Unità-Scoprono che la finanziaria non c'è, convulsioni nella maggioranza
Scoprono che la finanziaria non c'è, convulsioni nella maggioranza di Marcella Ciarnelli Aula di Montecitorio. Primo pomeriggio di un lunedì piovoso. Va in scena, alla ripresa dei lavori sulla ...
Scoprono che la finanziaria non c'è, convulsioni nella maggioranza
di Marcella Ciarnelli
Aula di Montecitorio. Primo pomeriggio di un lunedì piovoso. Va in scena, alla ripresa dei lavori sulla discussione della Finanziaria, la tragicommedia "il governo si mantiene in piedi per scommessa". Da politico consumato qual è, il regista-presidente Pier Ferdinando Casini riesce, con una gestione della votazione sul filo del regolamento, ad evitare alla maggioranza lo scorno di andare sotto ancora una volta. Voto aperto in attesa che i banchi della maggioranza desolatamente vuoti si riempiano. I "pianisti" fanno il resto. Ma Casini non li vede perché "non sono Mandrake" anche se "non vengo dalla luna ed è chiaro a tutti quel che sta accadendo. Una cosa sono le valutazioni politiche, una cosa le funzioni istituzionali". L'opposizione protesta mentre cerca di organizzare un altro botto come quello della settimana scorsa. Un brivido percorre l'aula. Alla fine la sfilacciata maggioranza non conosce la sua Waterloo.
Il premier-Napoleone segue da Arcore l'intera vicenda. Lui in aula non ci mette piede. Anche se, con una lettera, dopo lo scivolone del 9 novembre, ha provveduto a richiamare all'ordine quanti non si presentano all'appello. A cominciare dai viceministri e i sottosegretari che, questi ultimi, "per la loro precipua funzione storicamente e tradizionalmente riconosciuta, devono essere di ausilio nell'iter dei lavori parlamentari" e, quindi, non possono permettersi di pensare agli affari loro mancando l'appuntamento dell'aula. "L'assenza dei numerosi deputati della maggioranza -ammonisce il premier- ha causato una battuta d'arresto nei lavori parlamentari che è molto difficile far capire agli italiani". Che già sono confusi dalle notizie sulla Finanziaria modello Araba Fenice: che ci sia qualcun lo dice, dove sia nessun lo sa.
La maggioranza affannata a ritrovare un briciolo di compattezza vista in aula è l'immagine della situazione attuale del governo. Berlusconi è stretto dalla morsa di dover mettere d'accordo il rimpasto con la legge elettorale cui lui vuole aggiungere la par condicio mentre la Finanziaria deve andare in porto e le regionali si avvicinano sempre di più. "Le slealtà si pagano prima o poi" va ripetendo il premier molto infastidito dagli alleati, Udc e An in testa, che hanno osato ribellarsi ad una Finanziaria che sembra disegnata in forma di vendetta proprio nei loro confronti e degli interessi elettorali che loro rappresentano, ma anche dalla Lega che ha accettato di buon grado il ritorno in campo di Giulio Tremonti e che continua ad insistere per la presidenza di una regione del Nord. "Non posso continuare a farmi logorare" ha ripetuto Berlusconi. La prospettiva ultima, per lui che non vuole neanche pensare a un governo bis, rischia di diventare quella delle elezioni anticipate. Lui ha da sciogliere anche il nodo del rimpasto con il solo Fini che viene dato per certo al ministero degli Esteri. Ma l'intrecciarsi delle questioni potrebbe portare anche una grande delusione al vicepremier che continua ad essere indisponibile a lasciare la sua attuale poltrona e vorrebbe averle tutt'e due. Follini, da parte sua, continua a prendere le distanze dall'incarico che gli è stato offerto ed aspetta le prossime mosse del premier. "Che parli prima lui". Il rischio è che salti tutto rispetto a quel lodo Casini che non può essere applicato solo parzialmente. Allora per Fini addio alla Farnesina.
L'unico che è riuscito a parlare molte volte con il premier ieri è stato il ministro Siniscalco. L'altro protagonista di una legge di bilancio "solida e credibile" come lui l'ha definita (in contrasto con il giudizio del suo predecessore)che ha sentito traballare non poco la sua poltrona. All'attacco sono andati apertamente il ministro Marzano, il consigliere economico di Palazzo Chigi, Renato Brunetta ed il sottosegretario Gianfranco Miccichè che ha minacciato di abbandonare il governo: "Se le cifre sono quelle che circolano le porteranno al Senato ma senza di me".
Il presidente Casini lo ha invitato in aula a rispondere alle obbiezioni dell'opposizioni. Berlusconi un po' ha tranquillizzato Siniscalco (non si può permettere di cambiare un'altra volta il ministro dell'Economia), un po' l'ha sollecitato a trovare una soluzione. Viste le spinte contrapposte sarebbe meglio parlare di miracolo che dovrebbe avverarsi nel corso del prossimo vertice di maggioranza ormai destinato a slittare oltre giovedì anche se le scadenze dell'Europa sono lì a imporre una decisione.
Il viceministro Micciché agita le dimissioni: "I tagli delle tasse con i soldi del Sud"