto più ora che i nodi stanno venendo al pettine


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