Unità-Riforme e giustizia, Ciampi dà l'allarme
Riforme e giustizia, Ciampi dà l'allarme "Non si proceda a colpi di maggioranza". Fassino accoglie l'appello: fermate tutto Vincenzo Vasile ROMA È la prima vera intervista a tu...
Riforme e giustizia, Ciampi dà l'allarme
"Non si proceda a colpi di maggioranza". Fassino accoglie l'appello: fermate tutto
Vincenzo Vasile
ROMA È la prima vera intervista a tutto campo del settennato. E Carlo Azeglio Ciampi la concede a ragion veduta al "Corriere". Vale a dire al giornale che finora ha accreditato la versione più "moderata" del suo pensiero, con l'evidente intento di far passare il messaggio nella forma più efficace e meno attaccabile. E il messaggio più corposo riguarda le riforme, quindici giorni dopo l'inascoltato altolà pronunciato a Piacenza sulla necessaria "coerenza e funzionalità" del processo federalista con il quadro costituzionale, "nell'insieme e nelle sue parti". Le forme dell'intervento di ieri sono piuttosto pacate, il taglio è abbastanza ecumenico. Ma ciò non toglie che l'intervista di ieri contenga, "un monito severo rivolto al governo", come commenta Piero Fassino, al cospetto del quale ammonimento "la maggioranza dovrebbe fermarsi per riflettere e per confrontarsi seriamente con l'opposizione".
Sono passate due settimane da quel discorso di Piacenza che aveva colpito per la nettezza del ragionamento (e Ciampi ieri ha confermato di averlo a lungo ponderato: "ho riflettuto parecchie settimane prima di lanciare un messaggio ad hoc"), ma il governo aveva liquidato questo nuovo scontro con il Colle con una noticina anonima in cui si millantava "piena sintonia" con il capo dello Stato.
Ciampi, stimolato da una domanda di Marzio Breda, ribadisce di quell'esternazione soprattutto la parte relativa all'inquietante rebus dei costi della devolution. È vero che il presidente ha chiesto un calcolo su tali costi? "No, anche se, certo, vorrei conoscerli", è la risposta. E non c'è chi non veda che il silenzio del governo in Parlamento su questo tema, che è stato sollevato con forza dall'opposizione, suoni anche come uno sgarbo istituzionale nei confronti del presidente che proprio a Piacenza aveva lanciato un allarme non solo in termini di semplice "curiosità" - sulla necessità di chiarire i rispettivi confini tra competenze statali e regionali per evitare "sia aggravi burocratici" per i cittadini, sia "disorientamento nelle imprese", soprattutto le piccole, "sia l'aumento degli oneri finanziari per la pubblica amministrazione, che deriverebbe da una duplicazione di competenze o da una moltiplicazione delle strutture". Il leghista Borghezio s'è incaricato di risolvere l'imbarazzo che ha pervaso il centrodestra per queste parole del presidente della Repubblica: Ciampi si occupi l'ha invitato rudemente dei costi dello statalismo.
Ieri Ciampi rispetto alle precedenti sortite ha dato l'impressione di voler allargare il tiro, ha fatto appello a quello che definisce il "patriottismo costituzionale": non solo insiste sul principio dell'unità nazionale, di cui, ripete, è garante avendo giurato sul testo della Costituzione, ma anche sugli altri aspetti delle riforme. "Sono in gioco rileva - interventi sui poteri dello Stato, sul ruolo di Camera e Senato, sui poteri del premier e del capo dello Stato". E in casi come questo, "quando si intende modificare le istituzioni portanti della vita nazionale è giusto mettersi all'opera con spirito unitario, ricercando convergenze le più larghe possibili fra tutte le forze politiche, di governo e di opposizione. Non mi sembra utile che si proceda a colpi di maggioranza".
Analogo il ragionamento sulla giustizia: "Questo tema è uno dei più urgenti e dei più attuali; un tema di primaria importanza per l'ordinato svolgimento della vita civile. È all'esame del Parlamento un progetto di riforma che tocca punti cruciali e nevralgici dell'ordinamento giurisdizionale e che richiede pertanto un approfondito e attento confronto con i parametri fissati dalle norme e dai principi costituzionali che lo disciplinano".
Da qui un altro appello, parallelo, anzi un "invito pressante a perseverare nel metodo del dialogo tra forze politiche e fra queste e gli operatori della giustizia alla ricerca di soluzioni il più possibile condivise, evitando chiusure preconcette e forme estreme di protesta".
Era piuttosto noto come Ciampi fosse contrario all'eventualità di uno sciopero dei magistrati, che per altro l'Anm ha indetto, ma subito congelato, e che già in altre occasioni il Colle s'è dato da fare per bloccare. Ma sulle indiscrezioni che lo danno pronto a non firmare e respingere alle Camere la riforma della giustizia, come già avvenne per la legge Gasparri, Ciampi non smentisce né conferma: "Non mi pronuncio rispetto a un iter legislativo in corso, la regola è che quando il Parlamento parla, il presidente della Repubblica tace".
Singolarmente l'intervista appare proprio il giorno in cui esplode un nuovo caso di dubbia costituzionalità a proposito di un altro provvedimento sul tavolo di Ciampi, la proposta di Finanziaria che Berlusconi, Fini Letta e Siniscalco gli avevano sottoposto proprio nella giornata del rilascio degli ostaggi italiani.
Violante e Visco ieri hanno sollevato la questione davanti a Casini: il governo "s'è scordato" di indicare analiticamente le leggi e i capitoli di spesa sui quali interviene la manovra e fornire le adeguate quantificazioni. Un altro strappo che, se non verrà rammendato, costringerà Ciampi a prendere ancora una volta posizione, marcato a uomo in questi ultimi venti mesi di mandato con un'altalena di sgarbati silenzi, ipocrite "sintonie", e più ruvide attenzioni, mentre sul "Foglio" berlusconiano si attendono le prossime puntate dell'inchiesta sullo staff del Quirinale, maliziosamente dipinto come un'improbabile accolta di conservatori, egemonizzati - ovviamente - dal centrosinistra.